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Come ho perso la guerra – Filippo Bologna

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Pagg.272 Euro 14 Fandango Editore
 
Federico Cremona è un giovane rampollo di una ricca famiglia toscana. Abita in un  castello costruito, in un piccolo borgo maremmano, da un antenato  che frustava i contadini , castello simbolo di supremazia territoriale ed economica. La sua vita viene ad essere sconvolta dall’arrivo in città di un enigmatico personaggio, l’imprenditore Ottone Gattai che, approfittando della debolezza del sindaco, emblema della debolezza del potere politico, istituisce il consorzio Acquatrade Resort, rileva le acque, unica ricchezza del borgo,  fa smantellare la piazza ed installare una brutta statua “La serpe”, simbolo del consorzio che sfrutterà le acque termali, unica vera ricchezza del paese. Il borgo e la vita del protagonista vengo ad essere sconvolti da queste innovazioni tanto che lo scrittore fa dire al protagonista del libro che “s’erano bevuti tutti il cervello  e l’equivoco era che avevano scambiato il moderno per il brutto. Più una cosa era brutta, più era moderna”. Una “modernità”  non condivisa da Federico che, nonostante le resistenze familiari (il padre vince un premio letterario indetto dall’Acquatrade, la nonna è convinta che il dottor Gattai non intaccherà, con la espansione della struttura, le loro proprietà, ingaggia una guerra contro l’imprenditore, coadiuvato da un piccolo gruppo di amici come Ludovico, Sante, Garrone, Tito e la fidanzata Lea che si sposerà con Otello, il figlio dell’imprenditore e andrà a finire sulle prime pagine dei giornali. Questa, in sintesi, la trama del romanzo che rispecchia fedelmente l’Italia di oggi: la corsa al potere, al successo, alla ricchezza e, non a caso, Bologna ci tratteggia personaggi senza scrupoli, arroganti, privi non solo di idee, ma eticamente inaccettabili.  Con l’arrivo della società si creano posti di lavoro, ma scompaiono figure come Gino l’antiquario, lo spaccio di Battista, Primo il barbiere, il calzolaio Azolino e  il passato verrà  cancellato in nome dell’innovazione e del “progresso”. Il protagonista perderà la guerra, le proprietà, la fidanzata, ma è un uomo positivo che si è battuto per una giusta causa, mentre lo scrittore, tratteggiando la scialba figura del sindaco, mette in evidenza la debolezza e la corruzione di una classe politica allo sbando di imprenditori, politica che ha abdicato al proprio ruolo di risolvere i problemi della gente, abdicando, per interessi personali, ad una categoria di  imprenditori avidi di denaro. Quello che colpisce di questo libro non è soltanto la trama narrativa solida, robusta, sapientemente ben costruita, con un forte plot narrativo dove nulla viene lasciato al caso, ma, cosa non facile, la scrittura: Bologna usa diversi registri linguistici: da quello alto, sublime, al dialetto maremmano,  disseminando  le pagine di un humor che fa sorridere, ma che induce, chiaro obiettivo dell’autore,  il lettore ala riflessione in quanto il  piccolo borgo, e tutto quello che vi succede,  è un microcosmo che rispecchia l’Italia di oggi, ignorante e falsamente moderna.

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