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intervista a DAMIANA GUERRA

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intervista a DAMIANA GUERRA

Ciao Damiana. Per iniziare parlaci un po’ di te, che scuola fai, quali sono i tuoi interessi, cosa vorresti fare dopo la scuola…
Sono al quarto anno di ragioneria, ma non è la mia scuola ideale; non sono molto attratta da questo tipo di materia.
Cosa avresti preferito studiare?
La mia idea iniziale era il liceo scientifico, comunque ci sono tante altre scuole molto più belle della ragioneria, come la scuola che fa mia sorella Michela, il Fermi, o altre scuole. Ma per la ragioneria sono proprio negata.
Continuiamo a parlare di te…
Come hobby ho quello di scrivere: poesie, recconti, …
Hai già pubblicato altri tuoi elaborati o hai partecipato ad altri concorsi?
No, mai. Il concorso di Holden 2 è stata la prima occasione in cui ho pubblicato un mio racconto.

Come hai conosciuto il concorso?
Ho trovato praticamente il volantino sul mio banco a scuola, quindi è stata una cosa proprio casuale; poi mi sono incuriosita e sono andata alla biblioteca Rotonda, mi sono informata e ho deciso di partecipare.

Hai trovato interessante il tema del concorso?
Si, forse un po’ difficile ma per questo decisamente stimolante.

Per quanto riguarda il concorso, cosa pensi dell’uso del computer come mezzo creativo?
A me è risultato comodo scrivere il racconto su floppy, solo che io in genere sono abituata a scrivere su carta, quindi mi è sembrato un po’… freddo. Però è comodo, molto comodo, quindi l’ho trovata una buona idea.

C’è stata una ragione particolare che ti ha fatto decidere di partecipare al concorso?
Mi ha anche attirato il premio; alla fine però non volevo più partecipare, poi mia sorella mi ha praticamente costretta ad andare a consegnare il racconto. Poi ho trovato interessante potere vedere un mio racconto pubblicato su internet.

C’è un aneddoto che ci vuoi raccontare sulla preparazione del tuo racconto?
Ma… non saprei…forse che l’ho pensato in un viaggio in treno poi l’ho scritto di getto in una sera, direttamente sul computer.

Ti è piaciuta la cerimonia di premiazione?
Si, molto. Solo ho notato che c’erano poche persone, pochi ragazzi. Non so spiegarmi perché ci fossero così pochi partecipanti.

Come ti è sembrata l’idea di far leggere pubblicamente alcune delle opere del concorso?
Devo essere sincera? L’idea che venissero letti mi è piaciuta, anche come sono stati letti, però è stato un po’ imbarazzante. E poi mettevano un po’ troppa enfasi, il mio racconto non è un’opera di teatro.

Cosa ne pensi delle altre opere in concorso?
I racconti che ho sentito durante la premiazione mi sono piaciuti parecchio; mi ha colpito molto quella del Galeone, anche se non c’è un motivo particolare. Anche Files, era lunghissimo e allafine non riuscivo più a seguirlo, però all’inizio mi piaceva.

Come hai usato il premio del concorso?
Abbiamo preso una stampante perché praticamente la nostra si era rotta, poi abbiamo preso un mouse, un hard-disk nuovo e una cartuccia a colori. Ho preso tutte le cose che mi servivano. Proprio non me lo aspettavo ed è stata proprio una sorpresa.
Anche alla premiazione è stata una sorpresa; mia sorella era molto più agitata di me, io invece ero calma e tranquilla tanto ero sicura che non avrei vinto. Lei era tutta tesa e ogni tanto mi chiedeva: "sei agitata?" e io "no, per niente". Poi quando mi hanno chiamato mi ha preso la mano e ormai me la stritolava e io le dicevo "calmati, hanno premiato me e non te…"

Può un concrso aiutare chi vi partecipa?
Si, a parte il fatto che è una soddisfazione personale, poi mi ha dato un nuovo stimolo, una nuova spinta per continuare a scrivere.

Può un’opera aiutare chi la realizza?
Bene o male quando tu fai qualcosa, un’opera, un racconto, ti rendi conto se la rivedi o se la rileggi dei tuoi sbagli, di quello che devi migliorare o meno. E poi può servire come valvola di sfogo: su un pezzo di carta tu puoi scrivere tutto quello che pensi, senza doverti in qualche modo sentirti imbarazzato a parlarne con altri; io non mi azzarderei mai a dire determinate cose ad una persona… più che altro le tengo per me e allora scrivendo si riesce a sfogarsi.

Vuoi ringraziare per l’aiuto o dedicare a qualcuno in particolare la tua vittoria?
Mia sorella e mio padre, perché è stato lui che all’ultimo minuto mi ha spinto a partecipare.
Perché eri così titubante a partecipare? Non c’è nessun rischio e nessuna spesa da sostenere…
Più che altro il problema è che se non mi fossi classificata sarebbe stata una delusione quindi bene o male uno ci pensa due o tre volte prima di iscriversi.

C’è un soggetto, un tema, che senti tuo e che vorresti fosse la linea conduttrice di un successivo concorso?
Forse un concorso senza un soggetto fisso, con un tema libero.

Quale altro mezzo comunicativo vorresti vedere incluso nella prossima versione del concorso?
… forse dei brevi videoclip.

Siete stati definiti giovani artisti ma a tuo parere cos’è l’arte?
Ecco, lo sapevo io che mi facevi queste domande. Oddio, non lo so… ci stavo pensando ultimamente a cos’è l’arte, però è una definizione che ogni persona vede a modo suo. L’arte è qualcosa che serve per esprimere quello che si è veramente, come sei fatto, quello che senti, poi ribadisco: questa è la mia interpretazione di arte, poi magari per qualcun altro può essere qualcosa di diverso. Però, secondo me è appunto qualcosa che ti serve per mostrarti come sei veramente.

Cosa ne pensi dell’arte in formato digitale?
Dipende dal tipo di opera: se si tratta di un quadro preferisco vedere l’opera fatta a mano dal pittore. Invece per le opere scritte, racconti, poesie, l’uso del computer è del tutto indifferente.

Mostrami la cicatrice sulla guancia.
L’idea della guancia e non del mento o della fronte mi è venuta per caso, però quella del volto è perché è una delle parti del corpo a cui una persona ci tiene maggiormente ed è più esposta. Addirittura una ragazza alla premiazione mi ha chiesto se avevo davvero la cicatrice!

Lo stile del tuo racconto mi è sembrato così spontaneo e naturale che difficilmente posso credere che la situazione descritta sia totalmente inventata. Quanto c’è di autobiografico nel racconto?
Parecchio, come è normale che sia altrimenti non si riuscirebbe a scrivere. Questo racconto ha un profondo significato personale. Non volevo descrivere soltanto quella situazione, volevo raccontare qualcosa, però non direttamente, quindi mi sono servita di una situazione non vera.
Io gli davo un significato… aiuto… quando parlo delle cose che scrivo io mi metto in imbarazzo… Quando l’ho scritto, gli ho dato un significato piuttosto personale, però è un episodio, un "cambiamento" che mi ha segnato profondamente, tanto per usare lo stesso termine del racconto. Non è che l’ho scritto perché tutti vedessero quel particolare significato, ogniuno da il significato che vuole, però il significato che gli attribuisco è mio personale, che inqualche modo mi è accaduto e mi ha cambiato.
Damiana, grazie per il tempo che ci hai concesso e speriamo di vedere in fututo qualche altro tuo racconto sulle pagine di KULT.

Thomas Serafini

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