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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Un velocissimo editoriale di voci che sussurrano, in un febbraio da cardiopalma, durante il quale si sta cercando di recuperare qualche giorno sulla data di uscita e si sta programmando per un numero di marzo in formato Windows 95. Un velocissimo editoriale, più corto del solito, in un numero comunque di tutto rispetto, che non mancherà di donarvi ciò che tutti i lettori di SUSSURRI ogni mese cercano: sogni ed immagini.

Ma prima di lasciarmi alle mie “recensioni” vi voglio segnalare ancora l’ottimo e ricchissimo sito letterario gestito dal “nostro” Raffaele
Gambigliani Zoccoli!
All’indirizzo http:

http//www.geocities.com/soho/cafè/

2209/letteratura.htm

troverete una vasta raccolta di racconti (aggiornata settimanalmente!), di novità, di informazioni su concorsi ed altro ancora. E la cosa più importante è che questo cafè letterario sta cercando, come noi, autori per pubblicare on-line le loro opere. Vi suggerisco quindi di prendere nota, e di pensarci su.

E dopo questo assolutamente necessario ragguaglio direi che possiamo incominciare:

La prima poesia di questo mese è Odio di Mia Preti. Grido di rabbia, contro tutto e tutti; contro se stessi, contro i proprio sentimenti, che invece di portare in alto fanno soffrire, e contro le cose che ci circondano che non riescono a liberarci dal nostro dolore. Un grido forte, violento, diretto, per un amore non corrisposto, che si
“incarna” in un testo veloce ma non banale, ricco di immagini e di spunti di buona qualità.

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Per la sua seconda volta con noi, Fabrizio Cerfogli si propone con un testo in versi caldo ed intenso, e a mio parere ancora più letterariamente interessante di quello pubblicato a gennaio. L’ora dell’amore ha una trama semplice (alla sera un ragazzo vede il sole calare sull’acqua e pensa che manchi solo lei perchè tutto possa essere perfetto) resa splendida dal ritmo lento, in perfetta assonanza con il tramonto sul mare, e dal gusto per le pause e le singole parole. Le immagini sono altrettanto ben costruite, e sembra quasi di vedere, mentre le frasi si snodano una dopo l’altra, la “metamorfosi” dell’acqua che, nella mente del protagonista, si plasma, per un istante solo, fino ad avere la forma dell’amata.

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Conclude la parte dedicata alle poesie un testo in inglese di un nostro amico d’oltremanica: Day by day, di Asif Khan. Questo brano, se da un lato è strutturalmente uniforme (cinque quartine in rima baciata), risulta in parte caotico e complesso nei significati.
L’autore si pone domande di carattere esistenziale (cosa devo fare, perchè penso così assiduamente a certe cose, eccetera) e la confusione di questo mettersi di fronte a se stessi per provare a capirsi meglio, si riversa nel testo come un torrente, spiazzando, e facendoci sentire partecipi a questo travaglio. E la soluzione qual è? Cosa bisogna fare per se non eliminare, almeno placare i dubbi che spesso ci assalgono sul significato delle nostre scelte? Per l’autore non c’è che una risposta: fare le cose a modo proprio e prendere la vita come viene
“giorno per giorno”.

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Un’autrice aveva fatto magistralmente la sua comparsa il mese scorso
(con un testo su Milano) mostrando uno stile particolare ed un non comune gusto per un ritmo frastagliato e complesso. Sto ovviamente parlando di Francesca Ricci, che questo mese è di nuovo con noi con un racconto dal titolo sintomatico (almeno per le nostre scadenze editoriali): 6 febbraio 1998. Ma gettiamoci nel vuoto, e vediamo di abbozzare per voi una prova interpretativa, ben conscio di rischiare figuracce e scivoloni.
Il momento: la notte. Il luogo: una casa, forse appena fuori Torino. I protagonisti: due persone, un uomo e una donna. Una notte passata insieme, forse un momento solo di intimità, in mezzo ad un lungo vuoto fatto di distanza, a causa di lavoro o altro. Ma con il giungere lento del mattino, il momento dell’addio si fa più presente, e lei, che già sveglia attende di riprendere la sua vita altrove, pensa, ricorda, si confronta, giudica la sua vita, e sente la notte con il suo vento freddo che arriva dalle colline poco distanti, e con i suoi rumori di passi e di macchine che vanno e spariscono.
Le immagini sono dipinte tutte con un pennello leggero leggero, e rendono il quadro complessivo speciale e tristemente dolce. Un’ottima prova, che va però gustata con attenzione, per cogliere, dietro al frantumarsi caleidoscopio della scena tutti i singoli pezzetti della storia.

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“Latitante” sulle nostre pagine ormai da tempo immemorabile, ritorna con un racconto dal “titolo” As yet untitled, un altro dei grandi vecchi di SUSSURRI: Doriano Rabotti. E lo fa con un testo molto intenso, che sembra essere rubato dalla mente di un suonatore di strada: la magia c’è, ed è già finita insieme. C’è perchè è con quella che riesce a mangiare, facendo sorridere e ballare qualche passante, ma è finita per il protagonista, che quasi sembra limitarsi a vivere.
Ma è proprio così? In fondo anche lui ha ancora sogni, ricordi, pensieri, e sa di non essere adatto a vivere in una “gabbia”, in una vita normale che a lui sembra stretta e fredda, più delle notti che passa per la strada.

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Il viaggio di Pedro di Marco Giorgini è un testo di un genere poco battuto sulle nostre pagine virtuali. Se non mancano infatti racconti d’amore, di fantascienza o di vita vissuta, solo un altro paio di volte in più di tre anni ricordo di aver recensito quella che può tranquillamente essere definita una favola. Ok, non troverete fate, streghe o lupi cattivi, ma questo breve testo, anche se non propriamente per bambini, difficilmente può essere inquadrato in maniera diversa.

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Ed eccoci (e lo so che stavate aspettando con ansia) alla seconda parte dell’episodio di Star Trek Uno Strano Pianeta. Ero anche tentato, il mese scorso, quando con manovra criminale ho deciso di spezzare in due parti questo lungo racconto di Claudio Carridi, di concludere con un “To be continued…”, ma anche avendo evitato questa formula, penso che a pochi non sia rimasta la stessa acquolina che assaliva il nostro stomaco, quando sul più bello tutto veniva rimandato anche solo di un giorno. Il nostro Claudio ha ricalcato fedele le orme delle sceneggiature più intriganti, riuscendo a proporci un momento tutto suo, pieno di colpi di scena, e di quel gusto eroico e formale che contraddistingue la più seguita serie televisiva di fantascienza.
E non vi voglio neppure svelare nulla sulla trama, ma vi voglio torturare un po’ con qualche domanda: cosa succederà a Kirk, imprigionato insieme ad un suo mortale nemico, in una cella sotto un mare “radioattivo”? Come riuscirà lui e la sua gente a sfuggire alla trappola in cui è stato preso? E, in ultimo, perché è capitato tutto questo? La risposta tra qualche pagina…

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Buona lettura… e un consiglio assolutamente non disinteressato: non perdetevi il prossimo numero di KULT Underground…

Marco Giorgini

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