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La mano del Tempo

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La mano del Tempo

Inauguro in questo numero un appuntamento che nelle intenzioni dovrebbe diventare fisso. In cosa consiste? Semplicemente, nell’andare a spulciare le mie recensioni di uno o due anni fa per vedere se e quanto la mia opinione sui relativi lavori è mutata con il passare del tempo; se dischi indicati come capolavori ammuffiscono ora sullo scaffale, o al contrario album originariamente passati inosservati si sono a lungo andare ritagliati un posto nei miei ascolti… Questo perché non necessariamente la musica migliore che uno possa acquistare è quella appena uscita. Spero che tornare sui miei passi possa essere una buona occasione di riscoprire gruppi ancora validi e discernere finalmente, a distanza di mesi, il valore dei singoli titoli.
Sfoglio dunque a ritroso dodici fogli del calendario e mi ritrovo di fronte la recensione di Morning View degli Incubus. Dichiaravo all’epoca che non era riuscito a colpirmi quanto il predecessore Make Yourself, ed oggi come oggi confermo in pieno: a lungo andare ribadisce tutte le proprie indiscutibili doti ma perde un po’ del calore che riusciva a comunicare all’altezza dei primi ascolti. Wish You Were Here, Nice To Know You e Warning, tanto per dire, rimangono brani validissimi in un album che però emerge come momento di transizione nella carriera degli Incubus; impressione che già all’epoca poteva essere ricavata dalla scelta di un nuovo produttore di grido, Scott Litt, al quale il gruppo aveva affidato il compito di ammorbidire e variare maggiormente il suono. Dove tale transizione condurrà è ancora tutto da vedere, ed il mistero rimarrà tale almeno fino all’uscita del prossimo lavoro…
Goddess In The Doorway di Mick Jagger non si è ripresentato spesso sul mio lettore. Onestamente non regge proprio il confronto con la produzione dei Rolling Stones, al che se voglio sentire la voce di Mick preferisco tuttora abbinarla alle note di Jumpin’ Jack Flash o di Wild Horses.
La Greatest Hits Video Collection degli Smashing Pumpkins rimane un lavoro di riferimento, di quelli che in videoteca occupano lo stesso posto ricoperto dai vocabolari in biblioteca. Ogni qual volta si desideri ritornare a piccoli tasselli di storia della musica quali Tonight Tonight, 1979 o Bullet With Butterfly Wings, non occorre fare altro che accendere il lettore DVD ed accomodarsi in poltrona. Stessa pregnanza di un greatest hits solo musicale, con in più l’aspetto visivo ed una discreta mole di informazioni fruibili attraverso la traccia audio alternativa. In altre parole, un acquisto consigliabile ancora oggi, soprattutto per chi necessiti di un riassunto veloce delle puntate precedenti.
Due anni fa mi trovavo fra le mani invece il Live At The Roxy Theatre di Brian Wilson, al quale riservavo lodi sperticate. A distanza di ventiquattro mesi la mia opinione sulla musica e sull’artista non è cambiata, anche se in parte lo è quella sul prodotto discografico in oggetto. Trovo che l’atteggiamento del beach boy nel corso del concerto rasenti a tratti la gigioneria, in misura tale da stonare con l’ambientazione e la forza poetica delle composizioni. Nulla in grado di diminuire il valore dell’esibizione: solo una piccola macchia su un quadro altrimenti impeccabile, forse proprio per questo ancora più fastidiosa…

Fabrizio Claudio Marcon

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