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Il Diritto nella Guerra

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Il Diritto nella Guerra

In questo primo numero del 1996, vorrei occuparmi dello spazio che trova il Diritto Internazionale1 nella attività bellica2, prendendo anche spunto dal dibattito che in questi ultimi mesi si è svolto tra le righe di “Hide Parck” sulla Guerra Civile3 nella ex Jugoslavia.

In questo conflitto in particolare, non abbiamo il “tradizionale” scontro fra due Stati sovrani e territorialmente ben delimitati, ma una guerra intestina ad un territorio cuscinetto e multietnico (la Bosnia-Erzegovina4), condotta da milizie spesso irregolari e dotate di armi, ora sottratte all’esercito unitario Jugoslavo, ora fornite dagli altri Stati, usciti dalla Federazione Balcanica.

Gli schieramenti contrapposti sono, infatti, essenzialmente due: da una parte i corpi armati dell’etnia Serbo-Bosniaca, appoggiati dalla Serbia5 e dall’altra le milizie Croato-Mussulmane, appoggiate dalla Croazia6. Proprio a questo riguardo, occorre fare una prima distinzione tra Diritto dei Conflitti Armati Internazionali7 e Diritto dei Conflitti Armati Interni.

Anche se appare molto difficoltoso, come in ogni caso di Guerra Civile, stabilire concretamente chi sia l’aggressore e chi l’aggredito e se il conflitto sia esclusivamente interno8 o internazionale (in presenza di intervento diretto di Croazia o Serbia), cercherò di individuare, per linee essenziali i princìpi e le norme che trovano applicazione in questo conflitto.

Apparirà subito evidente, per chi conosce le atroci cronache di quella guerra, che queste norme sono state sistematicamente violate tanto che con la Risoluzione 827 del maggio 1993, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite9 ha istituito un Tribunale Internazionale10 per giudicare dei crimini commessi nella ex Jugoslavia.

In linea di principio, gli Stati estranei al conflitto non devono ingerirsi negli affari interni del Governo legittimo e in particolare devono astenersi da ogni forma di sostegno, diretto o indiretto alle parti in conflitto, salvo che, come nel caso vicinissimo a noi, le autorità costituite di Sarajevo si siano più volte appellate alla Comunità Internazionale affinché intervenisse di fronte alla loro assoluta incapacità di porre fine ai combattimenti sul territorio.

Senza entrare nel merito dell’atteggiamento della Comunità degli Stati nei confronti del problema bosniaco, il già citato C.d.S dell’ONU, ricorrendo all’art.41 della Carta delle Nazioni Unite11, ha adottato “misure non implicanti l’uso della forza” contro Serbia e Montenegro essenzialmente sanzioni economiche sull’importazione ed esportazione di merci), ed inviato Forze Militari di Peace Keeping (sorveglianza della pace), note come Caschi Blu.

Una delle caratteristiche di queste forze (realmente internazionali, sottoposte alla direzione del Segretario Generale delle N.U., sotto il controllo del C.d.S.), è quella di non poter svolgere azioni belliche ma di potersi, solo, limitare all’uso della forza armata solo in legittima difesa. Come è noto l’azione di queste forze ha avuto, anche per questo motivo, scarsa efficacia, ed anzi, esse stesse sono state spesso obiettivo di attacchi da parte delle forze in campo.

Questo ennesimo successo delle Nazioni Unite, che raramente sono state in grado di imporre la forza del diritto senza l’intervento e il peso politico di una superpotenza mondiale ha di fatto portato gli Stati Uniti ed altri singoli Paesi Europei a costringere le parti, a giungere ad un accordo, se non proprio di pace, almeno di non guerra, definito negli USA e formalizzato, poche settimane fa, a Parigi. Le Forze ONU si sono ritirate, lasciando le postazioni per il controllo e l’attuazione degli accordi, alle forze armate della NATO (vedi Kult, Febbraio 1995, Diritto).

Il Diritto Internazionale, dunque, considera le diverse milizie che hanno operato in territorio bosniaco (e che ancora sono pericolosamente armate nella fragilità di questa tregua) come ribelli (o “insorti”) rispetto al Governo democraticamente eletto in Bosnia, e in nessun caso a queste è concesso lo Status di combattente legittimo.

Il Diritto consuetudinario12 ha esteso ai conflitti interni, i principi propri dei conflitti internazionali, soprattutto per quanto riguarda la protezione della popolazione civile; infatti, sono quasi completamente assenti le regole disciplinanti la condotta delle ostilità per l’impossibilità evidente di controllarne lo svolgimento da parte delle Organizzazioni Internazionali Umanitarie13.

Le Garanzie umane fondamentali sono dovute nella totalità delle situazioni belliche e a beneficio di ogni individuo o prigioniero (ciò è previsto dell’art.3, comune alle 4 Convenzioni di Ginevra del 1949). È previsto che la popolazione civile non possa essere attaccata, intimorita o terrorizzata, è vietata ogni violenza fisica, i non combattenti non possono essere presi come ostaggi, sono vietate le rappresaglie che implichino violenza alla persona o alla dignità dei non combattenti, ogni prigioniero di guerra deve essere trattato secondo umanità e non deve essere sottoposto a tortura o a trattamenti degradanti, crudeli o discriminatori, feriti e malati devono essere raccolti e curati. Si tratta di norme universali riconosciute più volte da risoluzioni e raccomandazioni dell’assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma la cui applicazione resta tristemente relegata allo stato velleitario.

Alberto Monari


[1] Si fa riferimento, soprattutto, al diritto di formazione consuetudinaria, in quanto la tendenza generale degli Stati è quella di limitare il più possibile, specie per i conflitti interni, la codificazione delle norme, per conservare un ampio margine di azione. Per i conflitti internazionali la ricodificazione più importante è avvenuta dopo la 2° Guerra Mondiale, con la firma di quattro Convenzioni internazionali a Ginevra (1949):

-I° MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI FERITI E MALATI DELLE FORZE ARMATE DI TERRA

-II° MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI FERITI, MALATI E NAUFRAGHI DELLE FORZE ARMATE DI MARE

-III° TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI DI GUERRA

-IV° PROTEZIONE DEI CIVILI

[2] B. Conforti “Diritto Internazionale” Editoriale Scientifica, 4° ediz., Napoli 1992.

G. Balladore Pallieri “Diritto Internazionale Pubblico” Giuffrè Milano, 1962, pp.615 ss.

[3] Per Guerra Civile si intende la lotta armate di una parte della popolazione contro un’altra, ovvero contro gli apparati e le forze dello Stato, preposte alla tutela dell’ordine e della sicurezza. È interessante notare come nel nostro ordinamento penale la G.C. sia presente come reato: art.286 C.P.: “Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la G.C. nel territorio dello Stato è punito con l’ergastolo”.

[4] Bosnia i Hercegovina: Repubblica indipendente dal marzo 1992, è retta da una Presidenza collegiale di 7 membri (rappresentanti le varie etnie) il cui Presidente è capo dello Stato, con un Parlamento Bicamerale. La Comunità mussulmana si trova contrapposta a quella Croata e Serba, che chiedono una suddivisione dello Stato su basi etnico-religiose. La Capitale è Sarajevo.

[5] Federativna Republika Jugoslavia. Dall’aprile 1992, la Jugoslavia è una Repubblica Federativa a cui aderiscono Serbia (lo Stato egemone) e il Montenegro, entrambi dotati di propri organi legislativi ed esecutivi. La Federazione è retta da un Parlamento centrale Bicamerale che elegge il Presidente della Repubblica. La Capitale è Belgrado.

[6] La Repubblica Croata (Republika Hrvatska), è indipendente dalla Federazione Jugoslava dal giugno 1991. In base alla Costituzione del 1990, il Presidente della Repubblica, eletto a suffragio diretto, gode di poteri molto ampi e può sciogliere l’Assemblea Nazionale. La Capitale è Zagabria.

[7] Complesso di disposizioni che regolano la condotta delle ostilità tra gli Stati belligeranti.

[8] In base al censimento del 1991, la popolazione della Bosnia risulta formata per il 43,7% di Mussulmani, per il 31,3 % di Serbi, per il 17,3 % di Croati, con altre minoranze di Montenegrini e gruppi vari.

[9] Il C.d.S. è, tecnicamente l’organo più importante dell’ONU, con compiti fondamentali per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Dei 15 membri, 5 sono permanenti (Cina, Russia, Usa, Gran Bretagna, Francia) 10 sono temporanei (il loro mandato dura 2 anni, attualmente ne fa parte anche l’Italia).

[10] Il Tribunale, presieduto dall’Italiano Antonio Cassese, è chiamato a perseguire tutti quegli individui che abbiano commesso o che abbiano ordinato di commettere gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 (la III° e la IV°, vedi nota 1), delle leggi e degli usi di guerra, il crimine di Genocidio (vedi Kult, Settembre 1995, Diritto) e qualsiasi altro crimine contro l’umanità.

[11] L’ONU fu istituita a San Francisco (USA) il 26/06/1945, con la firma del suo Statuto (Carta) per iniziativa delle Nazioni vincitrici della II° Guerra Mondiale. Scopo principale di questa Organizzazione Internazionale è il mantenimento della Pace e Sicurezza nel mondo. Sono membri dell’ONU quasi tutti gli Stati del mondo (fanno eccezione la Svizzera, Taiwan ed altri piccoli Stati).

[12] La consuetudine deriva dal ripetersi uniforme e costante di un determinato comportamento da parte dei soggetti di Diritto Internazionale (Stati e Organizzazioni Internazionali). È fonte non scritta di Diritto Internazionale, generalmente derogabile dai Trattati scritti, ma esistono norme consuetudinarie intangibili che tutelano valori fondamentali (i diritti umani p.es.) chiamate jus cogens (vedi Kult, Settembre 1995, Diritto).

[13] Attualmente nei combattimenti internazionali, è previsto come obbligatorio l’intervento di un organismo umanitario (per esempio gli osservatori del CICR, Comitato Internazionale Croce Rossa).

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