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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Ritroviamo spesso, in questo consueto appuntamento dedicato a poesie e racconti, il piacere di incontrare gente nuova; il piacere sottile che si ottiene dal leggere qualcosa senza riuscire bene ad inquadrare al primo colpo di cosa si tratta, non conoscendo l’autore, non avendo che pochi indizi sul contesto.
Il mio ruolo, qui, è spesso non poco “fastidioso”: cercare di dipingere un quadro senza riuscire ad intravedere il paesaggio, se non confusamente; cercare di cogliere qualche lucina in una notte buia, per poi passarla ad altri, rischiando, così, di condurre i miei lettori dove magari non si pensava di finire.
Mi chiedo spesso, per questo motivo, quale sia la ragione di questo spazio di commento, quale sia il suo effettivo valore, quale la forza.
E, fortunatamente, ogni tanto qualche risposta qua e là l’ottengo, non tanto dalla mia coscienza (che non pochi dubitano esistere, travolta da appetiti più terreni), quanto dalla voce di chi suggerisce diverse interpretazioni a qualche testo, o chiede spiegazioni su un passaggio… chi, insomma, dimostra un interesse ampio, quasi
“scientifico” per ciò che legge, e non disdegna, in un bel libro, di perdere qualche minuto sulla vita dell’autore o sul commento del redattore.
E’ importante, mi chiedo, dare spazio ad un contorno?
Forse no, nella maggior parte dei casi, perchè al lettore frettoloso poco importa di un accenno di impacciata interpretazione, o del nome dell’autore. Forse sì, per chi, come il sottoscritto, ritiene che le voci sussurranti non debbano, a meno che non siano loro stesse a volerlo, essere voci anonime. Per questo motivo, in qualche caso il viso dell’autore “buca” il monitor con un sorriso, rimanendo in eterna posa sotto il testo che scorre. E per questo motivo non mi dispiacerebbe fornire qualche dato in più sugli “scrittori” di questa e di altre parti di KULT Underground… per darvi il modo di sentirli più “persone” e meno “fantasmi informatici”… per dare a loro un colore più vivo e completo.
Ma come al solito, per questo mi rimetto a voi… e invito al consueto contatto tramite email o altro, in modo da sapere cosa ne pensate.
Ah… se in maniera assolutamente aperiodica vi trovaste in giro delle piccole monografie dei vari personaggi di SUSSURRI, con le opere che hanno presentato in queste pagine, beh… forse potrete intuire chi ne sia il responsabile.
Un ultimo commento, prima di cominciare con la presentazione della
“formazione” di aprile: un grazie sentito a chi si è messo in contatto con noi per la giuria del concorso di SUSSURRI. Abbiamo raggiunto il numero di elementi prefissato, e adesso vedremo di organizzare le votazioni. Se non ci saranno intoppi i risultati verranno riportati nel prossimo numero.

Come lui stesso mi ha incitato a sostenere, ecco che con Lettera a
Claudia abbiamo “finalmente il felice ritorno del grande” Matteo
Ranzi. Dopo un paio di mesi di “latitanza” Matteo si ripropone con un testo misto dai toni alti e dal ritmo delicato e classico: una lettera
“d’amore” che sa far riflettere, e mostra una buona padronanza di immagini e di linguaggio. Anche la parte iniziale, in prosa strutturata, ha un passo cadenzato, e sfiora quasi sempre la stessa affinità emotiva espressa da quella in versi. Probabilmente uno dei testi più “maturi” e sentiti di Matteo, che comunque, anche nel passato, ci aveva abituati ad opere di ottimo livello.

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La seconda poesia di questo aprile è Rubini di Marco Giorgini. Brano dal testo sufficentemente ritmato, ricco di immagini sincopate e vivide.

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Altro ottimo testo in versi di questo numero trenta di KULT
Underground è La scintilla di Cesare Mortera. Più articolato degli altri lavori presentati, mantiene comunque il comune aspetto criptico: immagini ottenute con poche parole, accostate ad arte, pesate per dare non solo una visione, ma per arricchirla anche “musicalmente”. Poesia nel complesso “allegra”, ma di quella allegria in parte “allucinata” e con quel sapore di fondo malinconico, che già avevamo avuto modo di conoscere ed apprezzare.

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Lemme see U again di Untold evening tales è un breve brano in inglese carico di immagini vagheggianti e matafisiche. Testo vitale, energico e sconvolto che può forse non piacere per la visione complessiva troppo audace, ma che riesce in poche righe a creare un’atmosfera
“funky”. E’ presente anche la traduzione in italiano, anche se per via dei giochi di assonanze, e per la “povertà” del testo, è sicuramente consigliata almeno una “pre-lettura” in originale.

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Sempre in lingua inglese, ma strutturata come una canzone, Burn di
Untold evening tales, è l’ultimo testo in versi di questo mese. Burn
(bruciare) è l’idea complessiva del brano: bruciare le emozioni, distruggere l’amore, e alla fine, incenerire anche sè stessi, non cedere alla disperazione, per poi finire in nulla. Discretamente avvincente, ha qualche passo lessicalmente “carico”. Nel complesso un buon testo, di cui è disponibile anche la versione in italiano, raggiungibile tramite il collegamento sul titolo.

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Tra i graditissimi ritorni di questo aprile c’è, oltre al già citato
Matteo, un altro pilastro di questa rubrica: Raffaele Gambigliani
Zoccoli. Due mesi, giunto via e-mail da qualche sperduto anfratto dell’Inghilterra (luogo che ci priverà della sua presenza per vari mesi, in un lungo momento di riflessione post laurea), unisce al sapore carnoso e vivo della consueta prosa di Raffaele, il tema più aspro e duro della morte. La scelta dei momenti proposti è efficace e spietata… la mente dell’io narrante dissezionata senza virtuosismi, come per dire “non c’è poesia nella fine della vita”. Ma ovviamente un certo lirismo esiste, e Raffaele, che spesso gioca coi contrasti, fa risaltare molto le sensazioni più vive (come l’angoscia e la disperazione) mostrandole insieme alla vita di chi resta, presentando decisioni che poi non vengono seguite, conducendo per mano il lettore fino all’estremo, senza lieto fine.
Spettrale e affascinante insieme, come un bollettino di una guerra che non vediamo ancora.

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Se questa autrice, Cinzia Bolognisi, che giunge a noi con il gruppo artistico Artemisia di Finale Emilia, deciderà di portare avanti una collaborazione continuativa con la nostra rivista, penso che SUSSURRI non potrà che averne giovamento. Viva le suocere!, nonostante il titolo forse non troppo coinvolgente, è uno splendido racconto “noir”, pieno di ironiche e sottile introspezioni, che non mancherà, con il suo finale “ad effetto” di rimanere impresso nei lettori di questa rubrica. Buona la prosa e spettacolari le minuziose descrizioni dei particolari, oltre, ovviamente all’idea in sè, e al suo avvilupparsi in quasi ogni commento.

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L’ultimo racconto di questo mese è Diario di un frate francescano sul tema dei problemi giovanili di Gabriele Sorrentino, preso, come già annunciato la volta scorsa, dalla lunga lista dei partecipanti al concorso “la rete del giovane Holden”. Ottimo testo, ben articolato sulla metafora dell’ambientazione del gioco di ruolo, e, a mio parere, coinvolgente; le opinioni che da sulla vita, e sull’infanzia-giovinezza, sono complesse e concrete, e il tocco finale
(la filastrocca del Signore degli anelli di Tolkien) è sicuramente interessante.

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Qualche consiglio pratico per il mese che viene:
* leggete KULT Underground (almeno SUSSURRI…)
* collaborate con noi (almeno in SUSSURRI…)
* inviate commenti o critiche per i testi che ritenete vi abbiano

colpito in qualche modo (almeno quelli di… beh, forse non ho

neppure bisogno di dirlo)

Buona lettura!

Marco Giorgini

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