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Intervista con Emanuele Chirco

13 min read

“L’anno delle ciliegie” è il titolo dell’ultimo disco del pianista Emanuele Chirco in trio con Giacomo Buffa al basso e al contrabbasso e Dario Li Voti alla batteria. I tredici brani strumentali che lo compongono sono stati registrati in presa diretta da Gregorio Caimi e Antonio La Rosa per mantenere, nella volontà dei tre musicisti, la spontaneità di un “live in studio”.  Sono infatti l’esatta riproduzione dei concerti fatti dal trio nei teatri e nelle piazze. Un  disco che per l’autore è anche un ponte tra il suo passato e il presente, nei ricordi che hanno ispirato le musiche e nell’uso che Chirco ha fatto di un pianoforte verticale, il medesimo sul quale da piccolo aveva imparato a suonare.
Emanuele Chirco è originario di Marsala (Marsa-Allah, che in arabo significa “porto di Dio”); oggi vive tra Marsala e la provincia di Firenze. Le musiche de “L’anno delle ciliegie” sono però perlopiù ambientate nella memoria della sua terra natia: il caldo scirocco africano, il primo abbraccio della madre verso il figlio, un cane randagio festoso e affettuoso incontrato una sera in città, il mosaico delle saline di Trapani viste dal decollo di un aereo, antichi castelli e palazzi, un antico misterioso detto delle madri (che l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re…), i momenti prima di una partenza, ma anche il coraggio della verità (e immaginiamo cosa questo significhi se detto anche di una terra come quella di Sicilia) e il ricordo di un giudice, che Emanuele vedeva arrivare  a sirene spiegate e scendere da una Croma bianca, o che qualche volta incontrava nel bar sotto casa, quando abitava proprio di fronte al Tribunale di una certa città… A Paolo Borsellino è infatti dedicata la bellissima musica di “Una storia vera”. Un flusso strumentale ed emozionale alto e  libero che rifugge dall’ermetismo e dal preziosismo. La musica di Chirco, che si potrebbe definire neo-impressionismo spirituale come quelle di un Ludovico Einaudi o di un Michael Jones, ha il dono della suggestività, della comunicatività e della cristallina limpidezza, senza le elucubrazioni a sovrastrutturare del nuovo jazz e del semplificare del minimalismo (anche quando Chirco suona il jazz, lo fa con la sensibilità e la bellezza melodico-emozionale di un Oscar Peterson e di un Luca Flores in “For those I never knew… Non è jazz, non è musica classica, è il linguaggio stesso dell’anima), o del muscoloso tecnicismo spettacolare di Allevi, e non sforza mai l’orecchio e l’animo dell’ascoltatore. Chirco, capace arrangiatore, fa suonare il suo pianoforte come un’orchestra intera.
Scrive Emanuele con l’umiltà dei grandi, tra le belle fotografie del booklet: “Una piccola auto-produzione senza filtro e risparmio alcuno realizzata e pubblicata con estrema semplicità come traccia per la nostra storia. Un disco puro, forse ingenuo, che riuscisse a portare fuori le parti migliori di noi con tutte le imperfezioni e le bellezze di un immediato gesto d’affetto verso chi potrà ascoltarci“.
 
v. anche
 
 
 
 
Davide
Ciao Emanuele. Un altro bellissimo lavoro. Ogni pezzo, credimi, per me varrebbe da solo l’acquisto del disco. Ci eravamo lasciati a marzo del 2007  con “Morelando”, realizzato insieme alla cantante Chiara Grillo http://www.kultunderground.org/articoli.asp?art=542 . Cos’è successo nel frattempo, cos’hai fatto in questi due anni e mezzo tra Morelando e L’anno delle ciliegie? So che hai suonato anche in teatri molto importanti, come La Fenice di Venezia.
 
Emanuele
Nel frattempo ho fatto tanti concerti in teatri e piazze d’Italia e anche all’estero con il nuovo progetto in trio, in duo con Chiara Grillo e molti altri come direttore musicale dove ho eseguito dal vivo i miei arrangiamenti  con band di varie formazioni. Sempre come arrangiatore ho realizzato altri 6 dischi, oltre chiaramente al mio nuovo cd “L’ANNO DELLE CILIEGIE”. Il concerto al Teatro  la Fenice di Venezia presso la sala Apollinee lo ho realizzato lo scorso 31 Luglio ‘09 ed è stata la prima occasione di collaborazione live con  EGEA MUSIC, che per l’appunto curerà la distribuzione del nuovo disco. Che dire… è stata una grande emozione ed un’ importante opportunità non solo per il prestigio di esserci esibiti in un Teatro così rinomato, non solo per essere stato inserito in un cartellone di tutto rispetto come quello del “Venezia Jazz Festival ‘09” ma sopratutto per la fiducia dimostratami da parte di Egea.
 
Davide
Simbolo del piacere assoluto e di irresistibile tentazione, un anonimo cantore del passato definì la ciliegia “Frutto del Paradiso”… A cosa si riferisce il titolo?
 
Emanuele
Molti mi hanno chiesto se con questo titolo volessi sottolineare la dolcezza che evocano alcuni brani del disco, in realtà no… . Più modestamente volevo puntare il dito nei confronti di un periodo molto particolare come questo anno 2009. Un anno dall’andamento originale ed inaspettato. “Tutti i massimi e i minimi”, consapevole del fatto che ad entrambi  non c’è mai fine… . Gli equilibri più instabili della mia vita professionale e privata racchiusi in una scatola temporale ben precisa che fa riferimento a questo ultimo anno ancora in corso. Un anno per cadere e rialzarsi, fermarsi e ricominciare. Insomma un anno per pensare di andare a raccogliere le ciliegie rosse dall’albero del giardino della mia casa in Toscana dedicando un po’ di tempo in più a se stessi e facendo fuoco sulle cose di cui realmente si ha bisogno. In altre parole, un anno per iniziare a volersi un po’ più bene… . Vi garantisco che tutto ciò può accadere quando si resta un pò a pensare davanti al proprio albero di ciliegie.
 
Davide
In copertina è riprodotto il legno di ciliegio? Cosa volevi comunicare al primo sguardo che si posa  sul cd?
 
Emanuele
Non è il legno di ciliegio ma è una foto scattata assolutamente per caso durante il servizio fotografico per il disco che riporta delle tegole. In realtà sono delle tegole speciali perché con queste si coprono le montagne di sale costruite ai bordi delle saline dai Salinari durante la raccolta. Un lavoro duro che rappresenta al cento per cento tutta l’energia e la voglia di riscatto della Terra di Sicilia. Questa foto non fu minimamente presa in considerazione perché si trattava di uno scatto improvvisato e, quasi, fuori contesto, fin quando un giorno colpì la mia attenzione per la sua forte personalità.. Calore e colore, storia e sale, passione e fatica, sudore e gioia, passato e futuro. Questo è tutto ciò che, a mio parere, c’è dentro questa foto.
 
Davide
Parlaci di Giacomo Buffa e Dario Li Voti. A parte un assolo di basso in “Prima di partire, i loro apporti non sono quasi mai solistici (come spesso invece capita nel jazz), ma comunque  affiorano come egregi musicisti di grande personalità e gusto.
 
Emanuele
Si è vero, Dario Li Voti e Giacomo Buffa sono due egregi musicisti che con il loro apporto professionale sempre delicato e di gran gusto hanno arricchito notevolmente le mie composizioni. Ecco, le mie sono delle composizioni dove tutto è scritto e ben determinato, dove l’improvvisazione non riguarda uno spazio al servizio del musicista che si libera in dei soli in cui esprime tutta la sua individualità, d’altronde la stessa parola “solo” credo non abbia bisogno di nessuna spiegazione. Le mie sono delle improvvisazioni che si sviluppano nella sua interezza come un unico oggetto sonoro dove il musicista non viene fuori individualmente o a volte, diciamocelo pure, nel suo egocentrismo ed egoismo, ma si valorizza tantissimo come parte integrante ed indispensabile di un ensemble che lo vede protagonista tanto quanto gli altri musicisti. Questa forse è la prima differenza tra la mia musica e quella che, secondo certi stereotipi, viene chiamata musica Jazz. Sono sempre rimasto un po’ deluso tutte le volte che ho sentito alcuni miei amici jazzisti ( perché caro Davide devi sapere che è così che si vogliono far chiamare e non musicisti come tutti gli altri) affermare che non preferiscono altri generi di musica perché non si improvvisa come nel Jazz. Credo sia un’affermazione molto riduttiva soprattutto nei confronti di quei tanti musicisti jazz che invece riconoscono questo stile  come un linguaggio musicale che ha radici profondissime nella storia, cultura ed evoluzione dell’uomo, o, sicuramente, non meno profonde rispetto a quelle della Musica Classica o di altri generi.  
 
Davide
Bisognerebbe rivedere il termine “alessitimia” per definire il deficit della competenza emotiva ed emozionale… Letteralmente significa “non avere le parole per le emozioni”… E’ un termine infatti che non tiene conto, tra le altre cose, della musica. Si può non avere le parole per le emozioni o certe emozioni, ma la musica può essere in questo caso meglio di qualunque parola.
Le emozioni servono a conoscere meglio se stessi e hanno anche una funzione relazionale. Ex moveo, muovere o trarre fuori, sgorgare… Quali emozioni (o quali modificazioni “psicofisiologiche” e consapevolezze) vorresti suscitare nel e trarre fuori dall’ascoltatore?
 
Emanuele
Non c’è mai un preciso tipo di emozione che desidero suscitare nei miei ascoltatori, ancor meno emozioni simili a quelle che hanno spinto me a comporre quella precisa musica nel mio momento, sarebbe anche quello un atto di egoismo ed egocentrismo. Non ho una volontà specifica se non quella di ricercare il modo di comunicazione più semplice e discreto possibile, mai invasivo nei confronti del pubblico ma sempre sobrio e che possa mettere a proprio agio le persone che mi onorano del loro ascolto. La gente non vuole essere stupita da acrobazie tecniche ed effetti speciali, anche perché di cosa ci si può ancora stupire oggi? Siamo saturi come spugne completamente “imbevute di tutto”. Sempre più mi rendo conto invece che c’è bisogno di fare spazio, per pensare, per emozionarci di nuovo per qualcosa, per sentirci noi stessi come io dico “in canottiera e mutande” senza preoccuparci troppo di ciò che gli altri pensano di noi. Lo spazio non è vuoto ma è pienezza. Fare spazio significa svuotare per permettere allo spazio di riempirci. Credo che ognuno di noi per vivere abbia bisogno di almeno una stanza tutta per se piena a zeppo di spazio. E’ di questo che voglio parlare a chi mi ascolta.
 
Davide
Cos’hai provato e pensato nel tornare a suonare il pianoforte di quando hai cominciato a studiare da piccolo? Che tipo di gesto simbolico hai compiuto così facendo?
 
Emanuele
Il desiderio di suonare questo disco con il mio pianoforte di famiglia era molto grande. Si, proprio il piano dove ho compiuto i miei primi studi ed ho iniziato a suonare a cui sono particolarmente legato. In realtà ho percorso più volte l’idea di registrare con un pianoforte più moderno o magari a coda, quindi più efficiente, ma quando li provavo rimanevo sempre deluso perché nessuno di questi aveva un suono in linea con quello che io avevo in mente per i miei nuovi brani. Naturalmente per i concerti dal vivo ci si adegua per esigenze tecniche, logistiche a qualunque pianoforte ma per questo disco volevo “il mio suono” ed allora non ho rinunciato al mio pianoforte verticale. Il risultato qual è stato? Molta gente ha apprezzato il suono caldo ed originale di questo pianoforte ed in più per me è rappresentato un  ponte nel tempo che continua a tenere uniti i passaggi più importanti del mio far musica da quando ho iniziato ad oggi. Non escludo affatto che prossimi dischi possa registrarli con lo stesso strumento.
 
Davide
Nel “coraggio della verità” tu parli di quanto sia difficile molte volte essere e rimanere se stessi mostrando agli altri la parte più vera di noi. Una versione intimista di quel che io leggo (anche alla luce dei tuoi ricordi di Paolo Borsellino, che se non sbaglio fu Procuratore della Repubblica nella tua Marsala a metà degli anni ‘80) essere anche un invito al coraggio sociale della verità; e questo non solo rivolto alla tua Sicilia. Dirci cosa più rimproveri alla tua terra sarebbe forse scontato; cosa invece ami di più della Sicilia, che altrove non troverai mai o mai allo stesso modo?
 
Emanuele
La mia Sicilia è una Terra strana e piena di contraddizioni , rispondere in modo esaudente a questa domanda è molto difficile. Il calore della mia gente è unico così come la disponibilità e il senso dell’accoglienza. Ancora oggi nei miei progetti, quando posso, continuo ad interessare i miei amici siciliani, sia musicisti che tecnici, non solo per spirito di coinvolgimento ma anche perché riconosco in loro competenze professionali, talento e qualità umane che ancora non ho trovato tutte insieme in molti professionisti di altri luoghi. Tutto questo e tanto altro amo della mia Terra insieme ad altre cose di cui invece mi dispiaccio ma il futuro è sempre più vicino e noi giovani abbiamo tutta la voglia, e presto avremo anche gli strumenti, per dimostrarlo.
 
Davide
Qual è stata ad oggi la più grande delusione legata al fare musica?
 
Emanuele
In realtà non ricordo grandi delusioni. Nei confronti del mio lavoro ho sempre avuto un approccio totalizzante e nello stesso tempo distaccato, vuoi perché un po’ è cosi il mio carattere vuoi perché la vita me lo ha insegnato molto presto. Credo che il giusto e sano distacco bisognerebbe mantenerlo in tutto, specialmente laddove la passione potrebbe farci perdere la bussola. Forse è anche grazie a questa costante ricerca di equilibrio che ho superato grandi difficoltà durante le salite più ripide ma quando si arriva in vetta la soddisfazione è grande e compensa ogni sforzo e sacrificio. Nel mio piccolo ho sempre cercato di concentrarmi su come raggiungere la vetta non curandomi troppo delle delusioni ma traendo da esse lo slancio migliore per il raggiungimento di un risultato positivo. Per questa ragione la delusione fa parte della soddisfazione, anzi molte volte ne è passaggio obbligato, come dire:”non c’è rosa senza spine” ma è della rosa che io mi ricordo e non di certo delle spine.
 
Davide
La più bella gioia o soddisfazione?
 
Emanuele
Sicuramente la direzione dell’Orchestra Filarmonica di Milano nel 2004 in occasione del Gran Concerto in Vaticano per 84° compleanno di Papa Giovanni Paolo II è stata una tappa importante per la mia carriera, così come il concerto che ho tenuto al Teatro La Fenice di Venezia nel 2009 o l’approvazione e fiducia dimostratami da tanti giornalisti e critici che poi hanno scritto su di me pareri positivi che io stesso non avrei mai immaginato, o ancora i continui segnali di stima da parte dell’ etichetta discografica Egea che punta su di me e la mia musica. Tutto questo per me è motivo di gioia e soddisfazione ma nulla se messo a confronto con l’affetto del pubblico. Ogni emozione donata ed ogni parola di stima ricevuta sono la vera ragione e ragione del mio far musica.
 
Davide
E il più importante insegnamento?
 
Emanuele
Accettare sempre le critiche, soprattutto quelle negative con cui bisogna imparare a convivere se si vuole fare questo mestiere. Le critiche buone e cattive, quelle a fin di bene e quelle gratuite come provocazione…, saperle accettare tutte! e trarne sempre il meglio! In fondo ciò che realmente conta è la nostra crescita e miglioramento, in questo e per questo le critiche sono delle importanti occasioni da non sprecare.
 
Davide
L’album si chiude con un brano intitolato “Preghiera”. La preghiera è quando l’uomo parla o si rivolge al sacro, la meditazione quando il sacro parla all’uomo… Che funzione ha per te la musica in termini di preghiera e di meditazione?
 
Emanuele
La musica sicuramente ha la forza di portare la nostra anima (per chi ci crede, io ci credo) o la nostra essenza, che dir si voglia, in zone nascoste e profonde che è bene visitare di tanto in tanto, sia per la nostra pienezza e conoscenza sempre maggiore di noi stessi sia per la nostra salute psicofisica ed interiore. Come ho scritto più volte la musica è un potentissimo mezzo di comunicazione per mezzo del quale si può fare tanto bene e tanto male. Di fatto la musica in quanto tale non esisterebbe se non esistesse l’uomo quindi sono le persone che esistono, sia quelle che la fanno che quelle che la ascoltano. Credo necessiti un atto di estrema responsabilità personale in entrambi i ruoli. Una musica può indurci alla preghiera ma può anche farci commettere dei gesti a noi sconosciuti e a volte pericolosi. Sono sicuro che ognuno di noi nel profondo sa quale musica comporre o ascoltare per sentirsi bene in relazione al proprio momento e stato d’animo ed è proprio quella che ci può far salire di un gradino mettendoci in contatto con il nostro livello superiore che per me è Dio Bellezza.       
 
Davide
Grazie Emanuele. Cosa farai adesso e domani?
 
Emanuele
In queste settimane mi sto dedicando alla promozione del nuovo disco appunto “L’Anno delle Ciliegie”. Inoltre sto anche curando la realizzazione del mio primo dvd “Live in Selinunte 2009” girato lo scorso 12 Agosto in occasione del Concerto al Parco Archeologico di Selinunte, un luogo altamente suggestivo ed emozionante tra Storia e Musica, con alle spalle il Tempio di Hera a fare da scenografia. Poi ci sono i concerti in trio fra i quali vale la pena ricordare quello del prossimo 20 novembre all’ European Jazz Expo di Cagliari. Nel frattempo continuo la composizione delle musiche per il prossimo disco ed il lavoro in studio come arrangiatore per alcune produzioni discografiche già in pubblicazione dal prossimo natale.
 
Grazie Davide per le tue domande sempre piacevolissime e puntuali…

 

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