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Scrittura e pratiche educative – Cosimo Laneve

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un contributo al sapere dell’insegnamento

Cosimo Laneve è preside della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari e insegna didattica generale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Da anni si occupa di didattica della scrittura, sottolineando l’importante collegamento che esiste fra insegnamento e pratica della scrittura nella vita dell’insegnante.
In questo libro l’autore illustra una sua ricerca svolta tra il 2005 e il 2008 tra gli insegnanti che lavorano nelle scuole primarie e secondarie delle province di Bari, Brindisi e Taranto, e anche tra gli studenti universitari delle università di Bari e di Napoli, che frequentano sia i corsi di scienze della formazione, sia le scuole di specializzazione per l’insegnamento, le SISS.
L’attenzione è rivolta ad analizzare l’insegnamento non dal punto di vista dei riferimenti teorici (cioè cosa dovrebbe essere l’insegnamento a partire dai principi pedagogici), ma dalla prassi didattica (cioè quale effettivamente è), cogliendo le attività che si svolgono, i gesti che si compiono, i processi che entrano in gioco, le procedure che si seguono, le tecniche che vengono utilizzate etc.
Fra le pratiche didattiche, la ricerca illustra soprattutto l’importanza della pratica della scrittura, che coinvolge molto tempo del lavoro dell’insegnante che compila piani di lavoro, riempie moduli, compone verifiche, redige relazioni finali.
La ricerca ha sottolineato l’importanza non solo dell’aspetto per così dire burocratico della scrittura, ma anche quello auto-biografico, invitando i soggetti coinvolti a scrivere di sé, delle proprie emozioni e sensazioni intorno al proprio vissuto lavorativo.
L’autore chiama questo tipo di scrittura con il nome di “scritture del tempo rubato” e ne ricava una grande importanza per la vita anche professionale degli insegnanti.
Il libro è diviso in tre parti: la prima parte esamina gli aspetti teorici all’interno dei quali si colloca la ricerca.
Essi prendono in considerazione la recente attenzione a un sapere di tipo pratico analizzando le nozioni di pratica, situazione, analisi e scrittura su cui si è venuto a polarizzare il dibattito attuale. E’ una parte interessante che traccia un bilancio di quelle che sono le acquisizioni della didattica degli ultimi anni in cui l’attenzione alla situazione e alla prassi ha bilanciato una scienza pedagogica che a volte sembrava un po’ troppo astratta e avulsa dalla realtà.
La seconda parte è dedicata ad illustrare la ricerca svolta da Laneve, che prende in esame, in due sezioni diverse, i due tipi di scritture in cui sono coinvolti gli insegnanti: esse sono in primo luogo le “scritture burocratiche” da cui emergono comunque dati interessanti sulla visione della scuola e del proprio insegnamento a partire dal vasto lavoro di compilazione di moduli e di schede che l’insegnante deve scrivere.
Si passa, poi, ad analizzare le “scritture del tempo rubato”, ovvero, come dicevamo, tutta quella serie di appunti e brevi cenni autobiografici, in cui le persone coinvolte nella ricerca esprimono, verbalizzandolo nella pratica della scrittura, il loro vissuto interiore rispetto a quello che vivono a scuola nel rapporto col proprio lavoro, coi colleghi e con gli alunni.
La prospettiva di questa parte è una prospettiva narrativa, in cui si propone l’uso della narrazione appunto come strumento di comprensione e di esplicitazione del reale. La narrazione coglie sempre non tanto l’evento in sé, ma il suo significato, che è l’aspetto più importante dell’esperienza.
La terza parte ha un carattere propositivo: l’autore a partire dall’importanza della “scrittura del tempo rubato” propone alcune riflessioni e alcuni suggerimenti per aiutare gli insegnanti ad usare lo strumento delle biografie didattiche per vivere in modo più consapevole il proprio lavoro.
La scrittura diventa uno strumento importante per mettere ordine nei propri pensieri cogliendo non solo ciò che effettivamente si è fatto, ma anche quello che si è pensato di fare oppure quello che si è pensato di fare e non si è fatto.
Interessante è anche il capitolo dedicato, sempre in questa terza parte, alla lettura di quanto si è scritto a livello auto-biografico, come un momento ugualmente importante della propria auto-comprensione.
Il libro di Laneve ha il pregio di conciliare una prospettiva teorica ed antropologica interessante con l’illustrazione di alcune implicazioni pratiche che partono da un modo di intendere l’uso della scrittura nella vita dell’insegnante.
Per questo motivo, il testo può essere interessante sia per gli studiosi di scienze antropologiche, soprattutto per l’analisi delle pratiche della scrittura attraverso una ricerca della funzione della scrittura e della lettura per l’auto-comprensione umana, sia per gli studenti di pedagogia, che troveranno interessanti spunti e riflessioni sul vissuto del lavoro dell’insegnante.
In generale è un libro consigliabile per tutti quegli insegnanti ed educatori che, avendo a che fare quotidianamente con la professione educativa e didattica, vogliono riflettere in maniera più approfondita sul proprio lavoro, tramite l’uso della scrittura, che coinvolge tutte le fasi lavorative e permette di esprimere il proprio vissuto, per verificarne i limiti e le potenzialità.

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