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Sivilia e dintorni

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Sivilia e dintorni

a Claudio e Francesco
la stagione delle corse al trotto è in pieno svolgimento, come suol dirsi, da un paio di settimane, e io ci sarò stato cinque-sei volte, e ho fatto sì e no pari, fra tutte, vale a dire che ho perso e sprecato il mio tempo. qualsiasi cosa, del resto, è una perdita di tempo: tranne fottere di gusto o creare qualcosa di buono o guarire o correr dietro a una specie di fantasma-amore-felicità. tanto tutti finiamo nel mondo della sconfitta: chiamala morte, chiamala errore.

CHARLES BUKOWSKI

Scopare.
In ogni vacanza che si rispetti, meglio, nella vacanza dell’italiano medio, aleggia minaccioso un unico sostantivo: scopare, un-nuovo-metro-di-valutazione, tanto da non poter raccontare null’altro, come se tra amanti-morose-cugine-amiche-sconosciute non si limasse abbastanza in città. Impossibile rifarsi all’insostenibile selbst femminile – per un paragone qualsiasi -, ma il sottomondo maschile merita senz’altro un’attenta descrizione.
Una descrizione scientifica.

Come milioni di concorrenti sgommo una calda mattina di agosto per l’universale avventura. La destinazione – (ovviamente) – è un mero surplus – (tant’è) che per una scopata scientifica la Tailandia o
Misano Adriatico vanno bene lo stesso, l’importante è avere un letto o un sacco a pelo o una scala o una spiaggia o un tavolo o un’auto o una vasca ad idromassaggio o un sette metri o una parete o una cabina telefonica o un lavandino (se siete in ottima forma) oltre a una donna si intende.
Scelgo la Spagna – per una vacanza che amalgamerà cultura a divertimento – with Claudio e Francesco, disposti a seimila chilometri in nemmeno quindici giorni. Il viaggio parte da schifo, perchè a
Nimes, a settecento chilometri da casa, muore il cambio della voiture, e dopo una giornata d’inferno noleggiamo una Ford Fiesta per un palo + trecento sacchini. The day after va persino peggio, perchè arrivati a
Barcellona, col denaro presto contato, non riusciamo a trovare una sistemazione decente.
Ripariamo a Salou, COSTA BRAVA.
A Salou funziona così: dodici pub, piccoli intensi e confinanti, e con una birra un regalo: due tequila (bum bum). Tra ristorante-discoteca-pubs mi carico avec otto tequila (bum bum), quattro pinte di birra e un innocentissimo cocaruhm. Ma è davvero troppo, e per ore cammino, cammino senza trovare l’albergo.
Per Claudio la prima conquista: tornato per ultimo nel piccolo appartamento prende a chiacchierare con una minorenne spagnola, al di là del balcone.
Alle sette di mattina e completamente tronco.
Un grande, ma è solo una chiacchierata.
“… dovevi scavalcare…”
“… fottertela con una certa violenza…”
“… lì, sul balcone…”
“… col sangue…”
“… usarle violenza…”
“… siamo in Spagna…”
“… la polizia se ne fotte di queste cose…”
“… ogni lasciata è persa…” borbottiamo a turno io e Francesco.
“… ma c’era la sorella…” si difende il colpevole.
Comunque si dichiara in vantaggio.
Qualche ora ed eccoci a Benidorm, MEDITERRANEO NORD-OCCIDENTALE, dove via Dante si snoda per tre chilometri ed è affollata come S. Siro nei giorni di coppa, e viale Ceccarini è un borgo medievale condensato da pubs inglesi. MAI VISTA TANTA GENTE!, in confronto Riccione è un posto per vecchi. Nel lungomare si susseguono locali con ballerine in reggicalze, negrette che sculettano ammiccanti, e gay arrapati dall’house. La zona discoteche, ci assicurano i tanti ragazzotti o strafighe che ci ricoprono di bilietti riduzione, è ancora più trendy.
“Chissà quante scopate stan…” commenta Francesco.
“Cinque o seimila” lo interrompo da buon ragioniere, ma non ci volio nemmeno pensare, e torno a letto, perchè le tequile cominciano a rigonfiarmi lo stomaco.
Dopo la splendida Granada, eccoci a Tarifa, OCEANO ATLANTICO, in un campeggio a due stelle poco lontano dal paese – grande sì e no come un campo da calcio, ma con sei macchine targate Mutina – una specie di ritrovo – -, con una spiaggia che sei sempre alle Maldive, un mare che non si scende mai, le solite strafighe, centinaia di windsurf, e l’acqua completamente ghiacciata.
Troviamo la nostra compagnia, un quartetto costituito da Ferolla,
Campioli, Garuti & Persichetti, che si sono presi appartamento&voiture emigrando in questa punta d’Europa. Un aperitivo in zona centro, poi
Garuti ci inserisce in un loculo per amanti del pesce. Solita sequenza di pubs, e al quarto mi allontano with Ferolla per un igienico straccio. Ancora disco, imballata nonostante il mattino. In pista un body mozzafiato strofina una quarta extra-large sul mio petto innocente. (Sufficiente per pareggiare con Claudio, immagino mentre cade l’aggancio.)
Usciamo alle sette, con Ferolla piegato sul molo, ancora a stracciare.
Come al solito ha mangiato da schifo.
La tenda è uno scaldatutto DeLonghi, (impossibile dormire), e così tra sole e calcietto slumiamo otto ore al sole africano. Mi sono ustionato.
Mi sono ustionato.
MI SONO USTIONATO, PORCACCIO CAZZO! Alla sera ho la febbre, e passo due giorni di merda al campeggio, con Cederna e Salvadores. Non loro ovviamente, ma li somiliano molto. Si sono fatti duemilacinquecento chilometri in moto, senza tuta protettiva, e Salvadores, che stava di dietro, a un certo punto si è rifiutato di proseguire.
“Stiamo ammuffendo” borbotta il primo, alto più di due metri, e barba di tre settimane, e camicetta quattro-misure-più-piccola, e un qualcosa di immenso.
“Deve avere un cazzo enorme” sussurra un Claudio improvvisamente spaventato.
“Un qualcosa di enorme” mi affretto a puntualizzare.
“Fighe?” domanda dopo un paio di aperitivi. Fingo di guardarmi le unghie, e così lumeggia che ha scopato solo una volta da quando è partito, ma era talmente brutta che quasi si vergogna a parlarne. Non era mai caduto tanto in basso, continua sconvolto. Erano in quattro quella sera, in quattro con altrettante donne, tre giù a scopare – una specie di lavoro obbligato – e Salvadores che rifiutava la quarta.
Decisamente troppo brutta, anche per lui.
La quarta sera rinveniamo dal sole mangiando qualcosa da Campioli & C.
Mentre scuoce lo spaghetto si affaccia un milanese da una finestra dell’appartamento, e subito particolareggia sulla grande scopata della sera prima, e che non so quando ha scoperto il compagno nello sgabuzzino, il compagno con una mulatta da urlo.
“… li ho sentiti dai gemiti…
… lei soprattutto…
… gemeva…
… bisognava sentirla…
… gemeva…
… lì, nel cucinotto…
… gemeva…
… così, a pecorina…
… dio, come gemeva…” lumeggia soddisfatto.
Persichetti è interessatissimo a tutto questo, ma agli altri pare solo uno stronzo (tutti i milanesi – con tutte quelle tangenziali – diventano stronzi).
Voliamo a Port Banus, il Montecarlo di Marbella, a un centinaio di chilometri dal campeggio. Giuro, e dico giuro, che non ho mai visto una concentrazione del genere. Tutte donne, tutte belle, tutte, ma dico proprio tutte, tutte INCREDIBILMENTE fiche!
Per un’ora divento un guardone, poi la ributto sull’alcool.
Verso le tre scompare Persichetti.
Scompare con una donna.
“E’ a Malaga” mi sussurra Garuti, strizzandomi l’occhio. E visto che bisogna aspettarlo continuo a bere e ballare, nell’unica discoteca del posto, Comedia, gestita da un milanese che prima di fare i miliardi in quest’oasi del divertimento recitava in teatro. Con voce impostata imita la cantilena nostrana, prima di strapparmi il biglietto.
Verso le sei, dopo l’ennesimo straccio of Ferolla, riappare
Persichetti.
Viene IMMEDIATAMENTE circondato.
“Allora?” gli faccio, “com’è andata?”
Scuote la testa.
“Era in mestruo, me l’ha detto alla fine.”
Un coro di disapprovazione generale.
“Mi ha chiesto di farlo lo stesso” continua.
Un secondo coro di disapprovazione generale. Vola qualche offesa.
“Potevi troncarglielo in culo” insiste Garuti.
Torniamo al campeggio che la gente è già in spiaggia, e ripartiamo che non hanno nemmeno pranzato. Lasciamo i nostri eroi a Tarifa
(Persichetti troverà una seconda donna, ma ancora non riuscirà a scopare) e continuiamo il nostro giro culturale, a Sivilia, Cordoba e
Madrid, dove il comune divertimento tornerà a essere l’hascisc. Al
Prado – Madrid – un Claudio entrato anzitempo in zona ristorante conoscerà casualmente un paio di diciottenni, che ancora più casualmente risulteranno di Fiorano (tornando in evidente vantaggio).
Sono partite da tre giorni – armate di guide e piantine – e si sono già fatte Barcellona e Madrid. In serata voleranno a Bilbao.
A parte i ritmi forzati c’è ancora della gente normale, mi viene da pensare.
A Lloret de mar, COSTA BRAVA, l’ultimo incontro scientifico. Stiamo cercando un albergo quando si avvicina un distributore automatico di bilietti riduzione – per una delle ventuno discoteche del centro. Alto meno del metro e sessanta, color coca-cola sgasata, accento napoletano quartiere Sanità, pettinata a fungo porcino, confida testuale: “Salve ragazzi… avete mica una sigaretta… e di dove minchia siete?…
Modena?… Ah… ce ne sono tanti di Modena qui… cercate un campeggio?… si, so dove sta… ma non sono in condizioni… sapete com’è… una scopata ieri sera… una scopata da paura… mi sono sveliato adesso… ho bevuto un sorso di vinello… ed eccomi in giro… sapete com’è… ci sono un mucchio di femmine… un mucchio di scopate da paura… e…” e prende a inseguire due bionde olandesi.
Ho tanta voglia di dargli un bel pugno, ma è più importane l’albergo.

Il ritorno è lungo e faticoso.
Ma soprattutto non abbiamo scopato. Siamo stati superati, vinti o sopraffatti, da una concorrenza armata di preservativi colorati e deodoranti ascellari e mutande lavate dalla mamma e bilietti riduzione e tubetti di Colgate e sigarette americane, o forse non scelti, ammaliati o catturati, da una mandria munita di rossetti finti Lancome e reggiseni di pizzo e scarpe allungate e borsette sudamericane e minigonne dai tessuti orientali e sieropositività certa o presunta e disposte a schiudersi al primo sorriso assolutamente non disinteressato.
Ma soprattutto non abbiamo scopato. Una vacanza da dimenticare.

Forte dei Marmi, 27 agosto 1994

Raffaele Gambigliani Zoccoli

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