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Notturno (cap. II)

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Notturno

(Capitolo II)

Parigi: era veramente molto tempo che non mettevo piede qui; da quando per caso andai al mercato delle pulci e ottenni per pochi spiccioli un berretto di età napoleonica, che ora custodisco gelosamente.
E’ strano, eravamo partiti da Firenze col primo aereo diretto a
Londra, sarebbe stata la mia prima visita in quella città ricca di fascino, già mi vedevo a gironzolare per Portobello in cerca del mio solito colpaccio. Mi ero accomodato sulla mia poltrona e avevo iniziato a leggere la guida turistica della città, poi all’improvviso un urlo, due tipi dalle fattezze arabe che, mitra spianati, ci impongono di stare tranquilli, dirottiamo su Parigi, siamo calmi.
Io Armand e Riccardo sappiamo che in un qualsiasi momento possiamo metter fine a questo dirottamento, ma Riccardo mi fa cenno di stare fermo. Attendiamo. Siamo al De Gaulle. I terroristi farneticano qualcosa a proposito della guerra santa in Algeria, chiedono la liberazione di alcuni fratelli trattenuti nelle carceri francesi e algerine, passano alcune ore tre, forse quattro, poi con una rapida irruzione i commando francesi liberano l’aereo. C’è una donna ferita, perde molto sangue, non ce la può fare, vorrei che si salvasse, avrà trenta-trentacinque anni, bionda come solo una inglese lo può essere.
Mi avvicino, cerco di domare il mio stomaco, devo batterlo almeno stavolta.
La guardo, è messa molto male. Il proiettile le ha trapassato un polmone, vorrei poter fare qualcosa; posso fare qualcosa. Rapidamente leggo nella sua anima, scopro dove il suo corpo soffre di più. Sviene.
Il sangue continua ad uscire copioso dalla ferita, maledizione fermati! Ecco arrivano due medici, il tipico accento parigino che non sentivo più da un po’,

– Cos’ha? – Evidentemente pensano che sia un dottore, – Ha il polmone trapassato da un proiettile, ma non è grave, si salverà.-

Lo dico convinto, so che è salva.
Mi pulisco i vestiti sporchi di sangue, entro nel bagno dell’aereo e mi arrendo allo stomaco. Esco dopo un buon quarto d’ora Armand e
Riccardo sorridono; i terroristi sono morti, i loro cadaveri sono già stati portati via dalla “police”, ma ovunque aleggia il loro puzzo.

– Stiamo qui un paio di giorni, forse tutto questo è un segno –
– Sei sicuro Riccardo? Potremmo perdere tempo prezioso verso Angela

– Armand, amico mio mi pare che tu sia ancora diffidente verso il nostro compagno, ma fidati di ciò che senti, non ciò vedi, sei stato tu ad insegnarmelo o sbaglio? –
– Grunt! –

Armand si fa improvvisamente scuro, non so perchè, ma non mi piace in questo momento, anzi mi fa quasi paura, la pupilla si dilata, posso vedere chiaramente degli artigli che spuntano dalle lunghe dita, temo ciò che sta per fare, mi preparo a scappare

– E sia! Ma se perdiamo la preda la colpa sarà tua! Non mi dire che non ti avevo avvisato, pensaci Riccardo, pensa alla tua anima. –
– Andiamo, Angela è a Parigi. –
Queste furono le ultime parole pronunciate fino al nostro arrivo al
Concorde la Fayette. La stanza era prenotata da un emiro arabo che per motivi misteriosi non era venuto, la suite pagata, era a disposizione del primo che ne avesse fatto richiesta, cioè noi. Bella, tre camere da letto, due bagni e un salone, più o meno le dimensioni del mio villino.

– Tre mesi da godersi –
– Potrebbero essere i tuoi ultimi giorni e tu ti preoccupi della bella vita? Umani che gente! –
– Potrei uscire di qui ed essere travolto da una macchina e non arriveremmo a nulla –

Non mi sentivo propriamente a mio agio, non capivo molto della discussione, occupai una stanza, mi vestii e scesi nella stazione del mètro dell’hotel.
Non sapevo cosa pensare, mi trovavo, mio malgrado, coinvolto in qualcosa di difficilmente comprensibile, pensai di contattare Teresa, mia compagna e amica da anni, o Matteo che da tempo mi chiedeva di fare qualche pazzia goliardica. No, non avrebbero compreso, mi trovavo in un pianeta estraneo, guardavo i terrestri come avrei guardato un marziano, buffi nei loro riti di corteggiamento, lenti e impacciati all’uscita dei supermercati carichi di borse, mossi da un non bene identificato motivo dentro le loro automobili. Io ero uno di loro? Per quanto tempo l’avevo creduto, non mi ero reso conto dell’immenso potenziale che dormiva in me millenni di…

– Ops! Escusse mi mais je non l’avevo vista, sa com’è, avec tout sa gente non è facile vedere tutti, si vous voluez accettare questo come indennizzo ve ne sarei grato. Ourevoir! –

Splendido, mi basta concentrarmi un attimo e posso capire una lingua straniera senza sforzo, vediamo cos’è questo qui; non ci credo due biglietti per l’operà di domani sera, forse sto esagerando con il dono, Riccardo mi ha avvertito che ad abusarne il dono ti tradisce quando meno te lo aspetti, ma la tentazione è veramente grande.
Come un folletto mi buttai nel quartiere latino, i piccoli negozi, splendide gemme incastonate nei muri della città, non sono sfarzosi come nella zona dell’arco di trionfo, ma, per chi sa appezzarli sono immensamente più belli, più umani, dove il cliente è un amico e non il pollo da spennare, turisti a parte, ovviamente.
Entrai in una libreria sicuro di trovare qualcosa di interessante, certo non bisogna abusare del dono, ma gli affari sono affari, specie i miei. Entrai nel negozio, il titolare, un vecchietto che, a giudicare dall’aspetto stava per finire gli -anta si voltò e, gentilmente, mi salutò

– Desidera questo giovine signore? Forse una piccola perla come un codice del 1200 o piuttosto una bibbia del 1500? Suvvia non faccia il timido, penso di avere qualsiasi cosa faccia il caso suo. –

Riccardo aveva ragione, il dono può tradirti quando meno te lo aspetti, quello che mi trovavo davanti, ora lo riconoscevo meglio, era
Alain Joust, il più grosso antiquario di Parigi in fatto di libri, non so come ma ero entrato nel suo negozio, avevo lasciato che mi riconoscesse (ci eravamo incontrati ad un asta tre anni fa) e ora non avevo speranza di uscire da li senza aver speso più di quanto preventivato.
Tre ore dopo ero di nuovo all’aria aperta, portavo in una borsa di cuoio una pergamena del 700 con alcuni importanti editti delle prime corti franche, una bibbia del 1600 miniata in oro destinata ad un grande elettore tedesco e la grida di Parigi ove si annunciava la nascita della comune. Merce indubbiamente preziosa, ma non era propriamente questo quello che cercavo. Rientrai in albergo giusto in tempo per la cena, come vola il tempo. Riccardo mi aspettava a tavola, nessuna traccia di Armand.

– E’ andato a trovare alcuni suoi compagni qui in città, penso che per due o tre giorni non avremo notizie di lui. Non ti preoccupare, non abbiamo litigato, è sempre così quando ci sono dei problemi, si arrabbia e sparisce per un po’ –

La cena fu molto silenziosa, solo alla fine Riccardo parlò di nuovo:

– Abbiamo bisogno di riposarci, non fare troppa baldoria stasera, domani cercheremo notizie di Angela. –
– Come la troverai qui? – Chiesi con rispetto come se stessi parlando ad un maestro, ed era così in fondo.
– Potrei dirti che la congiunzione lunare mi è favorevole, che ho letto nei sogni dei parigini dove si trova una bruna dalla bellezza indicibile, che, come un segugio, traccio cerchi sempre più piccoli fino ad incastrare la preda; semplicemente ho pensato che il posto ove meno al gente farebbe caso al rituale di Angela è dove più gli uomini tendono a far cadere la loro immaginazione e ad accettare tutto come semplice realtà, perchè è la realtà che deriva dai loro sogni di quando erano fanciulli e che, pur di riaverla, accetterebbero tutto ciò che viene loro presentato, in due parole:

– Disneyland Paris! – finimmo all’unisono.

Non ressi al ridere, ancora sbronzo di una allegria interiore mi recai nella mia camera e dormii tutta la notte. Forse sognai Topolino apprendista stregone, ma alla mattina, prima di partire, acquistai la maglietta di Paperino, la situazione stava degenerando in fretta, tanto valeva assecondarla.

Ciuffo

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