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Sonntag – I.3

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SONNTAG – I.3


Wirldorlf tra gli spettatori e gli spettatori seduti in penombra ai tavolini di una sala da bar qualsiasi. Di fronte ai tavolini è posta una scala lucida di metallo, chiazzata qua e là di vernici. Tra tavolini e scala resta uno spazio che sta tra i tre e i quattro metri. Notte, molto oltre l’orario di chiusura. Dall’esterno di percepiscono distintamente rumori meccanici dragati da grida di gente in rivolta, tagliati al pezzo con spari.
Le luci si alzano, guadagnano wattaggio pieno. L’aria bianca sbava. Si distinguono i corpi di un uomo e una donna. L’uomo è di fianco alla scala, ha in mano uno skateboard. Indossa una divisa Skater. La donna è discosta dallo Skater,di poco, alla sua sinistra, è in terzo piano. Il volto segnato dagli anni, indossa una divisa Cheerleader. Un tecnico entra in scena, con un gessetto bianco traccia una linea retta in terra, nello spazio prospiciente la scala. Il tecnico si allontana. Due donne e un uomo entrano. Si posizionano in primo piano uno per volta lungo la linea bianca. Indossano Militaria ormai in disuso, maglie grigie, camicie coloniali. Passano pochi istanti e un rock-blues terzinato suona le casse amplificate poste ai lati della sala. I Militaria sbandano in un ballo stereotipo inscatolato, diretto dallo Skater che, elastico si tira sulla scala, brandisce lo skatebord. La Cheerleader si smagra ritmicamente il corpo; epilettica, è tesa nelle gambe. Espira frasi e polvere.


CheerLeader:
Nostro Signore vuole che tu sia infetto da questa malattia
e ti fa una grande grazia quando ti vuole punire
dei peccati che hai commesso in questo mondo
{
Proprio è il nome di Dio
Perfetto è il suo segno.
Esso ha tracciato confini
ha disegnato i ritmi multiformi.
Nel suo suono ha partorito anime
le ha spartite tra paradiso e inferno
E’ moto di cui è gonfia la terra
vento che esplode il cielo.
Lì dove era Caos
il suo nome ha costruito il Senso.
Dio grasso di buoi
Ha piegato le nostre braccia sotto il peso dell’aria
Ha marchiato di parole la Carne
eretto mura.
Per tutto questo proprio è il nome di Dio.

Innocenti di luce e di cenere
disfiamo i nostri corpi in frasi
Nell’attesa che tutto si compia
Illumina il nostro cammino

A nord montagne
aride reggono il cielo
intorno a noi il mare
si apre in luminose plaghe
Gettati su colline di argilla
Sospesi su valli liquefatte
Attendiamo il piacere di Dio
Legate le braccia alla quercia mimiamo
le ore che dividono il giorno
ripetiamo in passi cerulei
tutti i gesti che partoriscono il tramonto
La nostra fronte è vergine
di ogni possibile impronta
Il nostro nome è fango
in cui i piedi affondano.

Innocenti di luce e di cenere
disfiamo i nostri corpi in frasi
Nell’attesa che tutto si compia
Illumina il nostro cammino

E tu hai colorato la fronte
con la polvere
hai scritto il tuo nome
Sollevato le braccia
Hai raccolto erbe e intrecciandole
hai cinto il tuo capo di odori
Fermo hai contato cinque passi a destra
hai ruotato il capo sei volte
Hai lanciato preghiere contro il muro di ruggine
che stringe il nostro sguardo
Ti sei incamminato
in un suono grigio di strepiti
e battere diafano d’ali.
Il tuo giorno è lungo una candela che si scioglie.

Innocenti di luce e di cenere
disfiamo i nostri corpi in frasi
Nell’attesa che tutto si compia
Illumina il nostro cammino

Comune è il tuo nome
nera come cielo la polvere che sollevi ora
danzando sul ventre gonfio di api
battendo i piedi lisi contro la terra ora
scagliando gli occhi oltre questo nostro mare
che è sale gravido di graspi, vinaccioli
La tua mente è marna
modellata in liturgie diafane
circoncisa nell’idea del nato morto
Hai sottratto per noi le spezie all’Oriente
per poi consumarle in voragini di silenzio
seduto in crocicchi dove si spengono i venti
Per tutto questo comune è il tuo nome

Innocenti di luce e di cenere
disfiamo i nostri corpi in frasi
Nell’attesa che tutto si compia
Illumina il nostro cammino

Dettagliate sono le cattedrali di Dio:
archi che disegnano ampie volte;
arabeschi che intarsiano lungilinee colonne,
sussumono la grevità del marmo, il peso.
Ordine che si fa cosmo
cosmo che si transustanzia.
Solo, dinanzi alla pietra
tu hai spezzato l’agnello,
hai sottratto a Dio il sangue
sigillandolo in buste di plastica.
Per venderlo a peso
in cambio dell’idea del cerchio
Per nutrirti di esso
nascosto dentro il tuo nome.

Innocenti di luce e di cenere
disfiamo i nostri corpi in frasi
Nell’attesa che tutto si compia
Illumina il nostro cammino

Rigetta questa carne secca di pensieri
Rigetta il gemito dei tuoi infanti
E i margini del tuo corpo sfocati nella luce
il lucernare dei sabati santi
le veglie il sole che ti annega gli occhi
le ore svendute al peggior offerente
Rigetta tutto questo
Ridacci il tuo sangue il tepore dei tuoi sguardi
i denti stretti intorno all’agnello
morto ora risorto poi annegato
Torna alla casa avìta
Contiamo insieme a te le dita
}

Nostro Signore vuole che tu sia infetto da questa malattia
e ti fa una grande grazia quando ti vuole punire
dei peccati che hai commesso in questo mondo

Gonfia in volto, la Cheerleader trascina gli spettatori nel ballo, poi, d’un tratto, si arresta, spegne il cd-player. La musica s’interrompe. I Militaria si siedono all’unico tavolino libero in sala, posto sulla destra. Lo Skater posa in terra lo skateboard, si allinea alla scala. Le luci si spengono. Nero. La Cheerleader guida gli spettatori unitisi al ballo fino ai rispettivi posti. Accende tre candele poste in sala seguendo un ordine rotatorio che va da destra verso sinistra. Prende la scopa poggiata alla parete in fondo e inizia a pulire in terra nei punti su cui la sua ombra si stende.

Skater
Poi con le tue mani stinte di sonno
gialle umide di carne scheggiata
di terra avresti smosso il mio corpo scomposto
ranicchiato l’avresti sollevato tesa nei talloni
per ripormi nell’angolo grigio
legarmi ai tuoi capelli.

Il tecnico entra in sala e spegne le candele. Nero. La Cheerleader le riaccende, per poi ricominciare a spazzare. Si tende troppo in avanti, cade in terra.

Skater
Piccole dita, sono rimasto nel margine in attesa del tuo ritorno
le stagioni mi hanno attraversato, hanno macchiato di neve il ricordo che ho di te
lo hanno scolorato di pioggia consumato
E raccontavo il tuo nome fino a dimenticarlo, lo barattavo in cambio di altrio corpi
per perderrmi nei suoi occhi così distanti dai tuoi, piccole dita.

Con la mano la Cheerleader segue il bordo della sua ombra. Si rialza. Poggia la scopa alla parete in fondo. Ora avanza. Avvia il cd-player posto a sinistra. Un rock-blues sincopato si stende nell’ambiente. La Cheerleader prende una candela, si avvicina al tavolo dove sono seduti i militaria. Serve loro da bere. Riinizia a pulire in terra.


Militaria
Davide: "Eppure questa cosa non mi quadra mica. Nel senso che non è così che funziona."
Martina: "Vuoi?"
Davide "Io dico che non va bene."
Chiara: "Ma si, ma smettila, che a te che te ne frega…"
Davide: "Ma senti, che uno inizia a dire che non gliene frega niente e si ritrova in merda il mondo prima che tu te ne accorgi."
Chiara: "Certo. E’ sicuramente certo."
Martina: "Però in fondo ha ragione. Non li ho visti bene quei due."
Davide: "Ma hai visto cosa facevano?"
Chiara: "Boh, non ci ho visto niente di strano."
Martina: "Dai, si è alzato a metà spettacolo e se n’è andato…"
Chiara: "Era uno spettacolo di merda…"
Davide:"Questo non c’entra niente: che si di merda o non sia di merda, non c si alza durante uno spettacolo. Pensa alle sedie… e poi io li ho seguiti."
Martina: "Ti sei alzato anche tu?"
Chiara: "E cos’è che facevano…"
Davide: "E’ che alla fine ci si abitua a tutto. Vado un attimo al cesso. Quando torno ve lo dico."
Davide si alza, si allontana. Piscia contro una parete.

Chiara: "Davide non ci sta più dentro."
Martina: "Sta completamente fuori."
Chiara: "E’ che non lo accetta proprio… Voglio dire: anche a me è successo, ma poi è passato. Brutto è stato brutto, ma non ci puoi fare prorpio niente e allora bon."
Martina: "Dire bon non è così facile. Io non ci riuscirei così. Come spegnere la luce."
Restano in silenzio.
Chiara: "Giornata di merda. Sono un livido. Ma l’hai visto quello stronzo? L’ho evitato a stento."
Martina: "Celerini di merda."
Chiara: "Ma l’hai visto quello con la pistola dalla finestra del carcere minorile? Quello voleva sparare. Testa di cazzo. Sempre peggio. Che allucinazione."
Martina: "Chi?"
Chiara: "Chi in che senso?"
Sopraggiunge Davide. Rivolto a Chiara.
Davide: "Uhè, e piantala di farti le canne."
Martina: "E allora, cos’è che dicevi?"
Chiara si alza. Chiara, rivolta a Davide.
Chiara: "Ti va se balliamo?"

Il rock-blues sfuma in una lenta ballata nera. Martina segue con lo sguardo prima Chiara, poi Davide avviarsi verso l’angolo opposto della sala, abbracciarsi. Lei si alza, sta per raggiungerli con loro che già ballano. Si arresta. E’ in bilico. Si lascia andare in terra. Martina è seduta in un angolo.
La Cheerleader sposta le candele. Ne pone una dietro Martina. Un’altra alla base della scala. L’ultima alla sinistra di Davide e Chiara, stretti. Presa la scopa, si getta in terra, è in estasi. E’ ai piedi della scala, gonfia dello Skater. Lo Skater è sospeso sul gradino più alto, nuota nel chiarore dell’aria.


Cheerleader
Incendiario a cottimo
clown blu di un fiammifero
osservi tra i campi dal margine
cornacchie a frugare le spighe
ne studi il moto
attendi il segnale
‘che il mondo sta per finire
‘che il grano deve bruciare
{
Sei una foglia
verde
di giorni odoranti
di pensieri rampicanti
E non sei altro che foto stese
e paesi assolati di argilla
Ritmato sulle gambe ti lasci colorare
dai raggi filiformi che tesson questi giorni.
Sei l’asperso di polvere che traccia orizzonti
l’unto di infante tascabile
Sei vivere cane
accovacciato ai piedi della morte
con ritmi scuri di metrò
odissee lunghe mezz’ora
lanciato su pensiline unte di ghisa
sfarinate di crusca e anima
ventre secco di vetro
bordello azzurro di muscoli
spumante sale
roco di luce e tele
terra marcia di petali
fiori battuti
mandorlo spezzato di vento
Aria rancida di spezie
vibratile
Sei tintinnare blu secco

E i tuoi sconforti bui
le vittorie tristi di un giorno
tutti li hai svenduti al pezzo
fermentati nel tuo orgoglio
E le trottole impazzite di luce
i volti contornati di argilla
quelle greggi di sogni scheggiati
tu non sai chi può averli comprati

Hai bruciato la tua stanza per
non dimenticare niente
di tutte le notti ubriache
lunghe di interurbane
bianche di autostrade
di fari portuali
col mare nero che si macchia in stelle
la luna che annega tra i pescherecci ormeggiati
e alle spalle la strada addormentata
le case zittite
Tu steso sul bordo della banchina
a contarti i denti con la lingua
le gambe che ciondolano sull’acqua
Baluginare sospeso di fulmini lontani tra mare e cielo
Ebbro di parole hai attraversato saline
larghe due laghi di pioggia
frugando in cerchi per legarci i polsi
smagrendo gli occhi sui muri di cenere
alti posti tra cumuli esangui
spogli come quei giorni
in cui ti trovi a camminare
solo in strade vecchie di case
e odori tra pietre sospese e casse
di legno forte ruvido in cui
cercarsi accasciarsi quando il cuore è
pesante il respiro rapido
e tu non riesci a fermarlo

E i tuoi sconforti bui
le vittorie tristi di un giorno
tutti li hai svenduti al pezzo
fermentati nel tuo orgoglio
E le trottole impazzite di luce
i volti contornati di argilla
quelle greggi di sogni scheggiati
tu non sai chi può averli comprati

Lievito sfatto d’aria
buco per mille proiettili
vuoto di catrame fuliggine
secca di ossari turistici
Sei ruminare stento
tinto di trenta pensieri
rete di ore sflanate
arse di Libeccio di Estate
voracità in carne d’istinto
tendini strappati d’ossa
sangue rappreso in dubbi
e pene cresciuti all’ombra
di monumenti in tufo gialli
rosi di mare di vento

E hai attraversato pianure
assetato di sale
Per star fermo ora su un piede
a contarti le linee che
dalle tue mani nascono
e piane si diramano
fino ad arrivare al suolo
che ti lega qui ti stringe?
}

Incendiario a cottimo
clown blu di un fiammifero
osservi tra i campi dal margine
cornacchie a frugare le spighe
ne studi il moto
attendi il segnale
‘che il mondo sta per finire
‘che il grano deve bruciare

Il tecnico spegne il cd-player. Silenzio. La Cheerleader si alza da terra. Soffoca brusca le fiammelle delle candele. Si avvicina agli spettatori, accende una candela che stringe in mano. Fissa Wirldorlf negli occhi. Prende a parlare, piana.

Cheerleader
L’aria è una mela
tersa di polvere e luce
e tu sei steso
col sangue che si scioglie fuori
sull’asfalto
gli occhi gonfi di suoni
Ti rialzi
e la polizia carica
Il mondo sbanda in terra
terra che è caldo a Giugno
se la tieni tra le mani
e profuma di menta
e di lente giornate estive
Ti sono addosso
ti respirano la carne
e sei i loro gesti sordi
la loro ragazza magra
Tu che per dividerci hai costruito strade
sfatte di notti insonni
di bulimie stoccate
di saponette rancide
grasse di maiale
e cani e pelle
secca appesa alla parete
Tu che le nostre figlie a ore
te le sei messe nel letto
coi nostri ragazzi da materasso
ridendo del loro sgomento
tingendo loro le mani
con colori estranei
vestendoli di carta crespa
fasciandoli di indignazione
E hai raccontato loro
la favola del buon selvaggio
hai ripetuto loro
che il nostro cielo è bianco
li hai armati di pietre
che tirano giù le stelle
Con quelli che attendevano i loro padri agli angoli
per spaccare loro il fegato
berne poi la bile
E lordi di terra bruciavano i cadaveri
per gettarsi nelle ceneri
tingerci i denti
Dove nasconderai le mani
Cosa ti tingerà il volto
Quando spezzeremo i polsi
Quando ti lapideremo gli occhi?
Quando seccheremo col sale
le tue idee nere di mare
le tue ideologie morte di pioggia
la bruma dei tuoi ricordi?
E quando i celerini caricano
tu non vomitare
‘che è troppo lungo a dirsi
a spezzarsi in frasi
Quando loro caricano
e i carabinieri sparano
Non vomitarti addosso
l’odio delle tue ferite
Stenditi in terra e muori
nel nostro silenzio che è Stato
Che quando sarai morto
Sarai solo un morto da piazza
qualcosa da sbandierare
un’altra scusa per poterci insultare
Poi tutto si sbiancherà nel ricordo
e al ricordo seguirà la memoria
e da questa finirai nella storia
e più in fretta nell’oblio
Di te resteranno cortei
sempre più radi negli anni
e una lapide appesa al muro
Questo per commemorarti
Di te resterà un nome raccontato in silenzio
chiuso dentro una cella percosso di idee
Sarai una notte esplosa di luci
e un party per martiri e santi
E l’aria oggi è una mela
tersa di polvere e luce
e tu sei steso
col sangue che si scioglie fuori
sull’asfalto
gli occhi gonfi di suoni
Ti rialzi
e la polizia carica
Il mondo sbanda in terra
terra che è caldo a Giugno
se la tieni tra le mani
e profuma di menta
e di lente giornate estive

La Cheerleader spegne la candela. Nero. Trascorre quasi un minuto. Dall’esterno continuano a percepirsi grida, rumori. La Cheerleader riaccende le candele seguendo un ordine rotatorio che va da destra verso sinistra, coi Militaria immobili ai bordi della sala, lo skater di lato alla scala. Presa la scopa, pulisce il pavimento, ora grondo di sangue. Lo Skater emette suoni che a tratti si congiungono, stringendosi in frasi.

Skater
Azzurro. Bianco. Odore di carta bruciata. Primo piano su labbra femminili secche. Freddo addizionato a polvere. Andremo insieme verso quel nuovo orizzonte e tutto si colorerà di verde. Ci saranno grandi distese di terra e vacche nere e orchidee sui cigli delle strade." Marta tossisce, cade tra le braccia di Giorgio. Si frantuma in terra.
"Non faccio mai caso a quello che vedo. Tutto appare confuso. I colori si sfocano fino a scontornare gli oggetti. Per me è difficile mantenere le forme. Ne ho parlato anche con l’oculista e lui mi ha detto che forse poi divento cieco e che dovrei giusto operarmi. E io allora ho pensato che in fondo le forme non restano e i colori sono confusi e comunque ciascuno li vede alla cazzo tipo i daltonici. E gli ho detto che non era poi così importante e che di forme non si vive, che tanto tutto cambia, e quello poi ci è rimasto male." Giorgio la tiene tra le braccia, si muove ritmando col corpo una musica metallica.

Nero. I Militaria escono dalla sala, escono lo Skater, la Cheerleader. Sullo sfondo si disegna una vecchia melodia spezzata da rumori metallici. Scala che rovina in terra.


Christian Del Monte

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