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Venezia 2001: La settimana di un ”culturale”

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Venezia 2001: La settimana di un "culturale"

Due grandi novità nel mio Festival di quest’anno: decido di farmi quasi tutto il periodo (ma non abbastanza: nei primi due giorni hanno proiettato "Monsoon Wedding", il film vincitore), e per la prima volta pago l’alloggio in albergo (dopo due anni di ospitalità, forse sarebbe ora…).
Arrivo sabato 1° settembre, giusto in tempo per il film di Woody Allen, e per capire che quest’anno un accreditato culturale non avrà vita facile. Oltre a rinunciare al film del regista newyorkese (in verità senza grandi rimpianti) visto il clima antiglobal con relativo intervento della polizia verificatosi all’entrata della sala (troppo pubblico), nella prima giornata sono costretto, sempre per motivi di capienza a saltare un altro paio di proiezioni. Dall’inizio della gestione
Barbera due anni or sono, coincisa con la mia iniziazione al Festival, non mi era mai successo di non riuscire ad entrare ad una proiezione. Spiegazione: quest’anno è stato privilegiato il pubblico pagante al botteghino, in grado finalmente e giustamente di poter accedere anche ai film pomeridiani e di seguire in toto l’intera manifestazione, a scapito comunque degli accrediti culturali (quest’anno misteriosamente rinominati accrediti cinema, e forse per questo di minor valore), non più privilegiati da visioni esclusive, ma costretti a dividere le sale anche con tutti gli altri accrediti, e naturalmente ultimo gradino dell’ordine di entrata, nonché esiliati, dopo i primi scontri, in entrate posteriori. Fortunatamente la situazione si è naturalmente normalizzata dopo il weekend per le minori presenze e per essermi calato anche nel doppio ruolo di accreditato e pubblico.
L’esperienza settimanale al Festival è consigliabile almeno una volta nella vita.
Si possono capire i propri limiti di sopportazione alle proiezioni, scoprire quali sono i film dove ci si può riposare (rimanendo sempre accorti per non russare), quali sono i film da evitare per non rovinarsi la giornata, le ore e le sale migliori per una determinata proiezione, il film giusto o la passerella importante dove portare una ragazza che non è mai stata al Festival (… e le piacerà, e vorrà ritornarci facendovi guadagnare preziosi punti sulla sua scala valori).
Non considerando che dopo qualche giorno e parecchie proiezioni comuni ci si riconosce a vista, e non solo, si apprendono anche i caratteri e le abitudini di coloro con cui condividiamo le file di attesa ai film, ci sono delle caratteristiche inequivocabili che consentono di individuare un accreditato di lunga "degenza" :
a)
La maggior parte appartiene alle scuole di cinema2. Sono tutti futuri registi, sceneggiatori, tecnici dei suoni e delle luci, oppure direttori della fotografia che ho scoperto proprio quest’anno essere la figura più "mitica" ed adorata dalle studentesse delle scuole di cinema, e più temuta dagli uomini di cinema. Hanno la stessa fama che circonda i batteristi in ambito musicale, quello di non sbagliare mai un colpo.
b)
Assistono ad ogni genere di film e proiezioni, a volte per amore del cinema, o a volte per puro spirito competitivo. Ogni giorno può essere quello giusto per stabilire record nelle due categorie ufficiali di competizione: resistenza in termini di ore, e quantità di film.
c)
Dopo qualche giorno cominciano a ragionare in termini esclusivamente cinematografici. Esempio di quest’anno, leggendo sul giornale della crisi israeliana-palestinese al nome di Sharon comparso in un titolo qualcuno si è chiesto cosa centrasse Sharon Stone con il Medio Oriente.
d)
Dopo pochi giorni non si scambiano più commenti sui film, ma si ricostruiscono le trame cercando di individuare la persona che non ha dormito fra due parti di una pellicola, offrendo in cambio la prima mezz’ora o l’ultima, secondo le quantità di sonno placate.
e)
Solitamente gli accreditati, specialmente i "culturali" (tendenza forse degli ultimi anni, ma da me sempre verificata) applaudono tutte le proiezioni, anche le opere discutibili (soprattutto poi dei Maestri o ritenuti tale) e fischiano tutti i film italiani, indistintamente.
f)
Solitamente gli accreditati, specialmente i "culturali" si lamentano sempre: i film selezionati sono orrendi, Barbera non capisce niente, i posti sono pochi, ci sono troppe file, la sigla di inizio è ripugnante, troppe star, poche star, c’è caldo, c’è freddo …..
Quest’anno hanno trovato sfogo con "Ridateci I Soldi", un’iniziativa di Gianni Ippoliti (ma Ippoliti cosa fa nella vita?) che premiava la migliore recensione cinematografica di uno spettatore. È diventata un’occasione per dare una propria visione dei film e del festival. Nella Top Ten dei film massacrati, oltre a tutti i film italiani, Dust (il western di Milcho Manchevski) ha fatto la parte del leone, ma nemmeno Spielberg, Herzog e Carpenter sono stati risparmiati.
Rimanendo tutta la settimana, c’è stata anche l’occasione di vedere la chiusura del Festival.
La Cerimonia di chiusura è esclusivamente ad inviti (gente più o meno nota del mondo dello spettacolo, ma anche della politica), ed il massimo lo può ottenere un accreditato stampa assistendo alla proiezione della serata di premiazione in una delle sale del Festival. Per i pochi stoici culturali rimasti fino alla fine, l’appuntamento è stato di fronte all’ingresso del Casinò, in piazza a guardare i piccoli schermi di Tele Più, con relativo tifo da curva all’assegnazione dei Premi e le varie fazioni a squadrarsi pericolosamente. Fra le note migliori delle premiazioni, da segnalare la simpatia del regista sloveno Jan Cvitkovic, presentatosi sul palco in maniera molto informale, sfoggiando una fantastica t-shirt verde capeggiata da un’enorme falce e martello rossa, e ringraziando prima di tutti la Nazionale Slovena di calcio per i risultati soddisfacenti raggiunti, con grande tripudio della folla all’esterno. Tutto il Circo finisce in Sala Grande ad assistere al film di chiusura (nello specifico quest’anno "From Hell" con Johnny Depp) naturalmente riservata agli ospiti della premiazione (a titolo informativo, qualche "culturale" è riuscito ad entrare, visto che probabilmente molti ospiti se n’erano già andati). C’è il tempo, nell’attesa della passerella conclusiva, di vedere anche la penosa esibizione davanti ai fotografi assiepati all’esterno, di qualcuno (fortunatamente pochi) uscito dalla sala per farsi "adorare dai fan" (Alba Parietti la prima).
Ultima nota di colore, la stupenda Marta Marzotto, inspiegabilmente in coda alla passerella di Johnny Depp, sbracciarsi e salutare la gente come se fosse lei la vera protagonista dell’evento.
E con questo è finita la mia settimana al Festival, portandomi dentro la sensazione di non aver assistito ad un evento cinematografico, ma essere in realtà fra i protagonisti inconsapevoli di un’enorme pellicola con uno straordinario cast, durata una settimana. E con in testa un pensiero che in una recensione di "Ridateci i Soldi" qualcuno aveva così ben sintetizzato: "Il prossimo anno tour delle sagre agro-gastronomiche. C’è più neorealismo e meno tristezza".
Consapevoli, comunque, di ritrovarci fra un anno ancora al Lido.

Andrea Leonardi


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Soprattutto "CinemAvvenire", una sorta di setta cinefila.

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