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POLA X

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Pola X

Erano sette anni che Leos Carax non si faceva sentire, e sceglie proprio la vigilia di fine millennio per darci la sua visione senza speranza del mondo che ci circonda. Insieme a Beineix e Besson, rappresentò a metà degli anni 80 il vento nuovo del cinema francese. Mauvais Sang (Rosso Sangue) e Les Amants du Pont Neuf (Gli amanti del Pont Neuf) sono i suoi film più rappresentativi, con i quali ebbe il merito di lanciare la sua compagna di allora, la migliore attrice francese degli ultimi anni, Juliette Binoche1. Carax (suo vero nome Alex Dupont) riparte là dove si era fermato, riproponendo personaggi maledetti e storie disperate, confermando la sua fama di regista difficile che non accetta compromessi, ruolo che piacque molto alla stampa francese nei suoi precedenti film, che lo considerò erede diretto di quella nouvelle vague che faceva capo a Godard.
In questo "Pola X" presentato in concorso a Cannes quest’anno nella sezione ufficiale, utilizza il volto nuovo di Guillaume Depardieu, figlio del mostro sacro Gerard Depardieu, per portarci negli abissi di una storia distruttiva e senza ritorno. Guillaume è Pierre, un giovane scrittore in ascesa, fenomeno letterario dell’anno con 200.000 copie del suo primo libro vendute, la cui identità artistica si cela sotto uno pseudonimo. Vive con la sorella Marie (Catherine Deneuve2) in un castello da favola in Normandia, ereditato dal padre defunto, famoso diplomatico francese, e si sta per sposare con Lucie, una splendida ragazza che lo ama pazzamente. Finché un giorno, gli appare una ragazza, Isabelle, una barbona che si aggira attorno alla sua vita e lo spia. La ragazza, incalzata da Pierre, gli rivela che lei è figlia di suo padre, nata durante un’avventura in un paese dell’est, e venuta a vivere nella sua casa, da bambina, quando lui era ancora neonato. Cacciata però dalla moglie del diplomatico, è costretta a vivere nella miseria con alcuni parenti in una povera regione dell’est, fino a quando la guerra stermina l’intero villaggio e lei fugge in Francia.
Da qui la svolta del film; Pierre che non si ricorda di lei, e non ha nessuna prova di quello che gli dice, crede alla sua nuova misteriosa sorella, e abbandonando tutto e tutti, si trasferisce a Parigi, vivendo con lei un amore travolgente e disperato ai margini della società.
Rinnegando la sua vecchia esistenza, considerata un’immensa menzogna, sarà per lui nuovo scopo nella vita la ricerca della verità, che lo porterà alla distruzione, e con lui tutti quelli che gli stanno attorno.
Questo film ricalca in pieno lo stile e le idee del regista. Il grande spazio temporale che lo separa da "Les Amants du Pont Neuf" non gli hanno fatto cambiare rotta, e Carax mantiene una coerenza di situazioni e immagini.
Il film però non riesce ad essere efficace come le sue precedenti opere:
Guillaume è bravo, ma non ha la faccia e il corpo di Denis Lavant, l’attore feticcio di Carax, colui che ha interpretato tutti i suoi film, la personificazione della vita di strada, e naturalmente non c’è Juliette Binoche a illuminare la scena, la sua musa ispiratrice. La storia ha accenti eccessivamente drammatici, e risulta essere pesante. Inoltre, alcuni punti del film sono oscuri, e il regista non chiarisce alcune situazioni. La pellicola era stata presentata a Cannes con grande risonanza, e la stampa francese aveva a inizio Festival ipotizzato grandi riconoscimenti, eccessivi, e chiunque ha visionato o visionerà la pellicola se ne renderà conto, nonostante poi come sia andata a finire con i premi sulla Croisette.
Comunque, se siete dei fans o più semplicemente apprezzate il cinema di Carax, potete andare a vedere questo film; se volete invece passare uno spensierato pomeriggio al cinema, godendovi una pellicola tranquilla, vi consiglio di lasciar perdere , ed investire il vostro denaro su qualcosa d’altro …… possibilmente sempre al cinema.

P.S. Nota al film di Carax, e più in generale ai film francesi dell’ultima generazione.
Sembra che ci sia una tendenza nei film francesi dell’ultimo periodo, di creare interesse attorno alla pellicola inserendo scene di sesso spinto anche quando non sussiste una reale esigenza di copione.
È il caso di questo film di Carax, ma anche, ad esempio, de "La Vie de Jesus", di Bruno Dumont (peraltro ottima pellicola), che sembra ci abbia riprovato con "L’Humanité", la sua ultima opera, pluripremiata al recente Festival di Cannes.
Assodato che, ormai ognuno di noi non si scandalizzi più a vedere scene di sesso spinto, e che bene o male, quasi tutti abbiano un passato giovanile militante di film pornografici, (questo per chiarire che la mia posizione non e dettata da bigottismo), ho il sospetto che questo tipo di operazioni siano puramente commerciali.
Provocare la critica con questi espedienti, per far parlare del film, non serve a valorizzare il prodotto. Trovo che a volte siano inutili e superflui. Ora, sottolineare la presenza di queste scene come se fossero ispirate da un colpo di genio artistico, o dettate da un rinnovato neorealismo cinematografico, mi sembra piuttosto ridicolo, soprattutto se non servono alla storia od ad un’idea di provocazione legata ad essa.
Ho trovato assurdo pochi mesi fa la censura effettuata sul film "Idioti" di Von Trier, quando in Italia la pellicola uscì senza una scena che ritraeva un’orgia con esplicita visione di organi sessuali e penetrazioni. Questo perché, a mio parere, era accettabile questa provocazione in un film già volutamente provocatorio nei temi e nei contenuti, e serviva semmai ad esaltarla. Quando fu presentato lo scorso anno a Cannes, la critica francese si scagliò furibonda contro Von Trier, accusato di puntare più sul clamore che sulle idee cinematografiche.
Io penso che un regista possa tranquillamente inserire qualsiasi tipo di immagine all’interno di una propria opera, purché non punti esclusivamente su di esse per creare discussioni; le idee, quelle buone, non hanno bisogno di troppe parole, e il buon film non ha bisogno di certe risorse. Sperando che sia sempre così. E non sarebbe davvero poco.

Andrea Leonardi


1
E ti pareva che Leo non parlasse della cara Juliette…

2
Della quale si vede una tetta (nota per i guardoni attempati)

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