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L’allenatore nel volley

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L’allenatore nel volley

Ad un mese di distanza eccomi di nuovo qui ad assillarvi con nozioni e curiosità riguardanti la pallavolo; anche questo mese cercherò di sviluppare un argomento curioso inerente al mondo della pallavolo, in modo da introdurvi gradualmente nelle molteplici tematiche coinvolte in questo sport.
Se qualcuno ha letto il mio precedente articolo (io ci spero sempre…) si ricorderà che nelle righe finali ho messo in risalto il prodigioso lavoro svolto, in questi ultimi anni, dall’allenatore della nazionale maschile di pallavolo italiana.
Rifacendomi a quelle parole, in quest’articolo tenterò di farvi capire perché in uno sport dalle molteplici caratteristiche qual è la pallavolo, l’allenatore riveste un ruolo talmente importante da poter cambiare le potenzialità, e di conseguenza le ambizioni, di una squadra.
Come nella maggior parte degli sport, anche nel volley, la prestanza atletica è un fattore di primaria importanza: in particolare, siccome la rete è posta ad una altezza notevole, la statura di un atleta riveste un ruolo fondamentale.
Per farvi capire quanto è importante l’altezza per un pallavolista è sufficiente prendere come esempio il PIANO ALTEZZA.
Con piano altezza, le principali società di pallavolo italiane, identificano un progetto che permette di selezionare i ragazzi in base al loro numero di centimetri.
E’ ormai un costume consolidato quello di raggruppare centinaia di ragazzini per farli giocare fra di loro sotto gli occhi di tecnici e dottori, che cercano di valutare le doti di sviluppo fisico dei giovani atleti.
L’altezza è importante sì ma non è tutto; infatti, la pallavolo è uno sport che richiede anche ottime doti d’agilità e coordinazione, solitamente precluse ad individui molto alti.
Pertanto nel volley, al contrario del basket, è raro trovare atleti esageratamente alti (più di due metri e dieci ad esempio); la statura media di un giocatore di pallavolo si aggira attualmente su 1,98 metri
(e vi assicuro che in ogni caso non è poco).
Riassumendo quanto detto sino ad ora possiamo perciò affermare che l’altezza è sì importante ma non deve essere tale da pregiudicare doti d’agilità e coordinazione.
Inoltre, è bene ricordare che fra due atleti separati da dieci centimetri non obbligatoriamente è il più alto quello che colpisce la palla all’altezza maggiore; infatti, alla statura deve essere sommata l’elevazione.
La capacità di saltare in alto è una dote naturale, dovuta alla struttura delle fibre muscolari: al contrario dell’altezza, però è una qualità che può essere allenata.
Ovviamente se uno salta dieci centimetri, l’allenamento non lo porterà a saltarne cinquanta, ma gli consentirà in ogni caso di migliorare le proprie prestazioni.
Per diversi anni gli atleti dell’est grazie a metodi d’allenamento massacranti (e forse anche a qualcos’altro…) riuscivano a raggiungere altezze impensabili per i pallavolisti occidentali; contrastarli a muro era praticamente impossibile in quanto, spesso e volentieri, lo sorvolavano ed attaccarli diventava un’impresa assai ardua, considerando l’altezza e la compattezza del loro muro.
I metodi d’allenamento praticati nei paesi dell’est alcuni anni fa sono oggi patrimonio comune; le nuove teorie dell’allenamento hanno inoltre provveduto ad affinarli in modo da permettere agli atleti di rendere al massimo delle loro capacità.
La pallavolo moderna si gioca pertanto in tutti i paesi ad altezze stratosferiche; basti pensare che mediamente un pallavolista professionista colpisce la palla ad un’altezza di 3,40 metri (più in alto del primo piano di un’abitazione).
A livello di curiosità mi piace ricordare che attualmente gli atleti che “volano” più in alto raggiungono l’altezza di 3,65 metri; uno di questi è Andrea Giani (quello della pubblicità del cornetto) che arriva a quest’altezza da brivido essendo alto “solamente” 1,96 metri.
Tutta questa disquisizione, oltre che permettere di capire lo sviluppo fisico che ha avuto la pallavolo, mette in luce il fatto che nel volley moderno si è raggiunto un livellamento verso l’alto che fa sì che, la sola prestanza fisica, non sia più sufficiente per primeggiare.
Ecco allora che, se le doti fisiche degli atleti si equivalgono, l’unico elemento che può fare la differenza è l’allenatore.
La prima cosa su cui può intervenire un allenatore è la disposizione in campo della squadra; infatti, disponendo correttamente gli atleti sul terreno di gioco sarà possibile fare giocare ogni atleta nella zona di campo a lui più congeniale.
Questa prima operazione può considerarsi banale, ma è quella che consente ad un giocatore di fornire alla squadra solo il meglio di se.
Un’altra caratteristica del volley, che incrementa l’importanza di un allenatore all’interno di una squadra, è la velocità del gioco.
In virtù di ottime doti fisiche e di un pallone non certo pesante (il peso regolamentare di un pallone da pallavolo è di 220 grammi) la velocità del gioco è impressionante.
Basti pensare che la palla viaggia spesso a velocità comprese fra 130 e 150 chilometri l’ora.
La velocità della palla, unita a spazi di gioco non certo ampissimi, spesso non consente all’atleta di pensare a cosa deve fare.
Quei pochi decimi di secondo necessari per vedere cosa fa l’avversario e di conseguenza compiere la contromossa, nella pallavolo sono spesso fatali; non si può decidere una contromossa mentre si gioca: se si fa la palla è già rimbalzata in terra.
L’abilità di un allenatore sta nel cercare di prevedere ed allenare tutte le possibili situazioni di gioco; l’allenamento costante a risolvere una determinata situazione rende meccanici i movimenti dell’atleta.
Se tutte le situazioni di gioco sono state correttamente allenate un atleta non deve più pensare mentre gioca; infatti, automaticamente dispone di tutte le contromosse necessarie alla situazione di gioco che sta vivendo.
Isolare tutte le possibili situazioni di gioco ed allenarle correttamente è un compito che solo un buon allenatore può svolgere in modo ottimale.
Le situazioni di gioco nella pallavolo sono praticamente infinite, pertanto deve essere l’allenatore a scegliere quali allenare con maggiore costanza anche in funzione delle squadre che dovranno essere affrontate.
Il gioco del volley è detto SPORT DI SITUAZIONE, per i motivi visti sopra.
L’ultimo compito che spetta ad un allenatore è di preparare, anche sotto un punto di vista mentale i propri atleti, in modo tale che questi si sentano sempre i più forti; nella pallavolo questo è importantissimo, visto che, come abbiamo già detto prima, reali differenze a livello di potenzialità fisiche oggi non ci sono.
Anche per questo mese ho finito di rubare il vostro tempo
Ringraziandovi della sopportazione vi do appuntamento ad uno dei prossimi numeri di KULT Underground.
Ciao…

Enrico

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