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La Provincia di Modena…

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La Provincia di Modena

e la promozione artistica

La Provincia ha sempre svolto un ruolo di sostegno nei confronti della
Società d’incoraggiamento che risale al 1842, già sotto il patrocinio dei duchi d’Austria-Este, come si desume dal carteggio intercorso con
Adeodato Malatesta, direttore dell’Accademia atestina, che lamentava l’eventuale recesso della Provincia dall’aiuto alla Società d’incoraggiamento, anche nel permettere uno sbocco agli allievi scongiurato dall’intercessione del conte A. L. Gandini, presidente della Soc. Incoraggiamento che paventava il danno per gli artisti, sventato poi dal rinnovo di 25 azioni per L.300. A questo sodalizio si affiancano l’Unione artisti modenesi e la Soc. Athena.
Il sostegno agli artisti consisteva non solo nell’acquisto di opere, nell’attribuzione di fondi per gli studi e allo sbocco professionale, ma ne curava altresì la partecipazioni a manifestazioni periodiche anche interprovinciali come al Palazzo Podestà di Bologna.
La mostra, allestita fino al 31 gennaio, nei locali della Provincia, permette di assistere a un secolo di pittura modenese. In primis, si assiste a uno “spaccato” di Verismo con Adeodato Malatesta, che si pose nell’alveo della ‘riforma verista’ di Domenico Morelli, ammirato alla 1a Esposizione nazionale di Firenze del 1861. Emblematico passaggio dallo storicismo al verismo è siglato da Narciso Malatesta in uno slancio verso temi sociali, un filone da cui elabora: La chiatta o una zattera nelle valli di Finale (1869), senza indulgere al pittoresco, come la Rivendugliola del padre Adeodato (1849) sulla scia di F. Hals. Assimilabili come genere alla Chiatta, sono da annoverare
Il disertore, Casa del saltimbanco (1863); la Chiatta sembra ispirata a Mal d’aria di Hebert che aveva influenzato I profughi di Aquileia di
Morelli. Ma poi include soggetti risorgimentali come Sbarco di
Garibaldi a Marsala, Vittorio Emanuele al Quirinale; il Numismatico
Celestino Cavedoni (1870); si dedica anche alla ritrattistica che usa un modello fotografico poiché questa tecnica trovò un habitat a Modena dal 1850, suscitando l’interesse di Malatesta che ne sviscerò le potenzialità espressive, inserendola in episodi come supporto alla pittura, come fece anche Narciso in l’arch. Poletti, Dama con stola d’ermellino e Giulio Ferrari Lolli in una resa lenticolare di un’oggettività quasi fiamminga. Ma riemerge in superficie, il modello storicistico nelle tele di Narciso: 2 Nature morte (1876) che si riallacciano a C. Munari, Boselli, Rubbiani dell’Estense. Influssi del passato si riscontrano nel S. Sebastiano del VOTO, che riecheggia il divino Guido Reni, S. Giorgio e il drago, della Chiesa di Ganaceto, che sembra risentire di modelli settecenteschi della collezione ducale.
Seguace di A. Malatesta nel filone storico e religioso, è Giuseppe
Zattera, con La sacra famiglia e S. Anna e Gioacchino in S. Barnaba.
Nella Primavera del 1882 della Raccolta e nella Danza delle Ore dell’Estense, sembra attingere alla pittura veneta del ‘600 – ‘700, per effetti tonali, il chiaroscuro atmosferico e le riflessature cangianti di Favretto e il decorativismo scenografico alla Fortuny.
Di stampo neo-fiammingo, La lezione della, bonna di Antonio Magnani
(1870), intimistica resa con acribia, investita da un fiotto di luce; poi esegue una pittura all’aperto, in massi di tufo, sulla scia di Di
Scavolo, come ‘Paesaggio dal vero’ del Carani, La Spiaggia del Lido di
F. Frigieri, che s’ispirano a Cabianca e al Lega , Macciaioli DOC.
Tradizionale, la pittura di paesaggio di F. Reggiani che in Rive del
Panaro, costruisce vedute di derivazione fotografica, mentre F.
Vezzani eseguiva la VII Sala dell’Estense, ispirata a T. Signorini in
Aspettando o Nello studio.

Nell’humus modenese attecchivano germi vitali, di marca macchiaiola, influenzando A. Malatesta, B. Rossi e L. Asioli.
Dal 1872, il Premio Poletti, un pensionato di studi, presso le
Accademie di Roma e Firenze, che registra le istanze artistiche europee. Un vincitore, G. Muzzioli, arriva al verismo di taglio morelliano, in cui s’innestava un’orchestrazione scenografica che filtra un soggetto storicistico in Danza delle spade (1878) che risente di Leighton e Alma Tadema, ammirati a Roma, presso il circolo anglofilo di Nino Costa. Ma l’opera del Muzzioli subisce l’influsso del gruppo del Caffè Michelangelo a Firenze, quel pleine air ed effetti di chiaroscuro, in una presa diretta dal vero, con effetti cromatici che si scompongono in valori timbrici, adottando la
“macchia” della Scuola di Puagentija. Esiste una variante con elemento architettonico, avvolto da rampicanti: una suggestiva atmosfera in sintonia con la maniera scenografica simbolista dei Salons, con
“Maddalena” (1880), di cui esiste solo riproduzione fotografica; al tempio di Bacco(1881) della Galleria nazionale di Roma; I funerali di
Britannico (1888) antichizzazione romana alla Alma Tadema, ma con effetti impressionistici (Ferrara Musei civici) o “L’anziana signora in abito nero” che sigli la fama pittore del ‘bel mondo’ come il grande Boldini.
Gaetano Bellei dopo il pensionato Poletti, si fermava a Firenze sino al 1894 il suo ‘Ritratto di Sandonnini’ fa parte della raccolta provinciale (1915): i suoi Annunciazione e lo splendido Martirio dei fratelli Maccabei, immerso ih’atmosfera livida, rivelavano sensibilità preraffaellita, in uno stile simbolista derivato da Morelli o
Michetti, con effetti di un visionarismo nordico che influenza U.
Cavazzuti in Occhi grigi, ritratto femminile veristico A. Boschi, in
‘Le amatrici d’antichità (primi `900), derivato da stampa fotografica, in una congerie di spunti e motivi: da Favretto, Chierici, Palizzi
Per la ritrattistica ufficiale, Augusto Valli é pittore ‘africanista’, dopo spedizioni in Etiopia, da cui trasse tavolette al Museo civico, in un verismo, filtrato da Muzzioli in Ritratto del Marchese
Fontanelli.
Camillo Verno, sotto la guida del torinese Andrea Castaldi, esprime il naturalismo in Ritratto dell’avv. Vaccari, anche come docente e poi direttore dell’Ist. Venturi.
Anche in scultura, con il Premio Poletti, si affermano personalità di spicco, come Silvestro Barberini inviava come saggio, “Delirium tremens”, in cui raffigurava una donna, di misere condizioni, che sembra una trasposizione plastica della Bohéme. I viluppi sinuosi dei panneggiamenti, le figure raggomitolate esprimono un espressionistico e crudo realismo di denuncia sociale, che sono alla base dell’opera di
Giovanni Dupré, caposcuola a Firenze, in sintonia con soggetti popolar-pauperistici del napoletano Achille D’Orsi, che avrebbero influenzato Giuseppe Graziosi, allievo del Barberini, che avrebbe optato per un’arte accattivante di stile ‘floreal umbertino’, con il busto sinuoso di Ofelia(1895) che rivela flessioni Liberty, desunta dalla statuaria barocca di G. Monteverde.
Giuseppe Graziosi dal 1898 è nella Firenze degli ultimi Macchiaioli, applicando il verbo naturalistico di Fattori, della cui superba lezione grafica, risentiranno le notevoli prove, mentre emergono
Spadini e Costetti.
Graziosi visita, la Biennale veneziana del 1901, la mostra romana del
1902 ma sarà il soggiorno parigino nel 1903 a farlo schierare con le istanze post-impressionistiche, guardando Maillol, Meunier e la
Kollwitz in scultura, Renoir e Bonnard in pittura. Alcuni, suoi significativi lavori, come: Piena estate, Aia, Sull’aia, il disegno è macerato dall’esplosione materica del colore, in cui il ductus assume andamento sinuoso, in pennellate filanti secondo assunti
Divisionistici.

Giuliana Galli

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