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Dietro

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Dietro

Giovedì

Oggi ho conosciuto una ragazza nuova. Si chiama Stefania. Ha ventisette anni. L’hanno messa a lavorare nell’ufficio accanto al mio.
Aveva uno sguardo strano stamattina quando è arrivata. Forse è timida.
Aveva un maglione grigio e una giacca chiara, elegante e sobria insieme. Mi piace. Non sono riuscito ancora a parlarle. Appena ha finito il turno è uscita e nel piazzale ho visto che parlava con
Marco. Che sia una di loro? Non ci posso credere.

Giovedì (ore 11.37)

E’ quasi mezzanotte e non riesco a dormire. Ero a letto quando mi sono ricordato di un particolare di Stefania a cui subito non avevo dato peso: è ambidestra! Sono sicuro di averla vista firmare il foglio d’ingresso con la sinistra e scrivere su un bloc-notes con l’altra mano. Cosa significa? E’ importante? Chissà. Ho provato a mettermi in contatto con gli altri senza successo. Forse stavano già tutti dormendo. Oppure… no, meglio non pensarci.

Venerdì

Sono arrivato in ufficio in ritardo questa mattina. Ho la testa pesante e un forte mal di gola. Ho preso freddo? Se sì, mi chiedo quando. Stefania è passata nel mio ufficio per una pratica e si è presentata. E’ molto carina e simpatica. Forse troppo. Le ho chiesto se aveva già conosciuto qualcun altro di questo settore, e lei nel rispondermi ha tralasciato Marco. Un caso? Più tardi proverò a mettermi in contatto con gli altri. Dovremo pranzare insieme, io e
Stefania intendo. Se fa in tempo passerà da me verso mezzogiorno.

Venerdì (ore 14,28)

Stefania non s’è vista. Ho parlato per telefono con Andrea e mi ha detto che secondo lui io sto diventando paranoico. Gli altri non li ho ancora trovati, ma Andrea dice che stanno bene. La voce di Andrea mi è sembrata strana. Tesa. Forse ha ragione. Sto diventando paranoico.

Venerdì (ore 15.00)

Stefania è arrivata da me di corsa, quasi trafelata. Si è scusata mille volte per non avermi raggiunto per pranzo, mettendomi in imbarazzo davanti agli altri dell’ufficio. Aveva due occhi strani.
Sembrava sconvolta. Eccitata. Le ho risposto che non c’erano problemi.
Che avremmo pranzato insieme, magari, un’altra volta. Domani, ha suggerito. Domani, ho accettato io. Poi è uscita dal mio ufficio.
Aveva un odore forte e piacevole. Non so che tipo di profumo fosse, ma
è rimasto nella stanza per tutto il pomeriggio. La testa ha smesso di farmi male verso le cinque, ma la gola no. Devo essermi veramente ammalato.

Venerdì (ora di cena)

Ho cenato solo come sempre. La pizza della Santa Lucia era buona, ma il ragazzo che me l’ha portata non era il solito. Ho chiesto come mai, e quello nuovo non mi ha saputo dare una ragione convincente. Aveva uno sguardo perso. Sembrava ubriaco. Ho telefonato in pizzeria con una scusa, dicendo di essere un amico del garzone che conoscevo io, e loro mi hanno detto che era in ferie. Ferie a metà novembre? Ho mangiato la pizza lo stesso. Ero stanco, non stavo bene e non avevo voglia di cucinare o di uscire. Il mio gatto mi ha guardato male. Ho provato ancora a contattare gli altri senza riuscirci.

Sabato

Oggi mi sono alzato tardi. Come ieri la mia testa è pesante e confusa.
Mi sembra di essere lento a fare le cose, lento a capirle. Devo concentrarmi per ricordare cose banali. E mi sembra di avere sempre qualcuno intorno che mi osserva e che scompare appena mi giro. Ho preso un paio di aspirine e mi sono messo davanti alla televisione.
Questa attesa mi sta uccidendo. Quando sono partito, tre anni fa, non avevo affatto immaginato che sarei arrivato ad un punto come questo.
Gli altri sembra che stiano reagendo meglio di me. Forse hanno sbagliato a scegliermi. Forse cederò prima che sia arrivato il momento.

Sabato (ora di pranzo)

Stavo per aprire una scatoletta di tonno quando hanno suonato alla porta. Era Stefania! Sì, aveva detto che avremmo pranzato insieme oggi, ma pensavo che volesse dire lunedì, durante la pausa di lavoro.
Aveva un completo scuro, splendido. Non si trucca, almeno se lo fa non si vede. Mi ha chiesto se poteva entrare, e io l’ho fatta accomodare in salotto, poi sono andato in camera a cambiarmi. Quando sono tornato da lei, si è alzata dal divano e mi ha sorriso, arrossendo. L’ho guardata un po’ stupito, ma non ho detto nulla. E’ veramente carina.

Sabato (18.30)

Il pranzo è durato più del previsto. Siamo andati in un ristorante in centro che non avevo mai visto. I camerieri ed il gestore la conoscevano bene e ci hanno trattato ottimamente senza farci spendere molto. Ci siamo fermati a lungo a parlare e abbiamo bevuto molto vino.
Lei sembrava reggerlo bene, ma alla fine anche il suo viso era arrossato. Mi ha parlato di lei, della sua famiglia, delle sue aspirazioni. Poi ha chiesto di me: chi ero, cosa facevo, perché ero lì. Ed io ho risposto come da manuale. Qualche domanda mi è sembrata strana, o a doppio senso, ma anch’io ho bevuto molto, e forse mi sono confuso. Aveva ancora addosso quello splendido profumo, e finchè sono stato con lei la testa non mi ha mai fatto male. La tosse però si è accentuata e sono dovuto andare due volte in bagno a lavarmi la faccia per cercare di riprendermi. Quando mi sono visto allo specchio ho notato come i miei occhi fossero lucidi e infossati.
Sono innamorato di lei? Possibile.

Sabato (23.53)

La testa mi fa un male assurdo. Ho preso di tutto ma non c’è verso di dormire. Penso spesso a Stefania, non so perché. Sono riuscito a mettermi in contatto con Luca. Mi è sembrato strano, scostante. Mi ha ripetuto più volte che andava tutto bene. Mi ha chiesto di non chiamarlo prima della settimana prossima. Deve partire e raggiungere
Antonio. Torneranno insieme con delle nuove e vitali informazioni.
Ripensandoci, il locale dove sono stato a mangiare oggi con Stefania aveva qualcosa di inquietante. La luce bassa, i mobili in legno scuro.
Eravamo quasi gli unici clienti. Gli altri non parlavano ad alta voce e sembravano non mangiare quasi nulla. I vetri erano spessi e smerigliati. Non si vedeva fuori, e da fuori non si vedeva dentro. Poi i rumori! I vetri devono essere stati almeno doppi, perché non mi ricordo di avere sentito nulla, a parte la voce di lei e una musica tenue di sottofondo. Che canzoni ho sentito? Non ricordo bene, ma mi sembrava qualcosa di vecchio. Rock italiano anni settanta. E mai la voce di un dj.

Domenica (0.12)

Mi sono alzato (tanto non riuscivo a dormire) e ho preso le pagine gialle. Non ricordo il nome del ristorante, ma so dov’era: piazza
Redecocca. Sotto la voce “ristoranti” c’è n’è solamente uno lì: quello di fronte alla scuola. Nessun altro. Ho fatto il 12, ma non ha risposto nessuno. Ho provato più volte ma la linea suonava sempre libera senza che nessuno rispondesse. Il 12 non era un servizio ventiquattro ore su ventiquattro?

Domenica (0.37)

Come ha fatto Stefania a sapere dove abitavo? Gliel’ho detto io in ufficio? Non mi sembra. Forse ha chiesto a qualcuno. Chissà. La testa va un po’ meglio, ma mi sento stanco ed intorpidito. Mi sono fatto una camomilla e poi mi sono messo a leggere il Carlino di venerdì. Quando sono arrivato alla cronaca locale ho sentito il mio cuore fermarsi: hanno preso anche Mario! Il corpo che la polizia ha trovato era senza testa, e la macchina in cui giaceva non era la sua, ma sono sicuro che fosse lui. Regolamento di conti, dice il giornale. Si, panzane: alla fine hanno preso anche Mario.
Adesso sono stanco. Troppo. E c’è qualcos’altro che non mi è chiaro.
Ma gli occhi mi si chiudono da soli. Ci penserò domani.

Domenica (6.12)

La sveglia si è messa a strillare dieci minuti fa. Non ricordo di averla puntata a quell’ora ma non vedo chi altri potrebbe averlo fatto. Sono andato in cucina a farmi un po’ di latte caldo, e mi è caduto lo sguardo sullo stereo in salotto. Il vetro era socchiuso. Mi sono avvicinato e ho notato che il contatore delle cassette non era a zero. Dopo colazione sono tornato e mi sono messo a controllare tutta l’apparecchiatura. Qualcuno deve avere manomesso qualcosa. O è successo mentre ero fuori con Stefania, o è stata addirittura lei mentre mi cambiavo ieri mattina. Ma dopo aver esaminato ogni parte per quasi un ora non sono riuscito a capire che cosa possono aver fatto.
Domanda: non è che per caso ho lasciato io il vetro dello stereo aperto con il contatore non azzerato?
Mi sono messo sul divano dove avevo visto sedersi Stefania. Dopo un po’ la testa ha smesso del tutto di farmi male e la gola ha iniziato ad irritarsi. A proposito, dov’è il mio gatto?

Domenica (10.20)

Ha telefonato Stefania. Mi ha chiesto se aveva perso lì da me un anellino d’oro con un serpente attorcigliato sopra. Le ho detto di aspettare un attimo e mi sono messo a guardare per terra e sotto i cuscini del divano. L’ho trovato dietro ad una delle poltrone. Ho preso in mano il telefono e gliel’ho detto. Lei mi ha chiesto se non era troppo scortese se passava adesso a riprenderlo. Io ho preso un attimo di pausa per rifletterci, ma avevo troppa voglia di vederla, e quindi le ho detto che non c’erano problemi.
C’è qualcosa che non quadra: l’anello mi sembra di averlo già visto da qualche altra parte. L’ho portato in camera mia e l’ho fatto analizzare. Ma non c’era all’interno nessun tipo di circuito. Dove l’ho visto? Chi, tra le persone che conosco aveva un anello simile?
Alla fine l’ho avvicinato al naso. Profumava. Profumava come Stefania.
E’ normale che un pezzo di metallo mantenga un odore così a lungo?
Sono tornato in salotto, e come rapito da un’ispirazione ho preso in mano la cassetta che avevo nello stereo. Il nastro, senza etichetta, era mio. Ci avevo registrato sopra il CD con una raccolta di Battiato martedì sera. L’ho rigirato in mano per un po’ e poi, lentamente l’ho annusato.
Profumava anche quello.
L’ho inserito di nuovo nello stereo, e l’ho riavvolto fino a che il contatore non è ritornato a zero. Poi ho premuto play.

Domenica (10.48)

Stefania sta suonando alla porta. Non si è accorta che è solo accostata. Io ho la pistola in mano. Le sparerò in testa appena avrà passato la soglia. Poi scapperò, anche se lo so che mi prenderanno. E prima di uccidermi tenteranno di farmi dire i nomi degli altri. Come è già successo.
Nello stereo intanto ho fatto ripartire la cassetta.
Una voce in tutto e per tutto simile alla mia sta annunciando i motivi del mio suicidio, chiedendo scusa ai parenti e agli amici.
La sento e penso che sia comico, in qualche modo: la voce che hanno inciso sul nastro è calma e serena. La mia invece, mentre invito
Stefania ad entrare, trema.

Marco Giorgini

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