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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Buon anno!
Un numero di SUSSURRI impermeato di sospiri, quello che in questo gennaio 1997 mi accingo a presentarvi. Con prossima la chiusura del concorso di questa rubrica, e con ancor più prossima la premiazione dei partecipanti all’altro concorso, quello che ha avuto come
“simbolo” la figura letteraria del giovane Holden, il tempo a mia disposizione era talmente ridotto da mettere addirittura in pericolo la presenza di questo mio editoriale; ma, visto il tenore del materiale pervenuto, e il numero dei collaboratori, non ho voluto in nessun caso perdermi questo consueto appuntamento.
Appuntamento che, per i non amanti delle poesie, per coloro i quali, per intenderci, normalmente qualunque testo in versi ricorda paurosamente uno spot pubblicitario di terz’ordine, risulterà particolarmente corto. Infatti la quasi totalità delle opere proposte questo mese ha avuto ispirazione dalla musa che loro meno apprezzano.
Che sia un segno, questo? Che sia un modo per spingere queste persone, ammesso che esistano, verso lidi differenti?
Chissà… se non lo pensate, saltate direttamente a “Il buco nero”, e perdete così quanto di significativo altri hanno deciso di “mandare in onda”, lasciandovi alle spalle sogni, tormenti, e dolcezza altrui.
In caso contrario, rimboccatevi le maniche, ed iniziate a sfogliare questa lunga sezione della rivista, un po’ per volta, cercando di cogliere dentro a comuni parole qualcosa di più, qualcosa che altri che non conoscete hanno voluto stillare anche per voi.

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La prima autrice che voglio introdurre questo mese ci propone non una, ma due brevi poesie: Voci ed Elevazione. Nella prima Caterina Sonzogni illustra un momento, un luogo, un istante. Con pochissime parole aggiunge velocemente spessore ad un “sogno”, facendo apparire suoni, immagini, sensazioni in un rapido quadro, al quale, ad ogni rilettura, un tassello in più sembra apparire. Nella seconda, composta da un solo periodo, il ritmo è più lento, estatico. Non più paure o timori, ma felicità sopita dall’ineguatezza del parlato a descriverla.
Ottime prove per un’autrice che ci piace vedere, un po’ alla volta, cambiare temi, senza per questo perdere personalità.

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Mia Preti, che ha iniziato a proporsi sulle nostre pagine lo scorso mese, e che potete ammirare nel sommario, vede proposta la seconda parte di Windword Apocalipse, opera unica, che per motivi esclusivamente tecnici abbiamo spezzato in tre parti. In questo mese i due tralci che potrete leggere continuano a mostrarci un’artista straordinariamente matura per la sua giovane età. Simile, per certi versi, ai testi che era solita proporci Asia 68, la sua poesia è cruda ed emotiva allo stesso tempo. Non digressioni, ma pensieri, chiari e schietti. Quando il tema lo richiede non è difficile scorgere l’immediatezza di un sentimento doloroso, o di un desiderio prorompente, e quando invece si parla di emozioni più sottili, eccola divenire delicata, lenta, piena. Critiche positive sono giunte in redazione riguardo la sua prima apparizione, anche più di quanto io stesso avrei potuto immaginare. Che altro dire se non che mi auguro, una volta terminato questo “poema”, di potere leggere nuovi testi della stessa autrice?

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Guidicato da me uno dei migliori poeti dello scorso mese, Psycho lascia ai lettori un ulteriore esempio del suo vario stile: Sogni, ha, infatti, ben poco in comune con quanto letto la volta precedente. E’ una lunga poesia, dai lunghi versi, dal ritmo pacato e caratterizzata da frequenti contrapposizioni di punti di vista, che cerca di portare il lettore al di là di ogni luogo fisico, e di ogni tempo. In essa molti sono i riferimenti alla fantascienza ed al fantasy, e anche l’oggetto del discorrere è un tema comune a molta letteratura di questi due campi. Di piacevole lettura, anche se, forse, non particolarmente originale in tutte le sue parti, è sicuramente un ottimo testo, e un segno chiaro della sua abilità anche in composizioni più lunghe e strutturate di quelle che abbiamo avuto modo di leggere in passato.

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Questo mese SUSSURRI ha il piacere di presentare, oltre a nomi già conosciuti, qualche nuovo collaboratore. Tra questi, il primo che ho intenzione di proporvi si chiama Cesare Mortera, dal quale ho avuto una discreta quantità di ottimo materiale, che non mancherò di amministrare da adesso in avanti. Ma fare una scelta tra la decina di brevi componimenti in versi, per decidere quale dovesse essere il più adatto per darvi una giusta prima immagine di quest’autore non è stato semplice. I temi trattati dai suoi testi non sono tanti, ma l’arte nello scegliere il giusto aggettivo, od il verbo più appropriato, rende ogni singolo pezzo a tal punto delicato da moltiplicarne la complessità e l’efficacia.
Protetto dalla pioggia di ottobre, che spero possa avvicinarvi allo spirito complessivo di questi scritti, è un sottile e vibrante insieme di pacate immagini “violentemente” accostate senza apparente fluidità.
Il quadro complessivo, l’emozione sottesa, è ricavato da bruschi
“cambi di inquadratura”, rendendo l’insieme quasi distaccato; ma l'”io”, il soggetto è presto ritrovato in ogni scena ed il calore, o la malinconia, una volta notati, sono una splendida colonna sonora a tutta l’immagine. Sicuramente un buon lavoro, che, vi assicuro, ne precede altri di altrettanta solenne forza espressiva.

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Ecco un’altra poesia in italiano di un collaboratore propostosi le prime volte con testi in lingua inglese: Ci sarà.
Untold Evening Tales, che si è esercitato con stili e temi molto diversi, presenta questo mese una buona poesia che si contrappone nettamente all’ottimistico finale del testo di Cesare. Con un inizio in minuscolo, questo testo, sufficentemente cadenzato, propone una visione del futuro come morte dello spirito. Le immagini, concrete, traspongono questo pessimismo introspettivo in qualcosa di apparentemente universale, in cui, alla morte della “poesia”, intesa come capacità espressiva libera, coincide la fine di tutte le cose belle e semplici. Testo efficace e netto, che fa riflettere sullo stile dell’autore, ispirando forse una rilettura di alcuni dei lavori presentati in passato.

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Graditissimo ritorno sulle pagine di SUSSURRI è quello di Asia 68, uno dei personaggi più apprezzati nel campo delle poesie, forse anche grazie a quell’alone di mistero che il suo soprannome le ha concesso.
Il vento soffia più forte, che ne segna il ritorno dopo qualche mese di assenza, è una poesia dal sapore di catastrofe totale, e dalla complessa scelta di avvenimenti allucinanti, che, probabilmente, potrà essere riportata ad un arduo gioco di richiami con la realtà, con il quale non oso cimentarmi. In ogni caso, le figure principali (l’io maschile protagonista, la “donna in bianco”, il bambino, la gente) nella loro “danse macabre” sono coinvolgenti ed efficaci. E mentre il sogno si frammezza con una realtà ancor più onirica, tra le ombre di tutto qualcosa si fa spazio, per scomparire poi in quell’ultimo abbraccio, in quella prova d’amore, che interrompe bruscamente il tutto.
Ambientazione particolarmente “scura”, tetra, ben orchestrata, che non fa rimpiangere i temi più esplicitamente introspettivi che eravamo abituati a ritrovare.

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Anche l’ormai conosciuto Matteo Ranzi in questo mese “raddoppia”.
Abbiamo infatti deciso di pubblicare la piacevole ma breve poesia
Passaggio unendola alla più lunga Al pellegrino, per non penalizzare, con un’uscita di pochi versi, l’estro di questo collaboratore che, forse, ci abbandonerà per un tempo non particolarmente ridotto.
Se comunque dovesse anche essere un addio, difficilmente potrebbe essere migliore. Passaggio è speciale nella sua immediatezza, nel suo lirismo, nel suo contrapporre notte e giorno, luce e neve.
Al pellegrino, poi, pare una dedica rivolta a tutte le “voci che sussurrano”, tutti i poeti non per abilità ma per spirito, che vagano in un mondo fatto di luoghi magici e poveri, e che, forse, si riunirranno un giorno, in qualche luogo, in un abbraccio di comunione.
Sottolineare quanto io gradisca l’ottimo uso del lessico di Matteo, o quanto io apprezzi quel suo modo, ormai noto, di concretizzare immagini con riferimenti specifici, è, suppongo, superfluo. Ma non è forse superfluo sperare in un suo riavvicinarsi alla nostra rubrica, e suggerire a quanti lo incontrino per la prima volta in questo numero, di non lasciarsi scappare quanto già è stato pubblicato di suo su queste pagine.

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Non sarò io a farvi una breve introduzione a Le riflessioni del Conte del secondo nuovo collaboratore di SUSSURRI: appunto, Il Conte. I testi (frasi e brevi poesie) sono infatti presentate da Federico
Malavasi, tramite fra questo personaggio e la rubrica che state leggendo. Dal carattere strano e dal ritmo vario, il materiale proposto è comunque al cento per cento in linea con il resto, e vi consiglio perciò di soffermarvici con attenzione, anche se, in quest’epoca di Mai Dire Gol, il soprannome dell’autore, forse, non è particolarmente felice.

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Primo dei due racconti di questo numero, Il buco nero ci fa incontrare di nuovo lo stile ricercato e vivo di Lorenza C.. Come altre cose presentate sulle nostre pagine, questo è uno di quei racconti brevi totalmente privi di azione. L’io narrante (Valentina) viene appena citata, ed il luogo da cui tutto parte (il suo letto) non è che un’ombra, uno sfondo appena utile per dare spessore ad un flusso di riflessioni e pensieri che si dipanano magistralmente intorno al tema della ricerca per antonomasia: il senso della vita; ma non il senso mistico, non lo scopo ultimo, bensì un più concreto e terra terra filo conduttore che manca alla protagonista per interfacciarsi alla vita di tutti i giorni.
Crisi da generazione X, veramente ben realizzata: immediata, reale, ottimamente resa con un uso di un lessico corposo, e con poche ma significative immagini letterarie.

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Per chi si chiede il significato del (2) in Time (T’aime)(2) di Enrica
Barbieri, suggerisco una rapida scorsa al sommario del marzo 1996.
Quel mese, infatti, rboni@pianeta.it propose ai lettori di SUSSURRI una specie di sfida letteraria: iniziò, in modo misterioso e aperto a vari spunti, un racconto, invitando chi ne avesse voglia a proseguirlo, trasformandolo così in uno scritto a più mani. Cominciò quindi, per usare un suo termine, un racconto collettivo.
Quel testo non destò sfortunatamente molto interesse, e rimase senza seguito fino al mese scorso, quando Enrica mi presentò non uno ma due possibili “seconde parti”, addirittura seguite da altre due “terze parti” che comunque mi ha chiesto di non pubblicare. Nello spirito del
“gioco” ho scelto quindi una delle parti numero due, e ve la propongo.
Il testo è volutamente breve, ed enigmatico. Lo stile non è troppo dissimile da quello del primo autore, l’atmosfera è la stessa. Un discreto lavoro, a mio modesto parere, che adesso prende il posto dell’originale, ed attende di conseguenza che qualche volenteroso lo porti avanti.
Ma la domanda è: dovremo aspettare altri dieci mesi? Mi auguro di no.

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Dopo questa lunghissima introduzione ogni altro istante perso sarebbe veramente un peccato, e perciò vi lascerò subito alle poesie di
Caterina. Ma, se in questo periodo avete un po’ di tempo libero, pensate seriamente al fatto di collaborare. Se siete arrivati fin qua a leggere è probabile infatti che SUSSURRI vi interessi abbastanza da volerne fare parte. La porta è, come sempre, aperta.
Buona lettura.

Marco Giorgini

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