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BENARESYAMA (I)

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BENARESYAMA

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PREFAZIONE



In principio creammo il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre coprivano l’abisso e il nostro spirito aleggiava sulle acque. Dicemmo : " Sia la luce ! " E la luce fu. Vedemmo che la luce era cosa buona e separammo le luce dalle tenebre , e fu sera e mattina : primo giorno.
Dicemmo :" Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque ". Creammo il firmamento e lo chiamammo cielo, e fu sera e mattina : secondo giorno.
Dicemmo :" Le acque che son sotto il cielo , si raccolgano in un luogo e appaia l’asciutto". E così avvenne. Chiamammo l’asciutto terra e la massa delle acque mare e dicemmo : " La terra produca germogli, erbe che producano seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie " E così avvenne :terzo giorno.
Dicemmo :" Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte : servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra" E così avvenne, facemmo la luce maggiore per regolare il giorno , e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. E vedemmo che era cosa buona : quarto giorno.
Dicemmo :" Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo " Vedemmo che era cosa buona e li benedicemmo : quinto giorno.
Dicemmo :" La terra produca esseri viventi secondo la loro specie :bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie " . E vedemmo che era cosa buona. Poi dicemmo :" Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche" Creammo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, lo benedicemmo : sesto giorno.
Così portammo a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora nel settimo giorno portammo a termine il lavoro che avevamo fatto e cessammo da ogni nostro lavoro. Benedicemmo il settimo giorno e lo consacrammo , perché in esso avevamo cessato da ogni lavoro che noi creando avevamo fatto.
Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i nostri figli videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora dicemmo :" Il mio potere non resterà sempre nell’uomo, poiché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni".
Ma in seguito vedemmo che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E ci pentimmo di aver fatto l’uomo sulla terra e ce ne addolorammo in cuor nostro. Dicemmo :" Stermineremo dalla terra l’uomo che ho creato : con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, poichè siamo pentiti d’averli fatti ". Ma Noè trovò grazia ai nostri occhi. Questa è la storia dei tre doni di Noè.
Noè era uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con noi. A Noè donammo tre Angeli , Sem , Cam, Iafet, e infine un Bresakr, poiché adempisse , anche dopo la sua morte, il sacro patto stipulato sul monte Ararat,sacro a noi e custode del patto.


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CAPITOLO I

" Venite, venite a vedere ! ! ". Le urla dell’uomo giungevano dalle profondità di una grotta nascosta da millenni alla misera presenza umana, grotta custode di terribili segreti che l’umanità stolta ora agognava.
" Finalmente ci siamo " sentenziò un uomo in un lungo camice bianco, recante sulla spalla la scritta Arcam ; davanti a lui si aprivano le porte di un’immensa costruzione apparentemente in legno, dalla forma di una grossa barca, dalle analisi di milioni di anni fa.
" Dottore, i suoi studi di una vita sono finalmente stati ricompensati " parlò solenne una giovane donna, anch’essa con lo stesso camice. I due si trovarono circondati da alcuni operai che insistevano su come un determinato campo magnetico era riuscito a sbloccare chissà quale meccanismo di apertura : erano mesi , infatti, che cercavano di aprire quel dannato portale, ma con scarsi risultati ; erano persino arrivati a profanare la struttura stessa del manufatto con i loro miseri mezzi meccanici, ma quello che appariva legno non aveva dato il ben che minimo segno di cedimento.
" Entriamo, Noè ci attende " rispose il dottore alla giovane donna, rapito da un’estasi agognata lungo gli anni.
Entrarono. Lo spazio attorno a loro era inghiottito dalla più inumana oscurità, quasi inutilmente dilaniata dai fari di quei pochi che stavano osando mettere piede nella sacra Arca, e sembrava prolungarsi per chilometri. Il gruppo, composto dal dottore, assistente, e una manciata di tecnici fidati , iniziò un lungo cammino. Mentre gli occhi iniziavano ad abituarsi a quella surreale oscurità, ciò che li circondava prese lentamente a farsi più chiaro : animali di tutte le specie sembravano essere sopiti in un sonno millenario ai lati della costruzione, lasciando al centro dell’Arca uno spazio per il passaggio. Più il gruppo avanzava, più le creature ai lati iniziavano ad assumere sembianze spaventose : demoni, incroci animali orripilanti, chimere, parti della folle fantasia di un creatore malvagio, stavano accucciati silenti, avvolti dall’oblio in cui l’Arca li aveva relegati .
E finalmente luce fu : prima un debole spiraglio, poi sempre più forte , fino a che il gruppo non arrivò in una sala quadrata di pochi metri di diametro. Davanti a loro si stagliava Iafet, il terzo Angelo.
" Ma è assurdo, le scritture parlano di tre Angeli ! " il professore iniziava a tremare pensando alla fine che potevano aver fatto gli altri Angeli, mentre i tecnici si domandavano che cosa fosse quello strano scheletro poco più grande di loro che il dottore si ostinava a chiamare Angelo.

" Bene dottor Blake, la sua missione è stata un successo, anche se è stato trovato solo un Angelo" iniziò un uomo in giacca e cravatta dietro un’ampia scrivania : dietro di lui una vetrata immensa mostrava il profilo della città, un immenso agglomerato di cemento e acciaio inghiottito da un cielo violaceo .
" Ha ragione, le scritture parlavano di tre unità ; ma, indubbiamente possiamo ritenerci più che soddisfatti dell’esito complessivo dello scavo. Ora non ci resta che iniziare la sperimentazione : dal punto di vista bellico penso che quello che scopriremo sarà al di sopra di ogni nostro più recondito sogno " rispose il dottore , fumando ansiosamente una sigaretta, che spandeva il suo fumo in rapidi vortici lussuriosi fino al soffitto " Inoltre, il soggetto su cui impianteremo l’unità è stato attentamente selezionato " e porse all’uomo in giacca e cravatta un fascicolo.
" Si tratta del tenente Ominae della squadra speciale Astragon ," continuò il dottore " esperto in tattiche e armamenti, uno dei più forti fra i non convertiti ".
" Capisco ", riprese l’uomo in giacca e cravatta " Se non ci sono ulteriori informazioni di cui dovrei essere a conoscenza, inizi pure l’impianto dell’unità nel tenente "
Il dottore annuì, e silenziosamente si diresse verso la sala operatoria.


La città , quella notte, sembrava essere inghiottita da un’oscurità ancora più desolante del solito, per colpa forse di una copiosa nevicata che stava invadendo le strade dell’agglomerato. Ad un certo punto la Neve iniziò ad essere incuriosita da uno strano essere che osservava la città dalla vetta di un altissimo palazzo : la sua figura si stagliava nera nell’oscurità, alta, imponente, avvolta in un lungo mantello nero ; sorrideva. Che fosse un Fantasma ?
La Neve si avvicinò, sempre più incuriosita, ignorando le strane luci rosse intermittenti e quel fastidioso rumore che circondavano la figura :no, lui non era come quei passanti che si divertiva a colorare di rosso sul naso nelle freddi notti d’inverno, lui aveva un qualcosa di maestoso, che non apparteneva a questo mondo. Ma intrusi si immischiarono nel suo gioco segreto. Vide il sorriso scomparire dalla faccia del Fantasma : un rapido ed elegante movimento della figura e vide gli intrusi cadere per terra, mentre lei si vestiva di rosso e il Fantasma tornava a sorridere e a guardare verso la città : il suo sguardo si perdeva nella notte, forse nello spazio stesso che componeva la città.
Pochi secondi dopo la esso si unì alla Neve : che gioia immensa per la Neve stessa, fluttuare nell’aria circondando il corpo del suo nuovo amante, mentre quest’ultimo si dirigeva sempre più velocemente verso il terreno ridendo.
-… e per un secondo ho perso la testa, e per un secondo desiderai essere morto…- pensava il Fantasma, mentre la Neve lo riempiva di attenzioni. Ma il cemento è malvagio, il cemento divora tutti senza pietà, e questo la Neve lo sapeva benissimo, ma non le importava.
E il cemento divorò entrambi, e mentre il Fantasma si rialzava , la Neve, morente sull’asfalto, non poté fare a meno di chiedersi chi fosse quel suo ingrato amante




Federico Mori

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