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Nonumes

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Nonumes

Era lì davanti a me, con l’aria di chi volesse interrogarmi. Dapprima non l’avevo notata intenta com’ero a consumare il mio panino seduta su di una panchina nel parco pubblico. Dopo un attimo di incertezza mi resi conto che non mi ero sbagliata, mi stava proprio fissando.
Ricambiai il suo sguardo osservandola attentamente. Era di bassa statura ma esile, con i capelli neri ricci e corti e due vivaci occhi scuri. La vidi sorridere incerta e guardarsi intorno come se solo allora si fosse resa conto di essersi fermata in mezzo alla piazzetta dove la gente passeggiava scansandola seccamente.
Incuriosita le sorrisi invitandola con un cenno della testa ad avvicinarsi. Si fermò davanti a me e in quel momento capii cosa aveva attirato la sua attenzione: la collana che solo quel giorno avevo deciso di indossare.
“Ti piace?” le chiesi mostrandole il ciondolo sul palmo della mano.
“L’ho già vista da qualche parte…” rispose esitante.
“Dove?” le chiesi intimorita.
“In un posto molto lontano…” rispose sedendosi accanto a me.
Mi irrigidii senza osare parlare.
“Ti ho sognata qualche notte fa. Pareva così reale! Ma quando mi sono svegliata nel mio letto mi sono dovuta ricredere… Poi ti ho vista seduta su questa panchina… e quella pietra è la stessa che ti ha regalato Plazah!”
“Come fai a sapere queste cose?” le chiesi molto turbata.
“Faccio sogni strani, sai? Mi ritrovo in persone mai viste, in luoghi sconosciuti… Ma non vi ho mai dato molto peso… prima d’ora.”
Osservai il suo volto animato mentre i ricordi mi riassalivano prepotenti come se fossero passati solo pochi giorni, invece che un anno.
Le presi una mano e la strinsi fra le mie.
“Tu sei penetrata nella dimensione del Regno dei Sogni e hai raggiunto
Nonumes… proprio come è accaduto a me.”
“Raccontami Taisha, aiutami a ricordare!”
Sobbalzai perché mi aveva chiamata per nome senza rendersene conto.
“I miei sogni, come i tuoi, sono alquanto singolari: ogni volta è come se entrassi nel corpo di una persona sconosciuta in un luogo completamente estraneo. Ma una notte, lo scorso anno, avvenne qualcosa di sconvolgente: la persona nella quale ero entrata, se ne rese conto e rifiutò il mio corpo con una violenza inaudita. Mi ritrovai a fissare negli occhi un uomo molto alto, abbigliato come un monaco, ma con le vesti completamente nere. Quando si tolse il cappuccio arretrai spaventata: il suo viso scheletrico era privo della bocca, solo il naso aquilino sembrava rendere quel volto più reale. Ma il particolare più inquietante erano i suoi occhi, quasi inumani, profondamente infossati e gialli. Sul capo privo di capelli portava un elmo dorato con un piccolo teschio argentato le cui orbite dapprima vuote si illuminarono di una strana luce azzurrina. Sentii nella mia mente una voce profonda dirmi che se sarei voluta tornare in quel luogo realmente bastava desiderarlo intensamente e attraversare la propria immagine.
“Mi svegliai molto turbata: pareva così reale! La notte seguente decisi di seguire le istruzioni di quell’uomo. So di essere stata un’incosciente, ma la mia vita era così insipida che mi passava davanti senza che me ne rendessi conto…
“Mi destai verso mezzanotte molto delusa: nulla era accaduto. In bagno mi lavai la faccia cercando di non pensare a quanto ero stata stupida.
Quando tornai in camera da letto lo sguardo mi corse alla sveglia: le lancette si erano fermate sulla mezzanotte! Gridai spaventata vedendo il mio corpo addormentato sul letto. Corsi allo specchio e vidi la solita ragazza di media statura, snella, occhi verdi, con i capelli corti e rossi, insomma ero sempre io… come se mi fossi sdoppiata!
Toccai lo specchio per accertarmi che tutto fosse reale e con grande sgomento vidi il mio dito attraversare la mia immagine… tutto ciò mi fece tornare alla mente le parole del sogno. Mentre il cuore mi batteva all’impazzata attraversai lo specchio senza soffermarmi neppure un attimo a riflettere.
“La sensazione fu alquanto sgradevole, simile a quello che forse può provare un capo di biancheria in centrifuga (!). Quando riaprii gli occhi che istintivamente avevo chiuso, vidi intorno a me qualcosa che mi lasciò senza fiato. Ero in un immenso salone il cui soffitto era alto all’inverosimile. Intorno a me c’erano uomini e donne che indossavano una semplice tunica bianca. Mi resi conto solo in seguito che anch’io l’indossavo. Gli occhi velati di una strana luce azzurrina di quelle persone, mi turbarono.
“Sul pavimento intorno a me un mosaico dorato formava un cerchio e io ne ero proprio al centro. Davanti a me alcuni gradini conducevano a un maestoso trono dorato sul quale stava seduta una donna di cui era impossibile individuare l’età. Le vesti di un appariscente rosso non celavano la sua inquietante magrezza. La pelle del viso era molto levigata e aveva due profondi occhi neri. Si alzò in piedi sorridendo e notai che i lunghi capelli scuri sfioravano il pavimento. Alla sua destra riconobbi l’uomo del sogno precedente, poi il mio sguardo cadde sul ragazzo seduto sui gradini: era di una bellezza abbagliante.
“Dimostrava almeno vent’anni e i suoi occhi erano velati come quelli delle altre persone. Il taglio leggermente a mandorla e le sopracciglia oblique gli conferivano un’aria orientale, i capelli neri erano corti e leggermente mossi. Al centro della fronte aveva un piccolo cerchietto azzurro.
– Dove sono? – chiesi a colei che pareva essere la regina.
– Sei nel nostro mondo, il Regno dei Sogni e questo luogo è Nonumes –
L’uomo con le vesti nere avanzò e le sue parole attraversarono nuovamente la mia mente.
Il nostro Regno appartiene a una dimensione differente dalla tua.
Varie volte ci hai visitati senza saperlo, vivendo attraverso queste persone e ora, finalmente, sei giunta a noi!
– Mi stavate aspettando? – chiesi incredula.
La Regina e l’uomo si scambiarono un’occhiata.
Sono il Gran Sacerdote e questo luogo è il nostro Tempio.
– Io sono la Regina di Nonumes. Plazah, sarà il tuo servo – disse indicando il ragazzo – potrai disporre di lui come vorrai – si sedette sul trono e, con un cenno della mano, mi congedò.
Seguii Plazah attraverso tortuosi corridoi turbandomi ogni volta che incrociavamo gli abitanti di quello strano Tempio. Tutti tranne la
Regina e il Gran Sacerdote avevano quella luce negli occhi.
Involontariamente la collegai a una specie di marchio, quasi si trattassero di mandrie e non di persone. Avevo appena terminato di formulare questo pensiero che Plazah si bloccò e mi fissò con le sopracciglia aggrottate.
– E’ questo, dunque, quello che pensi di noi? – mi chiese.
Non osai rispondere.
Con la mente confusa continuai a seguirlo per i corridoi. C’era qualcosa in quelle persone che mi sfuggiva, un particolare che forse mi avrebbe aiutata a comprendere meglio il mondo in cui ero capitata.
Mi tornarono alla mente le parole del Gran Sacerdote: io avevo già visitato quel luogo attraverso le persone che vi vivevano, le stesse ovvero, che ora incontravo in questo tempio. Ero così assorta che non mi resi conto che Plazah era scomparso. Mi ero fermata ai piedi di una scala. Decisi di scenderla.
Arrivai in quello che potrei definire `l’antro del mago’: alambicchi e ampolle di ogni sorta erano disposte su vecchi tavoli di robusta quercia e strane essenze profumavano l’aria stantia.
Hai dunque scoperto il mio regno, Taisha…
Mi volsi spaventata nel riconoscere la voce del Gran Sacerdote. Non sembrava inquieto per la mia intromissione anzi, nel suo sguardo colsi un certo autocompiacimento.
– Perché mi aspettavate? – gli chiesi facendomi coraggio.
La tua vita è cambiata Taisha: verrai a conoscenza dei poteri che la tua mente possiede e che neppure immagini.
– Perché tutte le persone che ho visitato nei miei sogni hanno quella strana luce negli occhi? –
Quella gente è stata solo sfiorata dalla tua forza. Ma non preoccuparti di questo ora. Ti insegnerò a risvegliare il tuo Potere, concentrati solo su questo.
“Passò forse ore e ore a parlami riuscendo a irretirmi con quel suo inquietante e malefico fascino. Mi resi conto che in quel luogo il tempo non aveva significato, tutto era relativo. Quindi non so dirti quanto trascorsi a discutere con il Gran Sacerdote e a girovagare con l’enigmatico e silenzioso Plazah.
“Presi l’abitudine di trattenere Plazah con le scuse più banali, ma lui era troppo servizievole per farmelo notare. Cercavo di coinvolgerlo in qualche discussione, raccontandogli quello che il Gran
Sacerdote mi diceva, ma ogni volta mi rispondeva a monosillabi. Non potevo nascondermi l’attrazione che suscitava in me, ma il suo atteggiamento distaccato mi bloccava. Un giorno, se così posso definirlo, ero talmente esasperata che lo aggredii di improperi solo perché, a parere mio, aveva tardato ad arrivare. Con sgomento vidi
Plazah scaraventato violentemente da una forza invisibile contro una parete della mia stanza. Divisa fra l’eccitazione e il terrore di quello che io stessa avevo generato, corsi presso Plazah e mi inginocchiai vicino a lui. Nei suoi occhi notai lo stesso sguardo di timore che le altre persone mi avevano riservato. Solo allora mi resi conto che il mio carattere, solitamente mite, stava mutando. Gli dissi che ero terribilmente dispiaciuta e che mai avrei voluto fargli del male. Fu allora che accadde… Fare l’amore con Plazah è stata la cosa più sconvolgente e coinvolgente della mia vita. Non credevo che un uomo potesse essere così tenero e appassionato…
“Stringendomi fra le sue braccia Plazah mi svelò ciò che il Gran
Sacerdote e la Regina mi nascondevano. Io osservavo il suo volto animato da una lotta interiore, come se ogni parola gli costasse un terribile sforzo. Mi spiegò che la luce azzurra che aveva negli occhi, così come il pallino sulla fronte, non erano altri che segni di condizionamento inflitti dal Gran Sacerdote. Questi, sbagliando, aveva intravisto nelle persone che avevo visitato nei miei sogni una parte del mio potere e li aveva così assoggettati. Ecco quello che mi aspettava: presto sarei caduta anch’io nella sua infida rete. Volevano il mio Potere per conquistare il mondo del Regno dei Sogni. Se questo fosse successo ogni uomo sulla terra sarebbe stato defraudato dei propri sogni e la notte per loro non sarebbe stata altro che oblio. E forse la Regina e il Gran Sacerdote non si sarebbero accontentati…
– Ma io non ricordo di averti mai visitato nei miei sogni! – obiettai.
“La sua risposta mi turbò profondamente: lui apparteneva al mio stesso mondo e come me era giunto a Nonumes e ora era legato ad esso senza possibilità di fuga. Mi disse che dovevo fuggire e impedire che altri come me finissero nelle grinfie della Regina e del Gran Sacerdote. Mi prese per mano e attraversammo freneticamente i corridoi fino a giungere alla sala del trono. Mi riportò al centro del cerchio nel quale mi ero ritrovata alla mia venuta. Non potevo indugiare: la
Regina aveva scoperto della mia fuga attraverso la mente di Plazah.
Aprì la mia mano destra e appoggiò sul palmo una pietra della stessa luce azzurra dei suoi occhi. Strinsi il pugno saldamente fissandolo.
– Con questa un giorno potrai tornare da me – mi disse.
“Lo fissai intensamente sperando di comunicargli quello che il mio cuore gridava. Un giorno… pensai.
Nello stesso istante in cui sentii la voce della Regina vidi scomparire ogni cosa intorno a me: era giunta troppo tardi.
Tremando mi svegliai nel mio letto madida di sudore. Era stato solo un sogno? Poi mi resi conto che avevo il pugno destro ancora chiuso. Lo aprii e vidi la pietra azzurra…”
La ragazza mi fissava frastornata. Mi asciugai le lacrime che avevano solcato copiosamente le mie guance. Dopo un attimo di silenzio la ragazza parlò:

– No, Taisha, ora ricordo, non è questo quello che ho visto… Sì, c’era la pietra, ma tu la portavi al collo come ora. Plazah aveva ben più di vent’anni e fra i tuoi capelli ho scorto il grigio passare del tempo… –
Ero scioccata.
Fissai la ragazza sgomenta rendendomi conto che troppo presto avevo posto la parola fine alla mia avventura.

V.D.S.

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