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Eroine (I)

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EROINE
(parte prima)


Sto morendo. Fanculo.
Sto morendo.
Cristo. Cristo.
Le tue parole sono come te stessa hai definito.
Proiettili.
Fottuti proiettili.
Mi hai violata. Lo hai fatto.
E poi… poi basta. Stop. Fine.
Merda.
Ti ho in testa.
La tua incredibile bellezza. Crudele. Cattiva. Dolorosa.
Sale.. Sale..
Come quando mi sono fatta incidere il braccio sinistro.
Di sera.
Avevo bevuto. Ero fuori. E lo desideravo. Lo volevo.
Più forte che mai.
Per avere coscienza di esistere.
Di esserci.
Di vivere.
Con un bisturi mi hanno scarificata. Era dolce.
Era violento.
Era romantico.
E lo sguardo mi si perdeva tra le rosse strisce.
Che colavano sporcandomi.
Ho provato amore.
Ho provato odio.
Come ora.. mentre ti guardo..
Te, dolce strega, sporca di sangue davanti allo specchio…
Sei la mia stronza coscienza.
Maledettamente reale e vera come faccio a non essere pazza di te?
Scopa la mia vita. Fottila. Thank’s.


Era ipnotico.
I miei occhi nei tuoi.
Dio. Sono nata tra gli spasmi urlanti di mia madre, tra le sue grida ed il suo sangue ed ora mi ritrovo in un mondo popolato di merda e sperma.


Sono vuota. Senza speranze.
Regina della notte. Senza scettro né mantello.
Una regina povera perché posseduta da alcol e droghe.
Perché piena di banali sentimentalismi.


Ho paura.
Non smettere di cercarmi. Aiutami.
Ascoltami.
Sono vera. Sono reale.
Io esisto.
Cazzo esisto. Sì esisto.


Ricordi la notte. Era nera. Eravamo nel locale. Era uno spettacolo. C’eravamo tutti. Era "Crisalide". Era lo spettacolo senza ipocrisia. Era ciò che non è mai stato.
Noi.. gli uncini nella pelle.. una farfalla dalle ali sanguinanti… Dov’eri? Dov’eri vita? E mentre il pubblico sbalordito osservava io camminavo sui miei tacchi alti.
Mistress.
Con la gonna di gomma nera.
La mia bianca pelle splendeva. Come la luna.

La notte. Nel suo intero scorrere mi possedeva.



Vedo degrado. Ovunque. Intorno a me. Mi spaventa.
Grigio. Grigio.
Un autobus mi passa davanti.
Riaffiora tutto alla mente… la collinetta di Lampugnano.
La mia giacchetta rossa.
La botta di euforia. La depressione.
Erano come me.
Tutto questo mi manca…
Ora non c’è più nulla… molti sono spariti. Scomparsi. Nel vortice della signora. La signora si impossessa e si porta tutto dietro.
A volte incontro qualcuno. Non mi salutano più. Non mi riconoscono o forse non mi vedono nemmeno.
Si diventa magri. Troppo magri. Troppo.
Nella testa tutto scorre veloce.. le immagini.. i lunghi pomeriggi passati in stazione con gli occhi gonfi e le pupille ridotte a spilli.
Strafatta. Tirare su moneta. Mandare a fare in culo quelli che per noi erano " borghesi di merda" e nella noia mischiata a mielosa assuefazione di vivere ci addormentavamo.


E in fondo ho i cazzi miei. Ora che gioco con gli aghi senza iniettare più merda nelle mie vene ma solo per provare sensazioni infilandoli nelle parti più sensibili del mio corpo.
Poi mi accarezzo delicatamente fino a quando la nausa mi assale e vomito.
Vomito.


Assorta. Lo sguardo fisso sulle scarpe della gente.
La metropolitana andava.
Assorta. Stavo costringendo me stessa a piangere. Facevo di tutto per far scivolare lacrime sul volto. Voglio irritare la mia pelle.


Sento la gamba tirare. Non mi voglio muovere. Non mi voglio muovere
per i prossimi minuti. Per l’eternità. E’ un circolo vizioso. Giro frenetico di parole che scivolano senza lasciare né traccia né segno.
E’ come un male che prende piede in me. Avanza.
Ubriaca.
Troppo alcol.
Fuori.
Svariono.
Ora mi sdraio per terra. Chiudo gli occhi ed urlo.
Urlo.
Urlo.



Siamo sdraiate sull’asfalto.
Ora. Respiri. Il tuo alito sul mio viso. La tua fronte contro la mia.
Siamo strette. Sull’asfalto.
T’irrigidisci al rumore di un auto.
"Ci sono io"… "Ora ci sono io".
Poi lo schianto.

Sono sola. Sono sola. Sono sola. Sono sola. Sono sola.


L’aria fredda mi scompigla i capelli. Sono seduta in un angolo. Rannicchiata in un angolo. Sporco. Sento l’odore forte di urina. Spingo le narici contro la manica del maglione che indosso. "..è quello che mi può dare la felicità.." penso.
Ora chiedimi se sono felice.
Fallo. Chiedilo ora.


Eravamo complici. Prima. Amiche e complici.
Poi il nulla. La nebbia ed il nulla. Le lacrime e la rabbia non sono servite.
C’era intimità mentre bucavamo l’una il braccio dell’altra. Mentre ci saliva e sentivamo il sapore in bocca.
..Sarei morta per te.. mentre mi bucavi il braccio. Poi ci abbracciavamo. Eravamo forti.
Io e te.
Cadute su un marciapiede. Sole. Sotto le stelle.
Stavamo bene.
"Non lasciarmi…"
Poi hai nascosto il volto tra il mio collo e la mia spalla.
Io piangevo.


La memoria.
Le sue tracce.



Ti ho guardato fisso mentre mi legavi al letto. Ti ho studiato. Ti ho osservato. Nel tuo intento di immobilizzarmi. Cosa vedevi nei miei di occhi?
Le corde erano strette. Mi facevano male. Sapevamo avrebbero lasciato segni a lungo sulla pelle.
Lo facevi per questo.
Sarei apparsa usata. Rovinata.
Come piace a te.
Come mi hai sempre desiderata.
Come mi hai sempre voluta.
Inerte.
Un verme su cui lavorare.
Ti ho fissato.
Ho fissato le mie piccole pupille nere nelle tue mentre mi infilavi un ago tra il collo e lo sterno per poi posizionarci sopra il nodo della corda. Per punirmi. Dicevi. Lo facevi.
Sentivo il dolore. Mi faceva schifo fossi tu a procurarmelo.
Bastardo.
Ora te lo resituisco. Con tutto l’odio che nutro per te.
Ti odio bastardo.


Ti odio.




Divorerei la tua carne.
Mi sporcherei del tuo sangue. Intingerei la punta del dito per passarlo sulle labbra e gustare lentamente la tua morte.
Un ricco piatto di te. Userei posate d’argento per l’occasione. Accompagnato da vino.
Magari anch’esso rosso. Si intonerebbe bene non pensi? Un dolce vino rosso ad alta gradazione alcolica. Perché ora la pazza ha fame. Perché ora io ho fame. Il vino verrà servito ghiacciato. Mischierei il sapore della bevanda a quello della tua carne. Cruda. Masticherei con forza fino a far sanguinare le mie gengive. Fino a fare sanguinare le mie gengive.


Fissami ora negli occhi bastardo.
Ora.
Ripetimi come credevi che fossi.
Ora.
Ora che sono me stessa.


"Sei fuori di testa"
Ho solo una personalità subconscia.
Era stato previsto quando sono nata tra lordo fluido rosso.


In ginocchia che piango. Sono.
Braccia segnate. Una piccola crisi di nervi.
Nient’altro.
Le unghie lacerano la faccia bagnata.
In ginocchia. Sono.
Mi graffio. Mi scavo. Mi scopro con forza.
Prova a capire.
Prova ad ascoltare le mie sensazioni.
Le mie intenzioni. Ciò che sento.
Grida.
Mi senti?
Provaci. Provaci.
Ti prego provaci.


Ora siamo di nuovo insieme. Sei bella come sempre. Un’ossuta creazione divina. I tuoi neri capelli, la cadaverica pelle.
Impazzisco quando sento la morte nelle vicinanze.
Tu la incarni.
Ti stringo. Con la paura di farti male.
Mi prendi la mano.
Vuoi che camminiamo così. Nella cava.
Prima della prossima dose.
Prima della fine di tutto.
Prima della fine di noi.


E’ solo la nostra dose d’amore.
E’ solo la nostra dose d’ amore.
E’ solo la nostra dose d’amore.


In fila ore. Al freddo. Con gli altri.
Anche qui si sta in fila.
Tra i rovinati.
Noi non lo siamo.
Ma ne abbiamo bisogno.
Per sentirci principesse.
Per credere nel nostro amore. Nella nostra bellezza. Per abbagliare.
Forse per questo ci stringiamo.
Senza non lo avremmo fatto.
Sapevamo.
Sapevamo.


Toccami.
Fammi vivere una nuova emozione.
Ancora per una volta.
Una sola volta.
Voglio provare un’emozione.



Sono nata per lo sballo.
Ci sto bene ad essere incosciente.
Solo quando tutto finisce sono nella merda. Sul serio.

La verità? La verità è che cerco solo amore. Non lo ho mai trovato. Non lo ho mai ricevuto. Così mi illudo.
Fragilmente mi illudo. E resto dolorosamente ferita.
Le parole rimbombano nella mia testa.
"Sei solo un’immatura. Sei solo una fallita"

Voglio la mia fiaba.
Voglio essere rispettata.
Così anche standoti accanto mi rendevo conto di quanto fossi sola in realtà.
Sono solo un gioco. Per te. Per questo mi stringo forte una mano da sola. Così sento calore.


Angela Buccella (CONTINUA)

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