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Intrigo temporale (II)

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Intrigo temporale (II)

Capitolo Sette

Il capitano Picard raggiunse Sangres sul ponte dodici dell’Enterprise.
La dottoressa Crusher si era offerta di accompagnarlo approfittandone per tenere sotto controllo le sue condizioni psicofisiche.
L’anziano si soffermava continuamente per toccare e richiedere spiegazioni su qualsiasi cosa trovasse lungo il cammino, a prima vista sembrava avesse accettato il fatto di trovarsi nel futuro.
In fondo era uno scienziato dalla mente molto aperta, perché quindi lasciarsi sfuggire un’occasione simile? Se si fosse trattato di un incubo la mattina successiva si sarebbe alzato con un bel mal di testa che Sara, come di consueto, avrebbe saputo come alleviare.
"Mastro Scienziato, spero le piaccia la nave." chiese Picard affiancandosi ai due.
Sangres sorrise e ripulì per l’ennesima volta i suoi occhialini da vista.
"Meravigliosa capitano, così questo sarebbe il futuro? Ed io che mi arrovellavo per convincere i miei dotti colleghi che Corina era solo un pianeta comunissimo fra le altre migliaia di stelle."
Picard colse la palla al balzo introducendo il prossimo argomento.
"È proprio di stelle che vorrei parlarle, vede, questa non è esattamente la nave che lei immagina."
Sangres lo fissò un po’ di traverso.
"Mi scusi capitano, cosa significa? Vuole forse dire che non stiamo navigando sul suo vascello?"
"Non esattamente, questa non è un’imbarcazione a vela, è una nave stellare."
"Nave stellare?"
"È più semplice se glielo mostro, venga con me."
I tre risalirono sul turboascensore dirigendosi verso il ponte d’osservazione.
Prima d’entrare Picard si consultò con la dottoressa, parlarono così velocemente che il vecchio non capì praticamente nulla, per non infastidirli si fece a lato attendendo pazientemente.
"Si accomodi Mastro Scienziato, mantenga la calma e si prepari a vedere uno spettacolo al di fuori di ogni immaginazione."
Quando oltrepassò l’ingresso Sangres non riuscì a trattenere un urlo di gioia, era letteralmente immerso fra le stelle, luminose come non le aveva mai viste nemmeno durante una notte estiva.
Fra le pareti trasparenti che lo circondavano si mise a piangere come un bambino per la forte commozione.
"Capitano, è…come posso spiegare…è magnifico, siamo nello spazio! Guardi quella nebulosa rossastra, la stavo studiando dalla torre con il mio cannocchiale e non era dissimile da una nuvola di fumo indistinta, la guardi adesso, potrei toccarla con una mano, e tutto il resto…stupefacente, bellissimo! Non ho parole per ringraziarla."
Picard poggiò il braccio sulle sue spalle un po’ ricurve e lo lasciò contemplare il firmamento gustandosi a sua volta lo spettacolo.
Dispiaciuto di dover interrompere quell’intimità casualmente domandò.
"Lei aveva l’abitudine di disegnare gli oggetti che osservava con il suo strumento?"
Una piccola meteora passò vicino all’Enterprise lasciando una sottile scia di pulviscolo luminoso come volesse salutare il suo nuovo ammiratore.
"Ahhh…che bella…ha visto?"
"Mi scusi per la distrazione capitano. Naturalmente disegnavo, ai miei tempi era l’unico modo per documentare una scoperta scientifica, ero anche molto abile con l’inchiostro."
"Vorrebbe farmi un favore?"
"Un favore? Dopo quello sto vedendo? Come potrei negarglielo? Chieda liberamente, sono a sua completa disposizione."
"Vorrei che disegnasse il manufatto che le hanno portato dalla città, un disegno preciso nei minimi dettagli ed in scala originale. Pensa di riuscirci?"
L’anziano tirò fuori dalla tasca un set completo di pennini, facendoli scorrere sulla mano asserì sorridendo.
"Certo capitano, ho solo bisogno di una pergamena nuova, me ne procuri una e mi metterò subito al lavoro."
"La ringrazio, quando avrò terminato il mio turno in plancia la raggiungerò per ammirare il suo dipinto."
"Non resterà deluso." rispose con assoluta certezza Sangres volgendo nuovamente la sua attenzione verso quel carosello fantastico di stelle.

* * *

Quel pomeriggio il signor Data fu convocato con urgenza dal capitano Picard sul ponte ologrammi tre.
Nel centro della sala un’immagine tridimensionale del manufatto alieno era stata fedelmente riprodotta dal computer.
Con la pergamena in mano Picard si avvicinò all’androide.
"Ecco signor Data, questo dovrebbe essere l’aspetto del trasmettitore multifasico, cosa ne pensa?"
"Strana conformazione, è certo dei parametri iniziali?"
Picard mostrò il disegno eseguito a mano dal Mastro Scienziato e lo confrontò con la sua simulazione.
"Direi proprio di si signor Data."
Il dipinto era così perfetto che assomigliava più ad un’immagine fotografica che ad un disegno eseguito a mano libera.
"Notevole." ammise l’androide ammirando le sfumature dell’opera.
"Signor Data, a quei tempi non esistevano i computer, gli scienziati erano degli artisti nel vero senso della parola. Cosa può dirmi adesso sulla razza che lo ha costruito?"
"Inizio immediatamente l’indagine comparata, ci vorranno pochi secondi, ecco…ho trovato una raffigurazione ed uno schema simile a questo, è molto antico, appartiene alla razza Xsatus, settima dinastia del pianeta Orinoco Tre."
Benché fosse un discreto archeologo Picard non ricordò di aver mai sentito quel nome in precedenza.
"Xsatus?"
"Esatto capitano, ho terminato di esaminare le appendici del rapporto della Flotta Stellare, ma temo che i risultati finali non saranno di suo gradimento."
Picard fece segno di continuare.
"Gli Xsatus furono l’unica razza che tentò di utilizzare questo sistema innovativo di trasporto, i loro primi esperimenti risalgono a decine di secoli fa, il ché concorderebbe con la nostra linea temporale, purtroppo sono totalmente estinti a causa di una recente guerra interstellare. Di loro è rimasto solamente il mito e qualche sporadico reperto archeologico conservato nei musei e nelle collezioni private."
"Maledizione!" imprecò Picard battendo un pugno sul palmo della mano.
"Eravamo così vicini alla soluzione. Tanta fatica per nulla!"
Data lasciò sfogare la sua frustrazione, poi con delicatezza suggerì.
"Nel rapporto si fa riferimento ad alcuni oggetti rinvenuti sul mercato nero, ordigni che risalgono al periodo dell’ultima guerra ed ancora perfettamente funzionanti, con i dovuti agganci si potrebbe cercare un trasmettitore in buono stato, o perlomeno le sue specifiche per realizzarne uno."
Il volto di Picard s’illuminò di gioia.
"Signor Data, come di consueto, lei è un genio! Quanto manca all’esecuzione della squadra di sbarco?"
"Cinquanta ore e ventidue minuti." rispose meccanicamente l’androide un po’ perplesso.
"Possiamo ancora farcela, ed io conosco la persona in grado d’aiutarci in questa ricerca." commentò Picard dirigendosi verso l’uscita del ponte ologrammi.
"Signor Data, dia istruzioni per fare rotta verso la stazione Deep Space Nine, massima curvatura!"

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Capitolo Otto

Quella mattina pioveva maledettamente sulla città di Collerville.
Una figura ricoperta da un ampio mantello si fermò davanti alla residenza del Mastro Scienziato.
Bussò numerose volte prima che la padrona di casa sentisse i colpi sulla porta e venisse finalmente ad aprire.
"Buongiorno, sono Paul Jarre, si ricorda di me?" domandò scoprendosi il volto dal cappuccio completamente inzuppato.
"Naturalmente, lei è il funzionario dell’Accademia, ma non resti sull’uscio entri e si tolga il soprabito." rispose Sara invitandolo ad entrare.
Ponendo entrambe le mani sul fuoco del caminetto il giovane tirò fiato per alcuni secondi.
"Ha visto che tempaccio la’ fuori? Questo sarà un inverno più rigido del solito, ci può scommettere. Mi scusi per la visita così mattiniera, le ho portato i viveri che le avevo promesso, dovrebbero bastare per alcune settimane."
Sara si sforzò di apparire più naturale possibile, i suoi ospiti inattesi erano ancora rinchiusi nel laboratorio, incrociò le dita sperando che non scendessero proprio in quel momento.
"Signore, la ringrazio per la premura, vado subito a scaricare il suo carro, farò in un attimo, nel frattempo si sieda davanti al fuoco.
"No aspetti, non può farcela da sola, vengo ad aiutarla."
Muovendosi più velocemente possibile ed evitando le pozzanghere lungo la strada ciottolata i due completarono il trasporto prima del previsto.
Guardando il funzionario, Sara non poté trattenere un sorriso.
"Adesso è di nuovo bagnato, non doveva disturbarsi, ha fatto già così tanto per noi."
Con il palmo della mano Paul si sistemò il ciuffo di capelli bagnati che gli ricadevano sugli occhi.
"Ha proprio ragione, sono fradicio come un pulcino." rispose iniziando a ridere per la situazione imbarazzante.
"Mi perdoni la curiosità, come procedono gli esperimenti di suo padre? Tutta l’Accademia è ansiosa di vedere i risultati."
Mentre si toglieva il pastrano Sara disinvoltamente rispose.
"Bene…tutto bene…adesso è molto impegnato ed è meglio non disturbarlo, voi scienziati siete persone molto suscettibili."
"Certo, posso capirlo perfettamente, adesso è meglio che tolga il disturbo, ho alcune commissioni urgenti da fare in città, a domani signorina.."
Rivestendosi si apprestò a lasciare la villa quando inaspettatamente notò qualcosa di strano sulla stoffa del divano, si avvicinò incuriosito e toccò la macchia rosso violacea sullo schienale.
"Ma questo sembra sangue!"
"…in effetti è …una macchia che non sono riuscita a togliere… è molto resistente."
"Non può essere, è troppo viscida, per favore vuole dirmi cosa sta succedendo? Forse è meglio se chiama qui anche suo padre." disse Paul diventando improvvisamente serio.
"Le ho già detto che in questo momento non posso disturbarlo, vedrà che domani sarà lui stesso a spiegarle con quale sostanza ha macchiato il divano." ribatté Sara accompagnandolo decisamente verso l’uscita.
Spalancò l’ingresso ma un’ombra sinistra la sovrastò, per un istante sentì mancare il fiato in gola.
Una drappello di guardie le stavano di fronte con le armi spianate.
Una figura si fece rapidamente largo entrando di prepotenza in casa, era il magistrato Gantor in persona.
"Allora Paul, vuoi spiegarmi questo tuo gesto di generosità?" chiese indicando le vettovaglie sul pavimento.
"Non c’è nulla da spiegare Eccellenza, ho portato un piccolo aiuto a questa famiglia che soffre per gli stenti della guerra."
"Sei proprio un ingenuo se pensavi di poter agire liberamente alle nostre spalle, allora signorina vuole spiegarmi a chi appartiene quella misteriosa macchia di sangue? Non a suo padre spero, dove si trova adesso?"
Sara arrossì in viso, balbettò confusamente cercando una scusa, ma sul momento non ne trovò una buona.
Del resto come avrebbe potuto spiegare che quella sostanza era il sangue di un essere dalle sembianze demoniache proveniente chissà da dove?
Gantor sorrise come una serpe, fece segno alle guardie di entrare e diede ordine di perlustrare la villa da cima a fondo, come fosse il padrone di casa si versò da bere afferrando una bottiglia di brandy appoggiata sullo scaffale.
"Sono proprio curioso di vedere cosa troveranno in laboratorio."
Ancora infreddolita per la doccia fuori programma, Sara iniziò a tremare come una foglia al vento, pregando che gli stranieri se ne fossero già andati.
In lontananza giunse il frastuono di una colluttazione, il rintocco metallico delle lance si sovrappose ai grugniti bestiali che giungevano dai piani superiori.
Indubbiamente il signor Worf non aveva gradito la visita dei soldati.
Tutto durò solamente pochi minuti, al caos si sostituì un silenzio irreale, le urla e gli scontri cessarono, Sara e Paul sentirono chiaramente il plotone che ridiscendeva le scale trascinando di peso dei prigionieri.
Incatenati ed imbavagliati i tre membri dell’Enterprise furono spinti malamente all’interno del salotto fra gli sguardi attoniti dei presenti.
Alcuni si coprirono gli occhi per non vedere il volto tumefatto del Klingon, altri si armarono delle spade pronti a colpire il mostro repellente.
Worf era quello che maggiormente aveva subito violenza, sanguinando abbondantemente dalla ferita non ancora del tutto cicatrizzata, gli altri due, a parte qualche contusione, sembravano ancora in buona salute.
Il magistrato si avvicinò girando loro intorno con aria di vittoria.
"Fermi! Deponete le vostre armi, li voglio vivi. Ne ero certo, George Sangres ha evocato i demoni dell’inferno perché venissero in suo aiuto." enunciò come fosse ad un comizio cittadino.
Sara si divincolò dalla guardia che la tratteneva e raggiunse l’inquisitore.
"Non è vero! Mio padre si è dovuto allontanare per completare le sue ricerche e non si è mai interessato di stregoneria, Paul lei almeno mi crede vero? Non le ho mentito."
Il funzionario abbassò mestamente lo sguardo non sapendo più cosa pensare.
Gongolante Gantor si preparò a lasciare la dimora con il suo prezioso bottino, ma prima di richiudere il portone volle sottolineare con voce aspra.
"Signorina, ringrazi il cielo se non la faccio arrestare come complice di questi esseri delle tenebre, i miei uomini vi hanno sempre tenuti sotto controllo e per il momento non ho prove conto di lei. In quanto a questi due ed alla creatura immonda…saranno loro stessi a dirmi cos’è successo al Mastro Scienziato quando saranno portati davanti al Tribunale di Vigilanza."
Detto questo il drappello uscì scomparendo sotto la pioggia scrosciante, Paul passandole davanti si volse di lato per non incontrare il suo sguardo atterrito.
Rimasta sola Sara non poté fare a meno che piangere per la sfortuna che sembrava volersi accanire contro la sua famiglia.

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Capitolo Nove

Stazione Spaziale: Deep Space Nine
Ufficio del comandante Benjamin Sisko


"Benvenuto su Deep Space Nine." disse il comandante Sisko stringendo la mano calorosamente al capitano dell’Enterprise.
"La ringrazio comandante, è sempre un piacere incontrare l’Emissario dei Profeti." rispose Picard sottolineando l’importante ruolo affidatogli dagli esseri di pura energia che vivevano all’interno del tunnel spaziale.
La stazione era stata sotto l’occupazione Cardassiana per decenni prima che i Bajoriani si rivoltassero contro i loro invasori costringendoli quasi alla resa, quando si capì il ruolo strategico di Bajor, la Flotta Stellare ritenne opportuno stabilire una presenza permanente affidando al comandante Sisko il difficile compito di proteggere i Bajoriani dalle rappresaglie Cardassiane e l’ingresso del tunnel spaziale.
Per i nativi l’ufficiale era divenuto una figura carismatica, una sorta di guida spirituale, perlomeno da quando era entrato in contatto con i Profeti proprio durante una missione all’interno del tunnel, ottenendo il permesso per il transito delle navi dirette verso il Quadrante Gamma.
Da allora la stazione Deep Space Nine riprese vita, diventando un porto di mare per centinaia di razze diverse provenienti da tutta la galassia.
"Ha ricevuto il mio rapporto preliminare sulla situazione?" chiese urgentemente Picard..
"Si capitano, l’ho letto e se devo essere sincero la sua idea mi sembra piuttosto pericolosa, ad ogni modo ho già fatto convocare Quark, dovrebbe essere qui fra alcuni minuti."
"Condivido pienamente le sue paure comandante, affidare un compito così delicato ad un Ferengi è rischioso, ma se ben ricordo le sue qualità, Quark potrebbe essere l’unico in grado di procurarci quel manufatto in così breve tempo, ed il tempo è l’unico lusso che la mia squadra non può permettersi!"
Sisko annuì e si appoggiò allo schienale della poltrona disegnata in perfetto stile Cardassiano.
"Capitano, se me lo consente vorrei essere io a trattare direttamente con lui, lo conosco ormai da anni e con un po’ d’astuzia potrei riuscire a forzargli un poco la mano."
"Accordato, gestisca la trattativa come meglio crede, purchè si svolga il più rapidamente possibile."
"Certamente capitano, se dovesse porgergli delle domande le raccomando di non lasciare trapelare in alcun modo l’urgenza della situazione, Quark è un tipo molto scaltro e se dovesse comprendere il suo ruolo in tutto questo il prezzo per la sua collaborazione salirebbe alle stelle."

Accompagnato da Odo, il Ferengi entrò nello studio non troppo soddisfatto per quella chiamata inattesa.
Come di consueto indossava il suo doppiopetto dai mille colori ed un paio di pantaloni dalla fattura molto elaborata.
Di Quark non si poteva certo dire che non fosse un tipo originale oltre che essere un trafficante ed un opportunista, qualità tipiche di ogni Ferengi che si rispetti, in realtà la sua intraprendenza gli aveva permesso di sopravvivere durante l’occupazione e di gestire il suo bar sulla stazione con larghi profitti.
Vedendo i due ufficiali che lo osservarono intuì immediatamente che c’era qualcosa che non andava.
"Io non ho fatto niente, non avete nessuna prova per accusarmi." si affrettò a dichiarare nascondendosi dietro l’alta figura del capo della sicurezza.
"Quark, accomodati." lo invitò Sisko aprendo le braccia.
"Non ti stiamo accusando di niente, vogliamo solo parlare, Odo per favore vuole lasciarci soli?"
Le grandi orecchie del barista sembrarono vibrare per l’eccitazione, prese una sedia e si sedette a fianco di Picard che fino a quel momento non aveva prestato particolare attenzione alla sua persona.
"Va bene comandante, cosa volete esattamente?"
"Questo è il capitano Jean-Luc Picard, lo ricordi vero?" chiese Sisko mantenendo un tono leggero.
Quark lo guardò di sbieco sperando di stare rivivendo un incubo.
"Naturalmente che lo ricordo, comunque sappia che non voglio avere nulla a che fare con le operazioni della Flotta Stellare." sottolineò il Ferengi alzandosi dalla sedia.
Sisko bloccò le porte automatiche e lo invitò a riprendere posto.
"Non ti capisco, vuoi già andartene?"
"Penso che sarebbe meglio comandante, sento odore di guai."
"Non essere pessimista, tieni, prendi questo taccuino elettronico e guarda l’immagine, riconosci quel trasmettitore?"
Quark diede uno sguardo rapido all’oggetto rappresentato nel piccolo monitor.
"Direi proprio di no, anzi ne sono certo, adesso posso andare? Io ho un bar da mandare avanti e non sono il vostro consulente tecnico." ribatté il Ferengi sbattendo il naso sulla porta ancora bloccata.
"Voglio uscire da qui, aprite, lasciatemi andare."
Sisko rimase impassibile, raccolse la palla da baseball che teneva sulla scrivania come portafortuna e la rigirò guardandone le varie sfaccettature.
"Quark, te lo chiedo per l’ultima volta, conosci quel modello di trasmettitore? Ce ne serve uno funzionante entro le prossime cinque ore, per aiutare la tua labile memoria ti dirò che si tratta di un manufatto Xsatus, saresti in grado di procurarcene uno?"
Il Ferengi scosse la grossa testa facendo segno di no con un dito, osservò l’impassibilità di Picard e con una scrollata di spalle si preparò a lasciare l’ufficio.
Sisko trattenne nuovamente la mano sul comando d’apertura delle porte.
"D’accordo Quark, come preferisci, se non ti dispiace prima di lasciarci gira la pagina del taccuino e leggi il contenuto del documento."
"Come desidera comandante e speriamo di farla finita."
Una lista di centinaia di nomi era fedelmente riportata in ordine alfabetico, Quark riconobbe immediatamente ogni singolo personaggio che aveva truffato in passato, gli occorsero diversi minuti per scorrere l’intero foglio ed il titolo valeva più di ogni discorso: Denuncie e lamentale del personale di Deep Space Nine.
Deglutendo il Ferengi agitò le braccia.
"Non vorrà dare credito a queste accuse infamanti, non è vero?"
"Ovviamente no Quark, perché se lo facessi il tuo bar verrebbe immediatamente chiuso e tu saresti obbligato a risarcire i danni, sei sempre certo di non poterci aiutare?" chiese nuovamente Sisko marcando opportunamente le ultime parole.
"Questo è un ricatto comandante!" esclamò sdegnato il Ferengi.
"No Quark, questi sono affari!" ribatté Sisko riponendo nervosamente la palla sul piedistallo.
Massaggiandosi i lobi delle sue grandi orecchie il barista sembrò riflettere sulla situazione.
"Ripensandoci meglio…mi lasci vedere con più attenzione…si direbbe un trasformatore multifasico, forse potrei trovarne uno, ma cinque ore sono troppo poche."
Picard si preparò a fare la sua parte, si girò estraendo un astuccio in pelle nera.
"La Flotta Stellare è pronta a pagarla per i suoi sforzi signor Quark, e sono certo che il comandante Sisko le lascerà una certa libertà d’azione nello svolgere le sue trattative private, ma il trasmettitore deve essere qui tassativamente entro le prossime cinque ore."
Incuriosito Quark raccolse l’astuccio, tentò d’aprirlo ma la serratura era chiusa.
"Beh? Che modi sono? Non posso nemmeno vedere la mia retribuzione in questa folle impresa?" domandò il Ferengi protestando vivamente.
Sisko alzò una catena con una chiave appesa all’ultimo anello, facendola ciondolare davanti al suo naso precisò.
"A lavoro terminato questa sarà tua, ovviamente insieme al contenuto del cofanetto."
"Non mi fido di lei comandante, non è la prima volta che tenta d’ingannarmi con metodi alquanto discutibili."
"Signor Quark, le posso garantire che li’ dentro c’è qualcosa di enorme valore, e le posso assicurare, sul mio onore d’ufficiale, che l’oggetto in questione è in oro massiccio." intervenne Picard squadrando il piccolo affarista.
Il Ferengi sentendo la parola oro massiccio non ebbe più nessun indugio.
"Potevate dirmelo subito, no? Oro massiccio? Va bene accetto! Comandante non voglio vedere una sola delle sue guardie in giro per il mio bar nelle prossime ore, chiaro? Non mi chiamate, mi metterò in contatto io quando avrò notizie del trasmettitore."
"D’accordo Quark, adesso puoi andare." concluse Sisko aprendo finalmente le porte dello studio.
Vedendo il barista trotterellare verso il turboascensore con un sospiro esclamò.
"Stia tranquillo capitano Picard, ce la farà, quando si tratta di profitto nessuno è in grado di battere Quark."

***

Con quasi mezz’ora d’anticipo Quark ritornò nell’ufficio del comandante Sisko trasportano con difficoltà una cassa di legno.
Il peso era tale che lo sbilanciava fino a farlo piegare sulle ginocchia, ansando l’appoggiò sulla scrivania sollevando un nuvolo di polvere.
"Ecco comandante, è soddisfatto adesso?"
Picard si armò di un tagliacarte e fece leva sul coperchio fino a scoperchiare il contenitore.
Un trasmettitore multifasico era avvolto nella paglia come un’antica reliquia storica, pulendo la parte superiore i due ufficiali verificarono che l’apparecchio fosse ancora funzionante.
"Ecco, c’era d’aspettarselo, questa sarebbe la fiducia della Flotta Stellare? Cosa pensavate? Che vi avrei rifilato un trasmettitore fasullo?" domandò Quark aspettando con ansia la sua ricompensa.
"Tutto a posto." disse compiaciuto Picard richiudendo con attenzione la cassa, poi con una certa fretta aggiunse.
"Comandante è meglio che riparta immediatamente, voglio poter sfruttare al massimo il tempo che abbiamo risparmiato, la ringrazio per l’aiuto signor Quark, la sua ricompensa è stata ben meritata, Enterprise uno da fare risalire."
Mentre Picard ed il prezioso manufatto scomparivano dalla stazione, Quark si mise in attesa incrociando le braccia.
"Allora? Vuole darmi adesso quella benedetta chiave?"
"Certo Quark, è tutta tua."
Il Ferengi avidamente tentò d’infilarla nella toppa, ma per l’eccitazione dovette effettuare diversi tentativi prima di riuscirci.
Quando finalmente aprì l’astuccio i suoi occhi sembrarono voler uscire dalle orbite.
"Come? Un medaglione con l’emblema della Flotta stellare???"
Sisko dovette sforzarsi non poco per non sorridere, in fondo era stato lui il responsabile di quel piccolo raggiro.
"Il capitano Picard te lo aveva detto che aveva un enorme valore, non ricordi? Per noi quell’emblema rappresenta tutto ciò per cui vale la pena di lottare, comunque come puoi ben notare, è effettivamente d’oro."
Quark lo folgorò con un sguardo di disprezzo, si trattenne a stento dall’imprecare pensando alla lista dei creditori ancora nelle sue mani.
Tirò fiato e lasciò che l’adrenalina defluisse dal suo sangue.
"Va bene comandate, ha vinto lei, lo accetto…è stato un pensiero molto gentile da parte sua, spero di poterla ricambiare al più presto, se non ha più bisogno di me torno al lavoro."
"Quark, aspetta! Ti devo almeno una spiegazione, per il momento ti basti sapere che hai contribuito a salvare delle vite in pericolo su di un pianeta lontano, non ti senti gratificato per questo? Se fossi in te mi accontenterei di vedere sospesa la nota dalle accuse, adesso sei soddisfatto?" chiese Sisko accompagnandolo fuori dall’ufficio.
Il Ferengi preferì non rispondere, brontolando qualcosa d’incomprensibile si allontanò dall’OPS ritornando verso l’anello abitativo della stazione, per quanto poco valore attribuisse a quel medaglione, il semplice fatto che fosse in oro richiedeva una sua immediata deposizione nel forziere personale del suo alloggio.

Capitolo Dieci

Pianeta Corina Sei
Assemblea del Tribunale di Vigilanza

Riker, Troi e Worf furono condotti davanti alla corte ancora ammanettati ed imbavagliati.
La seduta straordinaria del Tribunale era stata convocata a porte aperte ed i cittadini di Collerville si stavano letteralmente ammassando lungo le pareti per poter vedere meglio i tre accusati.
Alcuni si erano addirittura arrampicati lungo le grondaie sedendosi in ginocchio sui parapetti delle finestre.
Tutta la città era presente, e dai villaggi vicini decine di carovane stavano giungendo dalle arterie secondarie, dimenticandosi almeno per un giorno della guerra incombente.
Nel fondo del salone un baldacchino rialzato era stato allestito appositamente per l’occasione, al suo centro il magistrato Gantor si preparò a dichiarare aperta la seduta.
La sua barba scura e ben curata contrastava nettamente con l’abito color porpora che indossava per l’occasione, in quel momento fu ben chiaro a tutti che egli non era più il magistrato Gantor, ma il supremo presidente dell’inquisizione.
Fra il frastuono della folla impugnò il campanello e lo fece trillare con energia.
"Silenzio, incomincia l’udienza per stabilire la natura di queste tre creature rinvenute nel laboratorio del Mastro Scienziato. Togliete loro i bavagli e rinchiudete la bestia nella gabbia di ferro." ordinò alzando solennemente il braccio destro.
"Portate qui l’uomo con la barba."
Riker venne trascinato di peso sul podio degli accusati.
"Come ti chiami uomo?"
"William T. Riker."
"Molto bene William T. Riker, adesso dimmi da quale luogo provieni e confessa dove hai condotto il Mastro Scienziato."
Riker si schiarì la gola facendo vibrare la voce nell’aula.
"Noi siamo dei viaggiatori, proveniamo da un luogo molto lontano, dubito che qualcuno di voi lo abbia mai visto, a causa di un incidente abbiamo perso la strada; viaggiammo senza meta per giorni finché non vedemmo la torre d’osservazione, chiedemmo asilo per la notte ma le guardie ci arrestarono senza che avessimo fatto nulla di male."
Gantor sorrise con la sua tipica espressione da vipera.
"Le tue parole sono false come gli strani abiti che indossi, il Mastro Scienziato non era più nella villa quando vi abbiamo arrestato, dicci la verità se ci tieni alla vita. Voi siete esseri demoniaci invocati da George Sangres e da sua figlia per aiutarli a capire il mistero del manufatto, non è forse così? Confessa!"
Riker ripensò a Sara, non avrebbe detto nulla per coinvolgerla in quel processo, alzando gli occhi verso la corte scelse di restare in silenzio.
"Non ho più nulla da dire, tranne che siamo innocenti."
"Portatelo via." disse il giudice segnando alcune parole su di un foglio di pergamena.
La folla urlò a squarciagola contro l’accusato mentre veniva ricondotto al suo posto dai soldati.
Gantor sembrò godere dello spettacolo, la sua brama di potere era pienamente appagata dall’incitamento della gente, alzando nuovamente il braccio ordinò.
"Guardie, portate sul podio la donna."
Lo stesso trattamento rude non fu risparmiato nemmeno al consigliere.
"Donna, dichiara il tuo nome alla corte."
"Mi chiamo Deanna Troi."
"Deanna, sei tu la compagna di viaggio di questi due esseri?" domandò l’inquisitore indicando Riker e Worf.
"Si, viaggio con loro e quello che William vi ha detto corrisponde alla verità."
"Taci donna! Non permetterti mai più di dare consigli a questa corte suprema. Rispondi, sei tu una strega degli inferi invocata dal Mastro Scienziato?"
Troi percepì nettamente l’animo subdolo del magistrato, malgrado stesse svolgendo alla perfezione il suo ruolo c’era qualcosa d’oscuro che nascondeva nel suo animo.
"No, non lo sono, siamo stati accusati ingiustamente."
Platealmente Gantor scesa dal podio, afferrandole la nuca la volse maldestramente verso il pubblico in delirio.
"Vedete? I suoi occhi sono neri come la pece, e non c’è traccia d’iride intorno alla sua pupilla, questa non è una donna, è un essere soprannaturale, è una strega." concluse facendo segno alle guardie di riportarla a fianco del suo compagno.
"E cosa dovremmo dire di questo essere mostruoso generato dal demonio in persona? Ho sentito dire che è persino in grado di parlare, volete sentire la sua voce?"
L’assembramento urlò all’unisono dando inizio alla parte farsesca del processo.
"Ehi tu, bestia , hai qualcosa da dichiarare?" chiese l’inquisitore avvicinandosi pericolosamente alla gabbia.
Con un balzo fulmineo il Klingon fece passare il braccio attraverso le sbarre ed afferrò il giudice per il collo iniziando a stringere energicamente.
"Lurido verme, ti staccherò la testa con le mie stesse mani!!!"
Le guardie intervennero prontamente facendogli perdere la presa, Worf si rintanò prontamente nel fondo della gabbia per evitare le lame delle lance.
Gantor, ancora stordito per l’incidente fuori programma tentò di ricomporsi, il suo volto era diventato paonazzo e le vene del collo gli pulsavano all’impazzata, bevve un sorso d’acqua da una caraffa e risalì sul podio ondeggiando sulle gambe.
"Cittadini, avete sentito le testimonianze ed assistito alla mia aggressione, quale pena pensate che meritino questi tre bugiardi?"
"A morte!!! Al rogo!!!" urlò la folla agitando le spade e le forche.
Il giudice sorrise compiaciuto, firmò il verbale con la penna d’aquila intinta nel calamaio.
"Colpevoli."
"È sia, domattina all’alba verranno bruciati nella piazza di Collerville, siete tutti invitati a partecipare. La seduta è tolta."
Da vero manipolatore di masse Gantor scese dal baldacchino uscendo discretamente di scena, concedendosi però qualche minuto per dare istruzioni alle guardie.
La mattina seguente avrebbe diretto personalmente l’esecuzione dei prigionieri.

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Era ancora notte fonda quando la porta della cella si aprì con un suono sinistro.
II tre prigionieri erano ancora svegli e stavano parlando sottovoce, il signor Worf non era stato liberato dalla gabbia per timore che tentasse d’abbattere la porta.
Con sorpresa di Riker il magistrato Gantor si vece avanti illuminando il cammino con una torcia accesa.
Muovendosi in modo furtivo si avvicinò controllando che nessuno potesse sentirlo.
"Ascoltatemi attentamente, domattina salirete sul patibolo, ma io potrei aiutarvi a fuggire da qui."
"Si spieghi meglio." chiese Riker incuriosito dalla proposta.
"Dovete soltanto collaborare, voi siete esseri sovrumani, su questo non ci sono dubbi, ed il modo con cui siete stati evocati non m’interessa, io voglio che mi aiutiate ad espandere e consolidare il mio dominio, con le vostre capacità potrei farlo facilmente. Io voglio il potere assoluto!"
Deanna si ricordò delle percezioni ambigue che percepì durante il processo, tirando la catena che le immobilizzava la caviglia si avvicinò per quanto le fosse consentito.
"Lei è un essere spregevole Gantor, cosa le fa’ pensare che saremmo disposti ad aiutarla?"
"Ragazza mia, non hai mai sentito l’odore della carne umana che brucia lentamente? È un odore molto pungente, credimi."
Sentendo quelle parole Worf s’inalberò cercando di aprirsi nuovamente un varco fra le sbarre, mentre Riker si alzò a sua volta dal giaciglio.
"Noi siamo innocenti e questo lei lo sa’ perfettamente, se è un giudice onesto deve lasciarci liberi senza condizioni, inoltre sarei pronto a scommettere che la sua proposta non è valida per il nostro amico in gabbia."
Gantor sorrise aprendo il palmo delle mani come per scusarsi.
"Temo proprio di no, voi due con qualche piccolo accorgimento potreste ancora passare per

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