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nelle giornate di sole

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nelle giornate di sole

I
nelle giornate di sole lei allarga le braccia e ruota su se stessa facendo fuggire i piccioni della piazza, ma la gente guarda peggio lui che la segue, lento, mani in tasca e i capelli troppo lunghi davanti agli occhi. un gruppo di ragazzi ha voluto fotografarla e lei ha voluto che ci fosse anche lui, ma lui non sorrise. comprò un sacchetto di grano e lo diede ai piccioni. era vestita completamente di nero, faceva sempre così, ma era felice lo stesso. sembrava padrona della sua vita, padrona perfino di lui che l’aveva sollevata dal freddo di una balaustra di un ponte l’inverno prima. erano stati ad una festa insieme e quando lei, prima della fine, se ne era andata lui l’aveva seguita. gli aveva pianto sulla spalla per ore, in silenzio. estranei conforti. quando gli amici di lui arrivarono nella piazza i piccioni erano già volati via. si sarebbero rivisti la sera.

II

“mi odieresti forse meno se smettessi di farlo?” disse lui scagliando la bottiglia vuota contro la parete dietro di lei. lei indossava un paio di jeans e una maglietta chiara, i lunghi capelli neri le cadevano sulle spalle. era rannicchiata in un angolo e si asciugava inutilmente gli occhi che non riuscivano a trattenere le lacrime. era bellissima: quella posizione, quei vestiti, quel sussultare e lui se ne accorse. era ancora sulla soglia, si lasciò cadere scivolando lentamente con la schiena contro il muro. i pantaloni sporchi di fumo e usura, una camicia di quelle che si indossavano venti anni prima e i capelli, lunghi alle spalle, davanti agli occhi. gli occhi si intravedevano appena, apatici, senza espressione, la bocca socchiusa come quella di un bambino, perche non riusciva mai a capire? lei lo vide e quasi accennò ad un sorriso. lui era là, era tornato da lei. lui a volte le aveva sussurrato parole gentili, ma si era sforzato, lei lo capiva e non era questo che pretendeva da lui. cos’era che la tratteneva? perchè non se ne andava e cercava qualcun altro, qualcuno…diverso? lei si sentiva viva accanto a lui, sapeva che doveva lottare per averlo, per avere la sua attenzione, ma erano tante le volte in cui non lo capiva. si sentì il suono del clacson di una macchina, era da tanto che non vedeva quell’auto, ma la conosceva bene, popolava i suoi ricordi, i suoi sogni, qualche volta. lui era là, al volante, non la guardava nemmeno. non poteva farci niente, l’avrebbe seguito in capo al mondo.

III

accese una sigaretta, lui dormiva ancora. aveva la bocca socchiusa e lei lo guardava. il sole era sorto già da qualche ora, ma aveva guidato tutto il giorno precedente e ora si sentiva stanco, lei lo capiva. aveva una strana espressione, forse sognava. lui non le parlava mai dei suoi sogni. non erano più estranei di quelli del loro appartamento i mobili a basso prezzo di quella stanza di motel da autostrada. si accorse solo dopo un poco che lui era sveglio, se ne accorse quando la baciò sul collo. si alzò in tutta fretta, si vestì e le si accostò nuovamente. le poggiò la testa in grembo e rimase immobile. lei gli accarezzò i capelli. eterni minuti di parole bollenti.

IV

quando uscirono lo spiazzo davanti all’entrata era pieno di motociclette. avevano sentito i rumori la notte precedente, ma si stupirono lo stesso. non avevano un’altra giornata di viaggio davanti a loro, era dalla forza con cui lui le stringeva il braccio che lo capiva. lei scherzò, era da tanto tempo che lui non le sorrideva, ma lei scherzò lo stesso.

V

la macchina era sull’orlo di una scarpata. aveva scelto lui quel luogo. lei guardava davanti a sè. quando si riprese guardò lui che aveva i capelli davanti agli occhi: sorrideva. d’istinto lei gli guardò la mano destra: era sul cambio! lei pose la sua mano su quella di lui. non restava altro da fare che ingranare la marcia giusta.

Nora Jari

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