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Concorso e precari

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Concorso e precari

Mentre tutti tuonavano (giustamente, s’intende) contro la proposta di elargire fondi statali alle scuole private, è passata sottobanco una "leggina" che assegna la metà dei posti messi in palio dal prossimo concorso per l’insegnamento ai precari della scuola.
L’ultimo concorso risale a svariati anni fa, ed era attesa con ansia una nuova prova che permettesse perlomeno di entrare in graduatoria; ma lo spazio assegnato ai neolaureati, o a coloro che tenevano la laurea nel cassetto, si è ora di molto assottigliato, visto che un’intera categoria potrà accedere all’insegnamento senza passare per le "forche caudine" del concorso.
Ora, io non ho nulla contro i cosiddetti "precari", che vivacchiano nella scuola spesso sottopagati, correndo da una supplenza a un’altra senza avere mai certezze di un posto fisso; sbagliano coloro che li considerano meno capaci di altri; ma non riesco a capire, visto che ne hanno tutte le capacità, perché non possano anche loro sostenere un esame, in teoria previsto per tutti coloro che vogliono essere abilitati alla professione.
Entrare nella scuola senza aver partecipato ad un concorso è una condizione anomala, oggi difficilmente possibile; la legge ha sancito una situazione "di fatto" che trova la sua ragion d’essere solo nella lentezza e nella disorganizzazione della nostra amministrazione, ma non è giustificabile sul piano del diritto.
Purtroppo, da sempre in Italia, patria del consociativismo più bieco, c’è l’abitudine di legiferare "per categorie" e non per l’universalità dei cittadini: ed ecco le classi speciali, le deroghe, i privilegi acquisiti…Tutto a danno di chi? Ovviamente, nostro: dei giovani in cerca del primo lavoro, i cui diritti passano in secondo piano rispetto a quelli di un’infinità di gruppi sociali tutelati, sia per motivi condivisibili, sia per motivi nascosti di lobby politiche e appoggi elettorali.
Ci sono, certo, un’infinità di ragioni con cui giustificare l’ammissione all’insegnamento senza concorso: ma si tratta sempre di una scelta legislativa che privilegia una categoria, e non si basa su un principio generalmente valido. A questo tipo di leggi, a questa mentalità assistenzialistica, sarebbe ora di dire basta.

Lorenza Ceriati

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