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Il campione

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Il campione

Un albergo cinque stelle non spegne mai l’insegna luminosa, anche se sono le tre del mattino e le strade sono ormai deserte. Il campione esce dal salone d’ingresso e si ferma sotto l’insegna. Non porta i soliti abiti, solo jeans e camicia di cotone. Dovrebbe dormire, come i suoi colleghi. Certo, sono tranquilli, hanno fatto il loro dovere mentre lui ha tradito tutti. Doveva dimostrare la sua capacità di autocontrollo, ed invece ha sbagliato. L’errore più grande di tutta la sua carriera. Il campione estrae dalla tasca della camicia un pacchetto di sigarette. Oramai che male può fare una sigaretta?
Non se la sente di tornare nella camera e tentare di ignorare tutto dormendo.
Parigi è bellissima d’estate. Particolarmente a notte fonda, quando tutto è deserto e silenzioso.
Queste erano le parole della moglie del campione. Non era voluta venire a Parigi con lui. "Preferisco aspettarti a casa. Non vorrei che il bambino soffrisse". Sicuramente era delusa, davanti al televisore con il pancione di otto mesi. Oppure lo aspettava per consolarlo, come aveva detto al telefono mentre lui piangendo le chiedeva scusa per essere un fallito. In ogni modo, non è per nulla vero che Parigi di notte è deserta, tante persone girovagano senza meta come il campione. Per fortuna nessuno lo riconosce e gli chiede autografi. Chi può riconoscerlo? Solo i vincitori hanno diritto alla gloria. Lui è un campione perdente.
I monumenti di Parigi sono illuminati proprio come nelle cartoline. "Hai trentacinque anni, non ci saranno più occasioni come questa" erano le parole che aveva detto allo specchio prima di cominciare la partita. Adesso è veramente finita. La preparazione ed i sacrifici di venti anni; tutto in fumo in soli dieci secondi. "Non è colpa tua solamente, abbiamo tutti giocato male" dissero i compagni, ma l’occasione l’aveva fallita lui. Solamente appunto.
Il campione continua a camminare, sembra senza meta ma i suoi piedi ancora doloranti sanno dove portarlo.
Il Parco dei Principi. Lo stadio della finale dei campionati di calcio mondiali.
Tutto è chiuso, solo qualche luce. Gli ultimi giornalisti e fotografi ritardatari. Fra poco sarà il turno delle squadre di pulizia.
Il campione deve sapere.
Solleva la rete di recinzione ed entra ancora una volta. L’ultima. Lo stadio è ancora più enorme quando è vuoto. Sembra rimbombare di nuovo con le grida disperate dei suoi tifosi. Il campione cammina sull’erba fino al centro del campo. La nebbia sta calando di nuovo. Dal disco di rigore la porta sembra immensa. Impossibile non centrarla. Eppure lui, il campione, il killer della massima punizione ha fallito. Appoggia la mano sudata e tremante sul palo destro. Vibra ancora. Quando ti insegnano a tirare i rigori, nessuno ti parla dei pali, sono invisibili, esistono solo se sono colpiti. Qualcuno afferma addirittura che un rigore calciato su un palo è un rigore perfetto ma lo scopo è centrare la rete altrimenti è solo un fallimento perfetto.
Il campione toglie la mano dal palo e la infila nella tasca dei jeans. Il cordino sottile ma resistente scorre tra le dita e in un attimo è legato a cappio alla traversa. La carriera del campione finisce qui. Il trofeo più importante è fuggito. Come la vita.
Victor non capisce niente di calcio. L’unica cosa che sa fare sono le pulizie, anzi per i suoi colleghi Victor è un campione del pulito. Peccato per la levataccia. Alzarsi all’alba per pulire lo stadio più grande di Francia non è proprio il massimo. Per fortuna oggi è una bellissima e calda giornata di luglio. Comincia a spazzare dall’alto della tribuna vip. La settimana scorsa mentre ramazzava ha trovato un biglietto da venti franchi, chissà se oggi sarà più fortunato visto che ieri sera c’è stata la finalissima? Un bagliore improvviso gli fa alzare la testa. Sembra che venga dalla traversa della porta alla sua destra. Victor è sicuro, c’è qualcosa che riflette il sole. Si guarda attorno per vedere se qualcuno l’osserva ma i suoi colleghi della squadra B di pulizia sono tutti occupati dal lavoro in sincronia. Scende rapido le scale e percorre la pista di atletica fino agli spogliatoi, poi devia verso la porta. Ora il riflesso è più vicino, ma ancora non riesce a distinguere l’oggetto.
Solo quando arriva sotto la traversa comprende. Con la mano destra afferra il coltello dentro la tasca davanti della salopette poi con la sinistra tende il cordino rosso e sottile e con un solo fendente lo taglia di netto. Il disco d’argento, lucido come uno specchio rotola ai suoi piedi. Victor non capisce niente di calcio ma sa riconoscere una medaglia. La medaglia d’argento per il secondo posto ai mondiali di calcio. Si guarda ancora attorno. Nessuno lo osserva. La medaglia scivola nella tasca insieme al coltello. Chissà che faccia farà suo figlio. Oggi è una giornata promettente. Victor torna alla sua scopa, forse sarà così fortunato da trovare addirittura un portafogli pieno.

Matteo Pavoni

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