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Sudtiroler – Bora Bora

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Sudtiroler – Bora Bora

Giovanni VALBONESI è nato a Roma nel 1941, ma nel ’42 si era già trasferito a Modena, dove tuttora è reperibile e lavora, non sempre freneticamente, ai suoi quadri con tecnica quasi esclusivamente a collage.
Dopo altre, deludenti, esperienze scolastiche, si è diplomato (con voti altissimi) presso l’Istituto d’Arte Venturi nel 1962, avendo però cominciato a esporre già nel ’61, ma a Reggio E. siccome non c’era la possibilità a Modena per il veto del locale “sindacato” pittori, piuttosto retrivo, che gestiva l’unico spazio espositivo disponibile allora.
La scoperta, in questo periodo, di Dubuffet (a Venezia nel 1960), la successiva conoscenza dell’opera di Schwitters e quindi della poetica e della lezione formale di KLEE, sono state state determinanti nelle scelte formative iniziali e riemergono più o meno costantemente fino alla produzione di questi anni, pur se attraversate da quanto fatto, visto e vissuto.
Ha viaggiato anche in luoghi strani e lontani, ma mai quanto vorrebbe.
Sue opere sono apparse su copertine di libri. Ha partecipato a rassegne internazionali di Mail Art.
Ha fatto parte di commissioni e giurie di concorsi e premi artistici.
Attualmente sta curando le immagini per uno spettacolo di danza contemporanea. Ha tanti e differentissimi interessi, ma non è un esperto di nessuna materia: quindi si sente molto fuori dai tempi attuali, ed è anche perciò che continua a fare il pittore.

Ha scritto di lui Edmondo BERSELLI con questo brano di cui riportiamo una parte:
LA DANZA DELLE ISOLE
Credo di sapere perchè un artista usa il COLLAGE: perchè è una pratica davvero creatrice, è come prendere dei pezzi di mondo per fare un nuovo mondo. Diverso dal nostro, per forza. Un mondo alternativo, che però si può indagare o leggere come se fosse il mondo normale. E quindi se guardiamo le mappe, le carte, le isole di Giovanni
Valbonesi, ci sembra di riconoscere frammenti di un arcipelago che già conosciamo. Sembra di essere di casa, in quei mari e in quelle terre.
Ci si può anche soffermare a leggere le indicazioni, a considerare le terre come se fossero effettivamente terre e i mari come se fossero davvero mari. E invece, dopo qualche istante, ecco la sorpresa. Ma che cosa stiamo facendo? Semplicemente siamo caduti in una trama, in una trappola, in una manovra, in un complotto. Il demiurgo si è divertito a riallestire un mondo, ma che dico, un universo; ha usato frantumi di realtà per rifare o mimare un’altra realtà, tutta alternativa. E’ stato così matto, o così furbo, o così lietamente ingenuo, da costruire il mondo fingendo di farlo assomigliare al mondo reale. E quindi si rischia davvero di smarrirsi, di perdersi. Si seguono indicazioni, segnaletiche, topografie. Sembra tutto vero, sembra tutto realistico, pare tutto logico e razionale.
Sì, un accidente. Qui siamo nel campo delle perfette trappole intellettuali, degli scherzi giocati con quel candore che li rende irresistibili. Ci si rende conto dopo qualche istante di essere caduti nel trabocchetto, senza rimedio, senza possibilità di risarcimento.
Fregati, con accento sulla a. E la fregatura maggiore deriva dal fatto che dovevamo saperlo, che dovevamo immaginarlo, che era altamente improbabile. Ci siamo cascati come bambini, come piccioni, come fanti di coppe. Dunque, una volta accertata (e accettata) la funzionante complessità della trappola, non resta che stare al gioco. Gioca l’artista e dunque possiamo giocare anche noi. Tutta l’opera di
Valbonesi è un flirt, un amore, una passione con il caso.
Superficiale, divertente, disimpegnato, disinibito come un amore estivo; e poi bruciante e impegnativo come un amore totale; e qualche volta pazzo e senza rimedio come la passione definitiva. La parola pittura dice poco: a volte vediamo il collezionismo, le cose scovate sotto la superficie dell’abitudine e messe in repertorio con una grazia sottilmente irresponsabile; altre volte sembra di intravedere un progetto o un programma, e anche piuttosto lucido, responsabile, oggettivo, per deformare con un guizzo lunatico della mente le cose di tutti i giorni, e piazzarle in una situazione che le cambia, le rende artificiali, più o meno le stravolge e le snatura.

Anna Ferrarini

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