KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Blade Runner

9 min read

Blade Runner:

da film a videogioco

Come molti di voi sapranno, è dai tempi dello Spectrum Zx e del
Commodore 64 che, non appena usciva un buon film, le case di software si buttavano a capofitto per comprare la licenza sulla quale sfornare un videogioco, che solo grazie al nome riusciva a portare nelle casse utili maggiori del costo della licenza stessa: è come sappiamo un indotto pubblicitario che funziona sempre (anche con le colonne sonore, gli orologi, i pupazzi, eccetera). Inutile a dirsi che la maggior parte delle volte il gioco era un’emerita ciofeca. Solo alcuni giochi si salvarono da questa mannaia del cosiddetto gioco tie-in
(come vedete mi sono ricordato anche la categoria alla quale questi tipi di gioco appartengono: tie-in ovvero ispirati a/da). La Lucasarts
(tanto per fare un nome) sono dieci anni (dai tempi delle prime console e computer casalinghi) che sfrutta l’universo di Guerre
Stellari per fare prodotti (molto spesso validi): ma grazie anche ad altri giochi (la serie di avventure di Monkey Island e tutte le altre avventure grafiche) si è comunque guadagnata il nome di casa software che raramente sbaglia un prodotto. E comunque da un paio di anni a questa parte, anche i tie-in si sono saputi aggiudicare le loro lodi e premi. Questo perché a differenza di quanto accadeva una volta i giochi ispirati a film di successo non escono quasi più in contemporanea col film (ok a parte quelli della Disney), ma in genere dopo uno o anche due anni: è il caso del già recensito Generazioni (PC
CD-ROM), di 007 Goldeneye (Nintendo64 -sviluppato da due anni a questa parte e finalmente uscito in America in questi giorni e accolto trionfalmente dalla critica e dai giocatori per l’atmosfera che riesce a ricreare – torneremo forse su questo), e infine, da Blade Runner, che non è in fase di sviluppo da 13 anni, ma… lasciatemi fare i conti… eh sì sono 3 anni e 8 mesi circa (02/1994). Dunque come dicevo gli sviluppatori di software videoludico hanno capito l’esigenza di rendere un videogioco ispirato ad un film entusiasmante come il film stesso. E la casa che curerà la trasposizione di Blade
Runner questo sembra saperlo benissimo…
Dopo un anno di riunioni (siamo nel 1995) con la Blade Runner
Partnership (una compagnia organizzata per gestire gli innumerevoli diritti del film) la Virgin, obbligata a partecipare al gioco finanziariamente e creativamente, decise a chi affidare lo sviluppo del gioco. Intanto, in Nevada, una compagnia, la Westwood Studios, stava dando gli ultimi ritocchi ad un gioco di strategia che avrebbe cambiato per sempre il volto ai giochi di questo tipo su Personal
Computer. I più informati di voi avranno capito che sto parlando di
Command and Conqueror, vero? Orbene proprio in quell’anno, la Westwood
Studio contatta dalla Virgin, ricevette l’incarico di fare la trasposizione del film e l’obbligo di, in soli due mesi di fare un demo. Sono passati all’incirca due anni e mezzo e il gioco è quasi finito. In realtà tutto questo è inesatto: il 90% del gioco era finito l’anno scorso, ma questi Westwood, che sono degli inguaribili perfezionisti, si sono ben guardati dallo rilasciare immagini e foto del gioco per paura che qualcuno li copiasse, e solo ora si sono decisi a fornire alcuni particolari: il più importante dei quali è che
Blade Runner, il videogioco, NON SARA’ un FILM INTERATTIVO (le preghiere dei fans di tutto il mondo sono state ascoltate). Ma perché non farsi un po’ di pubblicità durante tutto questo periodo? Il motore grafico all’interno del videogioco è troppo innovativo. A dire il vero un po’ di pubblicità c’è stata, quando, all’uscita di Red Alert, nel cd è stato incluso un filmato dell’inizio del videogioco, che riprende la sequenza iniziale del film, ma poi più nulla.
Certo è che fare un passo falso con questo film-mito (oserei dire al livello di Guerre Stellari) sarebbe un suicidio dal quale nessun miracolo potrebbe fare risuscitare la Westwood. E loro lo sanno: in tutto questo tempo gli appassionati di questo film ormai sapranno le battute a memoria: è stato rilasciato parecchie volte al cinema nelle due versioni (l’originale e la “The Director’s Cut”), le videocassette al noleggio saranno state già comprate dai gestori un tot di volte causa usura… e si sa che il fan di questo film vorrebbe avere la sensazione di essere nel film. Sensazione che Louis Castle (direttore del progetto) ci promette sarà mantenuta dal motore del gioco, che non sarà quindi un filmato punta e clicca, ma un avventura 3d in tempo reale.
Ma oltre al motore del gioco, ci sono cose che il videogiocatore subito cerca all’inizio dell’avventura: la storia, la grafica e l’interattività di questi due elementi col videogiocatore (wow, mi sembra di scrivere un trattato…) Non deve essere stato molto semplice ricreare l’atmosfera di Blade Runner in un gioco. Tutto dovrà essere perfetto come nel film. Aaron Powell (grafico) ha iniziato a lavorare nell’estate del 1995: passando molte notti ad osservare il laser disc, dal quale sono state tratte alcune delle più belle scenografie per videogioco, mettendo in pausa il laser disc e riguardando molte volte l’introduzione per capire l’architettura degli edifici della città nella quale il gioco si svolge. Questo perché molto del materiale usato per il film (script e disegni) non è più reperibile. Gli artisti che lavorarono al film, quando non vennero pagati, se ne andarono portandosi dietro tutto il materiale. Così con l’aiuto di una copia del film su laser disc e l’aiuto di Syd Mead, il direttore creativo del film, ingaggiato dalla Westwood come consulente, alla Westwood venne ricreata l’intera Los Angeles del
2019, così come appare nel film: Syd Mead spiegò che l’intera città era stata rifatta sulla base di quella già esistente. I palazzi nuovi vennero costruiti sopra i vecchi e tutto era stato fatto con pezzi economici e vecchi; e così è stato rifatto nel videogioco. Una specie di sostituzione dei vecchi edifici fatta con vecchi materiali_ Ed è stato dopo aver ricostruito così bene l’intera cittadina (capitemi, l’atmosfera e gli ambienti nei quali si svolge il film) al computer, che si decise che un tal livello grafico non doveva assolutamente essere compromesso nel gioco. Tutto doveva essere in alta risoluzione, con milioni di colori, animazioni a profusione e il tutto doveva girare mai al disotto dei 15 frames per secondo su di un Pentium 90. E questo non sembra proprio sorprendente adesso, con il boom delle schede grafiche, ma solo nel 1995… Guardando il gioco sembra che tutti gli sfondi siano prerenderizzati (cioè caricati da cd all’occorrenza): in realtà sono creati al momento. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che la storia deve essere interattiva: e questo richiede necessariamente che anche l’ambiente circostante venga
“creato” in tempo reale. Il giocatore deve essere in grado di muoversi dove vuole e d’interagire con tutti gli oggetti che vuole. Tutti gli ambienti nel gioco sono costruiti tra i due e tre milioni di poligoni, ma solo un milione sono creati dal gioco in quanto non tutti gli oggetti della scena sono visibili, in quanto oscurati da altri oggetti o vicini al punto di osservazione della telecamera. La quale purtroppo sarà fissa, per mantenere accessibile il gioco anche a coloro che possiedono un computer Pentium a 90 Mhz (lodevole intento, ma ai giorni nostri chi vuole giocare si è già facilmente spostato su di un
133, perché non hanno fatto un’opzione per fare scegliere all’utente il tipo di modalità con cui visualizzare la scena? Telecamera fissa per chi ha un computer lento e telecamera mobile, alla Tomb Raider, per chi possiede un computer veloce. Che quelli alla Westwood ci nascondino qualcosa?)
E sembra che tutti i particolari che saranno visibili sullo schermo vengano ottenuti grazie a tecnologia di video compressione. In realtà non tutti i dati vengono trattati: se consideriamo tutti gli effetti di luce presenti nel gioco (e creatori di buona parte dell’atmosfera) capite che non sarebbe possibile farlo normalmente, ma nuove tecniche di renderizzazione sono state usate nel gioco. Michael Legg, il creatore di queste routine di compressione e creatore anche degli effetti di luce (denominati a particelle, che di solito consumano molto tempo di calcolo del processore), ha creato una parte di memoria riservata alla geometria, separata dal cosiddetto Z-buffer (che ormai dovreste sapere cos’è). Questa zona di memoria riservata che contiene tutte le informazioni di profondità (come lo Z-buffer) contiene anche dati aggiuntivi per gli effetti speciali (quali pioggia e luci), che tolgono carichi imponenti di calcolo dal processore. Parlando di come
è stato modellato il personaggio principale del gioco si potrà capire l’enorme passo raggiunto dal motore grafico di questa software house.
Blade Runner usa una tecnica ibrida fatta di poligoni e voxel (volume di pixel) per creare (cioè renderizzare) in tempo reale il personaggio principale, che permette di raggiungere un modello di perfezione che non è così semplice raggiungere con un mero modello poligonale.
Ciascun personaggio è stato modellato con minimo 32.000 poligoni (cioè quattro volte il numero di poligoni che usa la SEGA nella loro Model 3
Board, quella che trovate in Sala Giochi sotto la grafica di Virtua
Fighter 3, Scud Race e Lost World…) Ma attenzione, non è proprio la stessa cosa: qui i poligoni sono piccoli e tutti vicini l’uno a l’altro e della stessa grandezza. Sono usati come i voxel quindi, come dei piccoli lego (ci vuole il c qui?) E infatti, quando il personaggio
è lontano, tutto è perfetto perché ad un poligono corrisponde un pixel. Quando il personaggio si avvicina il modello è un po’ grezzo nei contorni. Quando un modello è creato da più poligoni, il motore li renderizza più velocemente siccome il tasso di poligoni per pixel si avvicina al 1:1. Pensate che il gioco sarà sviluppato su 4 cd
(qualcuno ha un DVD?), causa il numero di modelli che è contenuto nel gioco. Ma come tutti sanno è la storia a determinare un capolavoro nel genere delle avventure videoludiche. E alla Westwood sanno anche questo. Castle dice che essendo il gioco una storia d’ investigazione il giocatore non ne deve conoscere la fine. Nel gioco vestirete i panni di un Blade Runner, ma non di Deckard (ovvero Harrison Ford nel
Film). Scopo principe della casa di software è quella di non ricreare la storia del film (orami vecchia di 13 anni), sebbene essa scorrerà lungo il gioco stesso: non vogliono che tutto sia già conosciuto dal giocatore. Il personaggio guidato dal giocatore, tale McCoy, è molto somigliante al Deckard di Ford, ma anche diverso in altri aspetti per far sì che il giocatore si senta dentro al film, ma non intrappolato nel film. I suoi creatori adesso definiscono Blade Runner una simulazione più che un avventura punta e clicca. Gli eventi avvengono in tempo reale e i protagonisti dell’avventura hanno una loro vita, anche se non sono ripresi dalla telecamera del gioco. Il tempo riveste un’ importanza fondamentale. Dei 13 personaggi sotto investigazione da parte di McCoy, 5 sono i Replicanti, ma chi siano essi veramente il giocatore non lo sa: sono casualmente determinati dall’ AI
(intelligenza artificiale) del gioco all’inizio dell’avventura. Ecco il vero giro di svolta rispetto a tutte le avventure: l’imprevedibilità delle situazioni di gioco. Spetterà al videogiocatore radunare le prove e capire chi è umano e chi deve essere terminato (o ritirato). E come nel film anche McCoy potrebbe essere un replicante. McCoy avrà a sua disposizione la macchina ESPER e il test Voigt-Kampf. Con la prima sarà in grado di esaminare foto che ritraggono scene del gioco in 3D, ingrandire dettagli per trovare importanti prove che potrebbero incriminare uno dei 13 personaggi: sarà un’attività così divertente che sarà capace di farvi perdere anche un paio di ore usando questo strumento, promettono i programmatori. Ingrandire l’immagine per cercare dei dettagli implica che il motore grafico ridisegni l’immagine in una risoluzione maggiore. Questo vuol dire che più si va a fondo con lo studio di queste foto più prove si potranno scovare. Ingrandendo un particolare si potrà girare il punto d’osservazione (essendo una foto 3d), per scoprire ombre strane o scritte apparentemente indecifrabili, il tutto accompagnato da beep vari e rumori scenografici che aumenteranno il grado di coinvolgimento del giocatore. Oltre all’ESPER, l’utente avrà a disposizione uno di quegli assistenti digitali, il KIA, che terrà traccia di ogni prova trovata, dei suoi probabili legami con determinati personaggi e/o scene di crimini. Ma spetterà al giocatore mettere assieme i puzzle. Che non sono tanto semplici e spesso implicano scelte fondamentali da parte di McCoy: uccidere o meno un
Replicante? Potrebbe anche decidere di non farlo e allearsi contro la polizia_ il tutto è aperto essendo questa una simulazione e sarà la
A.I. del gioco a determinare i vari cambiamenti di storia. E siccome i personaggi vivono realmente nel gioco potrebbero decidere di unire le loro forze, una volta capiti gli intenti di McCoy di sterminarli, di tendergli un agguato per ucciderlo. Come dicevamo prima tutta l’atmosfera è stata ricreata e nelle 140 locazioni del gioco potrete ritrovare scene che avete già visto nel film: la Android Row, il bar, il laboratorio di Chew e il nightclub di Zhora. Aspettate di iniziare le indagini per Dicembre 1997. E qualunque pelle cerchiate, state attenti alla vostra!

Giovanni Strammiello

Commenta