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Il Pelide Baricco…

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Il Pelide Baricco…

Sono un’estimatrice di Baricco e ho apprezzato i suoi libri (più i primi degli ultimi, in verità).
Un amico mi regala "Omero, Iliade". Mi accomodo in poltrona e inizio a leggere. Da sempre, la prima cosa che faccio quando mi accosto a un libro nuovo è leggere il primo e l’ultimo paragrafo (abitudine discutibile, del resto leggo raramente libri gialli). Non so bene perché, così, per coglierne il ritmo, per iniziare a familiarizzare con l’oggetto che ho in mano.

Quindi leggo l’inizio. La narrazione è in prima persona… E le battute finali "Io sono Ulisse. Vengo da Itaca, e lì, un giorno, tornerò." Ulisse? Ricordavo un finale diverso… Ma confido in Baricco. E un po’ disorientata, leggo la prefazione.
L’Iliade di Baricco è pensato per la scena teatrale, nasce come reading. Per rendere l’opera compatibile con l’esigenza del teatro, Baricco riscrive l’Iliade partendo da una traduzione in prosa di Maria Grazia Ciani.
Quindi personaggi e trama di Omero, traduzione della Ciani.

Baricco nella prefazione ammette di avere apportato all’originale alcune modifiche per rendere l’opera fruibile da un pubblico moderno.
Per "asciugare il testo", ha eliminato le molte ripetizioni, ha preferito una più leggibile prosa ai versi arcaici dell’originale e ha optato per una "narrazione in soggettiva", singoli personaggi raccontano in prima persona la loro storia; l’aedo, il grande narratore non c’è più.
Inoltre dichiara di avere inserito alcune aggiunte al testo, come per esempio il monologo finale: contaminando Iliade ed Odissea, Baricco chiude l’opera non con la restituzione del corpo di Ettore a Priamo, ma, con l’episodio del cavallo di Troia e la distruzione della città, sicuramente più presente nell’immaginario del grande pubblico.
Non ultimo, ammette di avere "tagliato tutte le apparizioni degli dei", troppo lontani dalla sensibilità moderna e, a suo dire, inutili alla storia, per parlare solo dell’uomo, degli eroi, delle battaglie.
Niente cantastorie, finale diverso, niente divinità.
Sarebbe un po’ come eliminare dalla "Bibbia" le lunghe, ripetitive genealogie e i tanti rimandi e richiami a episodi e personaggi, eliminare le dissertazioni teologiche dalla "Divina Commedia" o le parti storiche dai "Promessi Sposi", il latino dal "Nome della Rosa". O come rivedere Beckett, e riproporre un Godot senza attesa, più veloce, più dinamico; più adatto a un pubblico moderno. Certo potremmo farlo, ma quanto meno dovremmo cambiare il titolo a queste opere.

Molto disorientata, Inizio a leggere.
Che dire? Un grande scrittore. Ma rivisitare un classico è altra cosa. Attualizzare un libro non vuole dire stravolgerlo, tagliuzzarlo a proprio uso e consumo, e per quanto onesta e dettagliata sia la prefazione, per quanto Baricco ammetta che il suo intervento non è il modo migliore per comprendere la civiltà omerica, vuole fare passare il libro per l’Iliade di Omero, cosa che in realtà non è.
Come opera tratrale, sicuramente è un’operazione riuscita. Ma come libro, davvero non funziona. La magia e il fascino del teatro, del rapporto attore-pubblico, della voce che narra, nella lettura solitaria e silenziosa si perdono e l’opera editoriale non ha senso, soprattutto se da nessuna parte viene scritto a chiare lettere "testo di opera teatrale liberamente tratta da…".e se questa opera editoriale si intitola "Omero, Iliade". Anche se ben scritta, studiata e curata, resa in una prosa veloce e fluida, molto fruibile, è un’opera editoriale inutile e dal titolo fuorviante.

E mi spiace per quelli che non hanno letto l’originale, almeno in parte ai tempi della scuola, ai quali non è piaciuto il libro di Baricco e che forse non si accosteranno mai al vero "Iliade" (se è noioso questo in prosa figuriamoci quello in versi) e mi spiace per quelli ai quali il libro è piaciuto che penseranno che l’Iliade di Omero, al di là della precisa prefazione, sia tutto lì, e avendo questo prezioso "bignami" conciso e autorevole a disposizione si perderanno uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi.

Con il suo "Iliade", come riporta la postilla, Baricco parla di guerra in un tempo di guerra, per ribadire, con questo monumento alla guerra l’importanza della pace.Vuole tentare un’estetica della pace contro la bellezza della guerra, che sembra attrattiva inevitabile per tutte le culture, dalla notte dei tempi.
Ma Baricco è un bravo scrittore, questo è indubbio, e se vuole urlare il suo no alla guerra non ha certo bisogno di stravolgere Omero per farlo.

Cora Bacchelli

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