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Lasciarsi

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Lasciarsi


Riverbero discontinuo stretto nella plastica verde s’intelaia nella finestra. Suoni compressi contro la parete verde che ruota intorno allo specchio. Bottiglie di birra vuote navigano sul pavimento, si scompongono in frammenti e polvere. Voci distanti appena percepibili di uomini e donne che abitano strade sabbiose. Muovono le braccia per articolare suoni, misurano col corpo la distanza che sta tra loro e il deserto. Nelle ore più calde ridono, sbavano dalla bocca un liquore dolciastro che io cerco di raccogliere e bere prima che fuggano. Quindi apro gli occhi e sono nella stanza e la plastica è vetro smerigliato di schegge e ghisa e tutto
si potrebbe piegare sotto il peso dei miei passi. Le ore si accavallano e io cerco di fotterle e godere del loro culo ma loro si accavallano e sono altissime e io cerco di fotterle, godere fin quando non fuggono. Allora una luce fitta ricopre il mio corpo e io accatasto numeri. Gli occhi sono gelidi e li tengo tra le mani perché non cadano. Sul tavolo ocra accostato alla parete è posta una tazza di ceramica bianca con sopra disegnato un fiore. Mi avvicino al tavolo; ho tra le mani la tazza. Vi ho posto gli occhi, dentro la tazza. E gettarla contro la parete stinta di giallo. Mille diverse angolazioni tagliano la tazza e ne lasciano cadere in terra
altrettanti contorni. Mi piego sulle gambe e ricompongo con le mani l’oggetto impiegando un tempo che è tremilatrecento movimenti delle dita.
Nel buio. E non vedere il tuo respiro tenue, la tua carne smossa dalla ritmicità del tuo odore e che riverbera, arsa di luce.


Christian Del Monte

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