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La vita che volevo – Lorenzo Licalzi

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Pagg. 205 Euro 18
Rizzoli Editore
 
“Ma è questa la vita che volevi? E’ la domanda che una zingara rivolge allo scrittore dopo avergli domandato l’elemosina e che dà lo spunto a Licalzi per dare vita ad  libro che si compone di dodici racconti (il primo e l’ultimo autobiografici). Racconti che, letti di seguito,  costituiscono un corpus unico, tasselli di un mosaico che finiscono per dare vita ad un romanzo corale. Lo scrittore delinea diversi tipi di personaggi e situazioni: la bella infermiera Laura che, reduce dal fallimento di una storia d’amore, finisce per ricadere nella trappola degli uomini, Patrizia e Carla, ne “L’indovinello” , la prima  casalinga ,la seconda manager che fanno i conti con le loro “assenze di fondo”, la mancanza di lavoro da una parte e la mancata maternità dall’altra, “l’assenza più importante nella vita di una donna”,    mente i loro uomini sono alle prese con una partita di poker. Licalzi  descrive efficacemente anche altri personaggi come Maddalena che, il giorno della sua vita, come le aveva predetto una veggente,  piuttosto che incontrare l’amore della sua vita,  muore investita dal Suv di Paolo che doveva sposare o come il vecchio, nel racconto ” Le mani” che aspetta tutta la vita la sua Caterina.  Filo conduttore dei racconti che si intrecciano magistralmente, sono due coordinate: le scelte che si fanno nella vita, o i rimpianti per averne fatte altre, ma anche il fantasticare di un’esistenza diversa da quella che conduciamo. Tutti, secondo Licalzi, (ed in questo ha perfettamente ragione) pensiamo che avremmo potuto realizzare altre cose, ma il caso, la fatalità, il destino non hanno voluto. Del resto, lo stesso scrittore, nell’ultimo capitolo autobiografico dove ci parla della sua vita afferma che ” io di vite ne avrei potuto fare cinque o sei, perché le vie del destino sono infinite, e se è vero che Dio ha inserito nelle nostre esistenze, la variabile caso, per movimentare n po’ la situazione, è anche vero che a volte neanche ce ne accorgiamo,perché fa capolino nelle cose più piccole: una sveglia che non suona, un numero telefonico sbagliato, un caffè preso in un bar diverso dal solito”. Lo scrittore sottolinea e rassicura il lettore che non vi è motivo di disperarsi,  perché tutte le vite che avremmo voluto le stiamo vivendo, proprio ora, in altri universi.  Ironico, divertente, gioioso, Licalzi è capace di dare vita al  racconto intenso e struggente, nonché perfetto,  come “Tutta la mia vita in un attimo”, il migliore  della raccolta e di cambiare abilmente registro narrativo. I personaggi sono tratteggiati molto bene e lo scrittore, aiutato dal fatto di essere uno  psicologo, riesce a  dare vita ad una acuta analisi introspezione psicologica degli stessi. Il  libro è scorrevole, abilmente costruito e  sarà amato da chi ha letto ed apprezzato i  precedenti libri dello scrittore genovese come Io no che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, Che cosa ti aspetti da me? Il privilegio di essere un guru, per  citare alcuni titoli dei sette libri scritti dallo scrittore.     Licalzi è certamente un narratore  particolare, difficilmente catalogabile,  basti pensare al racconto “Due dialoghi stupefacenti”, apparentemente dal tono scanzonato, ma in realtà profondo conoscitore dell’animo umano. Al lettore, non resta, alla fine della lettura del libro, che porsi, inevitabilmente,  l’inquietante interrogativo: è questa la vita che io  volevo?

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