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Ombre

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Ombre

"Ridere, scherzarci sopra"…; questo mi avevano consigliato.
E io, inizialmente, ci avevo provato; fiduciosa che questo mi sarebbe bastato, che mi avrebbe aiutata a cancellare tutto quel tempo della mia vita buttato davanti ad uno specchio, a piangere ed a commiserarmi.
Ridere, scherzarci sopra…. Ora faceva male.
Sentire le battutine degli amici; sentire le mie battutine, dette come quando si dicono ad un estraneo… e non potersi più fermare.
"Non posso farmi vedere con te in giro: penseranno che ho voglia di rifarmi il naso o Dio sa cosa!"
Mi sforzai di sorridere, di fregarmene; ma quell’uscita di Marcello mi arrivò come uno schiaffo in pieno viso, sul punto dove faceva più male…
Inconsciamente, mi sfiorai la cicatrice… e, come già in passato, le mie dita ne ricordarono la rugosità, il dolore. "Già…" risposi, gridando in silenzio alla mia voce di non tremare "me n’ero dimenticata. Scusami…"
Mi voltai, fuggii senza correre… ridevo ancora ignorando l’inspiegabile fitta di dolore, di risentimento; ignorando le lacrime, così tante da impedirmi quasi di vedere.
Ridevo ancora, nonostante tutto.
– – –
Vuota.
Mi sentivo stranamente vuota; forse sola.
Fissavo il mio volto, attraverso lo specchio: era di nuovo normale. Il mio volto era tornato perfettamente normale, non vi era più nessuna anomalia, nessuna differenza con gli altri… ma allora perché? Perché quella sensazione di diverso continuava a tormentarmi, a tornare instancabilmente?
Lo sfregio sulla guancia mi era sparito…, ma quello che avevo dentro no; quello sarebbe rimasto per sempre.
E per sempre sarei rimasta diversa.
– – –
Troppo veloce… andiamo troppo veloce!!!, gli avevo ripetuto ostinatamente.
Troppo veloce.



Troppo veloce per evitare quel palo.
Troppo veloce per non lasciare il segno. Su di me.
– – –
"E’ tornato" due parole soltanto… come possono due piccole, innocenti parole ferire così profondamente?
La mia mano tremò; il libro che sosteneva cadde. Furono solo pochi secondi, ma bastarono per rovinarmi la giornata.
"… e vorrebbe poterti rivedere."
Fissai Marie; scrutai il suo sguardo. Cercai a fondo il significato di quell’ultima frase.
Un significato che non poteva essere accettato. Per nessuna ragione.
Indietreggiai; scossi freneticamente la testa…, ma non fui capace di parlare.
"Elena, glielo devi!!!" mi afferrò per le spalle, scuotendomi "Dagli almeno una possibilità!"
"Per cosa? Per ringraziarlo di questo?!?" indicai ciò che rimaneva di quell’incidente: una sottile, quasi impercettibile cicatrice sotto il mento.
Ma non era solo questo, quello che riusciva a vedere: sul mio volto non c’era più niente ormai… ma tutti continuavano ostinatamente a voler vedere quello che c’era prima.
Quella maledetta ustione; quel vecchio sfregio… ed era tutta colpa di Sergio.
Tutti mi avrebbero evitata; tutti mi avrebbero respinta. Perché dovevo dare una seconda possibilità proprio a lui, quando io non potevo averla?
Marie sospirò; aveva l’aria sconfitta.
… ricordo bene quel momento: perché era lei a doversi sentire sconfitta? Non ero forse io quella che stava soccombendo?!?
"Peccato…"
La fissai con aria interrogativa "Per cosa?"
"Lui è fuori, in quel bar. Ti sta aspettando."
– – –
Uno di fronte all’altra; per parecchi minuti, senza parlare…
Non ne avevo la minima intenzione.
Ero andata da lui solo per rimanere muta; per continuare a farlo sentire in colpa.
Ero andata da lui per avere qualcosa di simile ad una vendetta…
"Ti va di bere qualcosa?" Furono quelle, le sue prime parole.
Lo guardai cautamente, cercando di mostrare tutta la mia disapprovazione per quell’incontro, ma… riuscii a mostrarmi ingenua; forse anche indifesa.
Mi sorrise.
Ebbi un senso di disgusto.
Credo che lo capì. Credo che colse quel mio senso di disagio; di malessere che provavo con lui…; con me stessa.
La sua espressione mutò: sembrò diventare profondamente triste… ebbi quasi tenerezza; non saprei dirlo.
"Perdonami."
Quella parola vibrò nell’aria; mi stordì.
Perdonarlo?!? Per tutto il male che mi aveva procurato? Per tutti i rifiuti, per tutta quella mia solitudine… dovevo perdonarlo?!? No… non l’avrei mai fatto.
Continuai testardamente a rimanere chiusa nel mio silenzio, ero davvero decisa a non parlare, a farlo sentire in colpa.
"E’ stata colpa mia…" strinse i pugni "se solo quella sera…"
"Se solo, cosa?!?" urlai "Ormai l’hai fatto: ormai mi hai rovinata per sempre!!!" cercai di inghiottire le lacrime, ma queste mi sfuggirono. Non volevo farmi vedere così fragile, non volevo… "Per sempre…" la mia voce tremava; il mio corpo tremava… la mia anima tremava!!!
Posò la sua mano sulla mia; era un tocco così calmo!!! "Io ho causato l’incidente… ma tu; sei stata solo tu a permettere che gli altri ti vedessero diversa… che ti trattassero da diversa."
Avrei voluto gridare; avrei voluto picchiarlo… ma forse, volevo solo fuggire.
"Proteggiamola insieme."
Lo fissai attraverso un velo di lacrime; non riuscivo davvero a capire.
Pensai solo che fosse impazzito…
"Quella parte di te; l’Elena sfregiata, l’Elena derisa da tutti… voglio proteggerla insieme a te."



Damiana Guerra

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