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La bellezza è negli occhi di chi guarda

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La bellezza è negli occhi di chi guarda
(quinto classificato)

Era notte quando Angelus sentì bussare alla porta della sua villa, ai margini della foresta. Quando aprì Antoine, uno dei contadini a cui a volte assegnava commissioni, entrò buttandosi ai suoi piedi.
– La prego, la prego – disse piangendo e agitando le mani giunte – Farò qualunque cosa per lei se aiuta mia moglie.
Angelus guardò l’uomo senza capire e, perplesso, lo fece alzare.
– Si calmi. – disse, accompagnandolo in cucina e invitandolo a sedersi vicino al camino – E mi spieghi come posso aiutarla.

Antoine sembrava disperato, e non smise completamente di piangere neppure durante il racconto.
Quando l’altro ebbe concluso Angelus disse – Capisco, ma perché chiede a me di curare sua moglie, e non va all’ospedale di Boudville?
– Sono già stato a Boudville. E anche a Parigi. E tutti hanno detto la stessa cosa: per la mia Claire, non c’è cura. E non le rimangono che pochi giorni di vita.
Angelus scosse il capo e si alzò. Fece pochi passi per ravvivare il fuoco con un altro pezzo di legno, e poi, girandosi, chiese:
– E perché lei pensa che io possa aiutare Claire, se nemmeno a Parigi hanno saputo farlo?
L’uomo chinò lo sguardo, e smise di tremare.
– Perché – rispose l’uomo tenendo il capo chino – io so chi è lei. E so perché si è ritirato in questa casa lontano dalla civiltà.

I Froutìer arrivarono su un carro la mattina seguente verso le sette. Antoine sorreggeva la moglie che faticava a respirare, e teneva per mano una bambina dai capelli corvini.
– Julius! – chiamò ad alta voce Angelus, facendoli accomodare nel salotto vicino all’ingresso.
Una porta si aprì in fondo al corridoio, e dopo qualche secondo Julius si affacciò titubante, rimanendo chino e non osando guardare gli estranei.
– Padre? – chiese con voce sottile.
– Julius, vieni pure avanti! Ti devo presentare degli ospiti.
Julius avanzò ancora, e con il suo incedere curvo sembrava che fuggisse la luce.
La piccola Marie sussultò quando lo vide, e corse a stringersi alla madre.
Angelus accarezzò il capo spettinato di Julius quando gli passò accanto e disse: – vi presento mio figlio. Julius, ecco Claire, Marie e Antoine. Claire starà con noi qualche giorno perché ha bisogno di aiuto. La aiuteremo, vero Julius?
Julius alzò appena lo sguardo, scorse le occhiate terrorizzate dei tre che lo fissavano, e non rispose.
– Julius è un po’ timido con chi non conosce, ma è un ottimo assistente. – disse Angelus scarmigliandogli appena i folti capelli crespi.
– E ora, da bravo, porta le valigie della signora al piano di sopra e dai aria alla stanza degli ospiti. Poi prepara la sala grande. Nel primo pomeriggio la operiamo.
– Certo, padre – rispose sommessamente. Poi si avvicinò alle valige e le prese tutte in mano senza sforzo.
– Con permesso – disse, cercando lo sguardo di Marie, prima di allontanarsi velocemente verso le scale senza più voltarsi.
Antoine sembrava pietrificato e riuscì solo a sussurrare una domanda: – Cos’è?
Il volto di Angelus si rabbuiò e le sue mani si strinsero a pugno. – Come, cos’è? E’ MIO figlio, vi ho detto. Mio, e della mia defunta Carla, che riposi in pace.
Antoine chinò il capo di lato e rimase in silenzio, stringendo con forza il braccio di Claire e quello minuto ed esile di Marie.
– Ma – continuò Angelus con una ritrovata calma – capisco la vostra reazione.
Poi, rivolto verso le grandi vetrate ad est, continuò con un tono più basso – Sapete, anche Julius sarebbe morto durante il parto insieme alla madre, se allora non fossi intervenuto… ma i miei studi a quel tempo non erano abbastanza approfonditi.

– Bisturi – chiese Angelus, asciugandosi la fronte con la manica del camice.
Julius prese con il terzo braccio il bisturi dal piattino e lo passò al padre. Con due mani intanto teneva fermo il petto di Claire e con l’altra regolava il dispositivo a radiazioni. Angelus fece una piccola incisione e poi avvicinò il cannello più piccolo del macchinario che aveva di fianco. La pelle di Claire sembrò fermentare mentre Julius alzava la potenza.
– Posso? – chiese Julius, eccitato.
Angelus gli sorrise e gli passo lo strumento, lasciando il figlio completare da solo la rimozione della parte di cuore malata.

Antoine e Marie sedevano davanti alla grande scrivania nell’ufficio di Angelus, mentre Julius li osservava da lontano. La bambina si voltava a tratti, turbata da quella presenza, ma non osava dire nulla.
– State tranquilli, è andato tutto benissimo – disse il dottore – siamo intervenuti in tempo.
Il viso di Antoine, terreo fino a quel momento, sembrò riacquistare colore, e Angelus vide l’uomo sorridere per la prima volta da quando tutto era iniziato.
– Ora però Claire necessita di finire il processo di rigenerazione. Il suo organismo è stato "programmato" a ricostruire la parte danneggiata e c’è solo bisogno di tempo. Due settimane, penso, salvo imprevisti. Ma dovrà rimanere qui fino a quando non sarà tutto finito.
– Voi – continuò guardando i due e notando l’ombra di Julius che si muoveva tra le altre del corridoio – potete venirla ad assistere quando volete. Ma preferirei – aggiunse con voce bassa – che non rimaneste a casa mia tutto il tempo. La solitudine è una catena da cui fatico a slegarmi.

– Io sono bello? – chiese Julius una sera, accovacciato ai piedi del padre.
Era passata ormai una settimana dall’operazione e Angelus si era accorto dello stato d’ansia del figlio quando per casa c’era la piccola Froutìer.
– Certo, figlio mio. Bellissimo. – rispose, allontanando appena il libro che stava leggendo. – Perché me lo chiedi?
Julius aspettò un attimo e poi rispose tremante. – Se è così, allora perché Marie dice che sono un mostro?
– Davvero lo dice? – chiese il padre, accarezzandolo.
Poi si chinò su Julius e lo fece alzare. – Figlio mio – iniziò – la bellezza è negli occhi di chi guarda. Non fare caso alla sua diffidenza: la gente ha bisogno di tempo per cogliere quanto di prezioso c’è in ogni persona che incontra.
E poi riprese – E sono sicuro che Marie non pensa quello che ha detto.
Julius lo osservò a lungo con i suoi occhi verdi e vide che lo sguardo del padre era dolce come le sue parole.

Nella notte Julius ripensò a quello che era capitato in quei giorni. L’arrivo dei Froutìer nella casa, l’operazione di Claire, la degenza. Ripensò ad ogni istante in cui aveva osservato di nascosto la piccola Marie che accudiva la madre, e ad ogni occhiata che lei gli aveva rivolto. Ogni occhiata carica di paura, di diffidenza e di ribrezzo. E ripensò alle parole del padre. Marie l’avrebbe mai guardato con quella dolcezza? Alla fine, veramente l’avrebbe apprezzato?
Forse, concesse a se stesso prima di sprofondare in un sonno carico di pensieri. Forse.

Il giorno dopo si nascose in giardino e rimase ad osservarla dalla finestra fino a quando Angelus non lo chiamò perché preparasse la cena. I capelli di lei, così diversi dai suoi, erano più dolci del più dolce dei sogni notturni. Ma il suo sguardo, pieno di luce quando si era posato sulla madre, diventò ghiaccio quando lo vide uscire dal basso cespuglio e dirigersi verso l’ingresso principale.

Marie tentò di gridare quando, la mattina successiva, Julius entrò all’improvviso nella stanza dove Claire ancora dormiva. Ma lui le tappò la bocca con un batuffolo imbevuto di anestetico e dalla stanza si levò solo un sordo mugugno. Poi la sollevò delicatamente e corse nel laboratorio, dove tutto era già pronto.

Il corpo senza vita di Angelus era in un angolo e da quella posizione contorta le orbite vuote si vedevano appena. Julius lo guardò per un lungo istante, incerto, ed esitò prima di stendere Marie sul lettino e di accendere il macchinario che il padre aveva inventato. Aveva fatto qualcosa di sbagliato?
Nel silenzio del laboratorio Julius scosse la testa, e aprì le altre due mani insanguinate per appoggiarne il contenuto sul vassoio d’acciaio. No, si disse, osservando i lineamenti precisi di Marie e la sua pelle bianca e liscia, certo che no.
In fondo, pensava tra sé mentre iniziava ad incidere sopra lo zigomo destro, voleva solo che Marie vedesse la bellezza che c’era in lui, e che lo guardasse con lo stesso identico sguardo d’amore che sempre, prima, aveva avuto suo padre.

Marco Giorgini

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