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Morte

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Morte
(da 31/12/1989)

Torna indietro al 1987, rasati i capelli, pensa a come sarebbe andato meglio se le cose fossero andate diversamente, piangi sul latte versato, ricordi com’era il suo volto?, fai girare la grande ruota, fai dei sogni sul tuo basso, guarda quel video che ti piace tanto, quello dove tutti sono vestiti di nero, giù, giù fino al 1984, e indietro, fino al 1976.

Spegni la luce, di notte, al buio, pensa alla morte, pensa a tutti quelli che prima di te pensavano di essere eterni e adesso non ci sono più. Ricordi com’era il suo volto? Non riesco mai a ricordare il volto delle ragazze con cui sto, mai. Mi ricordo le facce degli estranei, ma quello delle persone che ho amato no. E non ti chiedi mai perché hai acquisito un certo gusto, come mai preferisci un film piuttosto che un altro, cosa ha fatto sì che compissi delle scelte del tutto inconsce? Nel 1989 ho conosciuto una ragazza. Ilaria mi pare che si chiamasse, adesso mi piacerebbe sapere che cosa sta facendo, se si è laureata, o sposata, se veste ancora come allora, vorrei ricordarmi il suo viso.

Morte. E’ facile scriverlo, un po’ meno immaginarlo. E’ come quando te ne stai sdraiato al buio e dici: "vorrei poter dire tutte le cose che non ho detto, vorrei spiegare a parole quello che sento." E quando è estate pensi all’inverno, ad andartene in giro con il gelo nelle ossa, col vecchio cappotto nero e i Doc Martens. E d’inverno pensi al calore dell’estate, vorresti il sole, lo guardi attraverso i vetri delle case riscaldate, ma non è la stessa cosa. E ti innamori della prima che passa, una con cui hai scambiato due parole o hai fatto un minuscolo pezzo di strada insieme. C’è la neve, ogni tanto, a volte piove, spesso c’è un vento spaventoso.

Come quando senti una vecchia canzone, un po’ a tradimento, tu non te l’aspettavi ma la radio ti fa una sorpresa, e inizi a ripensare: "quell’anno lì ho fatto questo e quello, le vacanze le ho passate quasi tutte in città, per fortuna c’era Eleonora, se no non avrei visto anima viva a parte i miei genitori per tre mesi. A lei questa canzone piaceva, mi sembra, o era quell’altra, come faceva…. Ah, sì: na na na na, life in a northern town." E senti di nuovo lo stesso rimorso, come se avessi potuto dirle qualcosa di più, e non farla scivolare semplicemente via. La stessa sensazione di quando pensi a quelli che ami, e ti rendi conto di non aver fatto nulla per farglielo capire. Ogni giorno ti lasci scappare l’occasione, scambi le stesse quattro banali frasi, pensando che ci sarà un momento migliore per stare insieme davvero, e poi quando quel momento viene, non te ne accorgi neppure. Come fare un lavoro che ti fa schifo, solo perché devi campare, e sprecare tutta la tua vita così, e prima che te ne accorga è già finita.

La fiera delle occasioni perdute, dei volti che non ricordi, delle cose che avresti voluto dire e delle speranze di cui ti sei dimenticato, di quelli a cui stavi simpatico e adesso ti odiano, di quando hai detto: "posso farcela" e sei ancora lì adesso a chiederti cosa è andato storto, delle canzoni che ti fanno ricordare il passato come se fosse migliore, di tutti i ricordi dimenticati, di quell’estate con i tuoi al mare, avevi quattordici anni, di tutte le volte che sei stato frainteso, di quelle volte che ti hanno capito sin troppo bene, delle telefonate attese troppo a lungo, di quelle volte che sarebbe bastato un minuto prima o un minuto dopo, dei lampi, delle suggestioni. E’ questa, la morte. La chiamano anche rimorso.

Hogami Kendo

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