KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Musica o commercio II

5 min read

Musica o commercio II

Con questo articolo intendo accettare la provocazione del buon Thomas lanciata il mese scorso senza preavviso alcuno.
Innanzitutto anch’io sono in perfetto accordo nel definire la musica una forma di comunicazione, di esternazione e soprattutto di arte.
Il secondo postulato che ho trovato nell’articolo di Thomas ("Un brano sarà tanto più riuscito, quanto più sarà in grado di comunicare in maniera profonda e personale a chi lo ascolta.) è fondamentalmente esatto anch’esso ma bisogna stare attenti, secondo il mio modesto parere, a come si interpreta l’aggettivo "personale".
Ovviamente condivido il fatto che la musica, come espressione dei nostri pensieri, deve essere dinamica, deve attraversare momenti di orrida tristezza spezzati da attimi di dolce gioia, deve cambiare i propri registri per esplorare nuovi tipi di emozione.
Thomas proseguiva dicendo che la musica deve essere in grado di sorprendere in ogni momento chi la ascolta, deve riuscire a tenere desta l’attenzione proponendo ciò che non ci si aspetta di sentire; deve evitare con ogni mezzo di diventare prevedibile e scontata, altrimenti sarebbe sufficiente pensare alla musica piuttosto che ascoltarla.
Ebbene qui mi trovo completamente d’accordo a metà col Mister. Innanzitutto io adoro anche solo pensare la musica che alle volte, a seconda degli stati d’animo, può essere anche banalissima come il girotondo che si canta da bambini: quella che alle volte può significare una "risoluzione banale" può essere il mezzo musicale della mamma per comunicare al figlio che le cose vanno bene, che il mondo continua a girare e che il tutto non sta almeno volgendo per il peggio. Io penso che anche questa sia un emozione e dunque attenzione a non stupire o inventare cose che magari rischiano di degradare per sorprendere o scandalizzare piuttosto che sfociare non dico nel copiato ma nel "classico".
Ebbene, pensiamo ora alla musica che ci viene proposta nei nostri giorni: accendendo la radio rimaniamo colpiti dalla passione dei musicisti? Percepiamo la gioia e poi la tristezza poi di nuovo la gioia che la musica emana? Personalmente alle volte si. Io sono modenese e, senza andare troppo lontano posso senza vergogna sostenere di emozionarmi con una commovente canzone di Guccini o scatenarmi con il "vissuto" rock di Vasco Rossi. Ovviamente non è così per tutte le canzoni ma magari, quella canzone che a me non piace, suscita emozioni ad altre persone.
Thomas chiede se sentiamo un’unica e continua cantilena, in cui tutti i brani sono costruiti sugli stessi schemi metrici ed armonici ammonendo che l’arte e’ la capacita’ di essere originali e di trovare un mezzo di espressione mai sperimentato da altri. Ebbene se si parla di arte devo ammettere che chi scrive canzonette oggigiorno realizza opere meno artistiche di quanto non può aver fatto Verdi ma siamo sicuri che intendono far questo? Forse si accontentano di dare una piccola emozione a qualcuno che si rispecchia in questa o quella canzone oppure associa una determinata melodia a momenti più o meno felici della sua vita. Vorrei infatti aggiungere che la musica è una compagna di vita che può essere associata ad eventi: alcune coppie hanno la loro canzone (per esempio degli Stadio) che non sono propriamente la Filarmonica che suona Mozart però…
Per quanto riguarda il fatto che la musica oggigiorno sia regolata dal commercio dei dischi e dalla pubblicità mi trovo in accordo ma questa musica, come la stragrande maggioranza delle musiche nei secoli, è specchio della schifosa e affascinate società contemporanea: tanto velocemente distruttiva quanto rapidamente creativa.
Parliamo ora del disaccordo circa l’appiattimento musicale adeguato a pochi canoni, ai canoni di chi non possiede la sensibilità musicale necessaria per recepire il messaggio che i suoni ci trasmettono, ai canoni di chi spende i soldi per comprare i dischi.
E’ proprio a questo punto che, caro Thomas, mi introduci un concetto UFO senza meglio spiegare definito sensibilità musicale. Questo mi ribalterebbe in primo luogo il concetto che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace; secondo: la musica va capita o deve suscitare un emozione personale? Cosa si intende per emozione personale: una emozione che ti tocca profondamente e personalmente dettata dal musicista o una emozione che può essere differente per ciascuno di noi dunque, da parte del musicista, una emozione casuale? A mio parere la risposta non esiste perché personale è il modo di intendere la musica dunque a ciascuno può piacere effettivamente l’una o l’altra cosa a seconda della cultura musicale, della situazione e dello stato d’animo. Con questo mi ricollego all’ultimo importante tema da trattare: le parole. Il parlato e’ il nostro mezzo di comunicazione primario; con le parole riusciamo a descrivere e a trasmettere con esatta precisione ogni concetto che desideriamo esprimere. Thomas rincara aggiungendo che le parole pronunciate da una persona giungono al nostro cervello attraverso il senso dell’udito, ma poi sono filtrate ed interpretate dalla parte razionale del nostro cervello; che proprio grazie all’intervento della ragione che riusciamo a comprendere concetti anche estremamente complessi ed articolati e che questo non e’ affatto un processo naturale ed istintivo. Al contrario, la musica strumentale e’ semplicemente un suono allo stato puro; raggiunge il nostro cervello attraverso il senso dell’udito e non deve essere ne’ filtrata, ne’ interpretata.
Se ovviamente un semplice suono non potra’ mai esprimere un concetto con tanta esattezza come le parole ma le sensazioni che creerà saranno sicuramente piu’ profonde ed autentiche possiamo alla luce di quanto detto sopra definirle più casuali? Per quanto riguarda il testo ed il non testo è sleale paragonare dei Grandi della musica classica con un Masini dicendo che i loro brani sono più tristi e commoventi. Se parliamo di testo o non testo (cantare o non cantare) possiamo paragonare l’allegria del Barbiere si Siviglia di Rossini o il dramma del verdiano Rigoletto con la toccata e fuga in re minore che alle volte esalta e alle volte concede estremo relax. Comunica anch’essa moltissimo certamente non meno ma in modo meno preciso. Io non nascondo che sono per il testo cantato in musica perché l’opera, è più completa a mio parere e più difficile da apprezzare. Con un testo è più facile rovinare la musica che renderla migliore ma un buon musicista riesce a comunicare veramente è più specificatamente il SUO messaggio perché è LUI l’artista. Posso condividere o non condividere ciò che dice ma il testo è comunque un elemento critico dunque è più facile fare la stessa musica senza parole ma, se io voglio trasmettere allegria non vorrei che la mia musica fosse suonata ad un funerale.
Ebbene la mia provocazione finale vuole solo specificare che è vero che la musica va capita ma ogni persona ha i suoi canoni e non sempre ha un bagaglio culturale musicale. La musica può raggiungere forse i massimi livelli teorico pratici per una stretta cerchia di dotti: una musica "d’elite" ma lasciamo che la plebe i bambini, le mamme, la massaia e il metalmeccanico sulla macchia utensile ascoltino l’ultima ballata di un saltimbanco anche se è sempre un po’ uguale ma anche un po’ diversa.

Federico Malavasi

Commenta