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Being Human – season finale

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Dopo solo sei puntate, come accaduto del resto con Demons e Apparitions, termina anche questa recente miniserie TV della BBC, di cui abbiamo già parlato, troppo tiepidamente, subito dopo la messa in onda del primo episodio. E torniamo a parlarne perché Being Human ha sviluppato molto più delle premesse, trasformando un plot in apparenza mediocre in uno spettacolo bello e intenso, con un finale di serie davvero sopra le righe, assolutamente da vedere.
I tre personaggi principali (il vampiro John Mitchell, il lupo mannaro George Sands e il fantasma Annie, supportati da attori bravi e nella parte, da effetti speciali adeguati e da uno sviluppo psicologico attento) sono riusciti, nel progredire della narrazione, a creare una atmosfera davvero claustrofobica, grazie ai loro conflitti interiori e ai tanti pericoli derivati dal desiderio di conquista del vampiro-poliziotto Herrick.
E se Annie, nel tentare di comprendere il motivo del suo essere ancora nel mondo dei vivi ha dovuto interagire con l’ex-fidanzato Owen, scoprendo più di quello che avrebbe voluto, per Mitchell e George, comunque alle prese con il loro non essere umani, il trovarsi sempre più in lotta con l’esercito dei vampiri mentre tentano di continuare la loro vita di copertura come inservienti in un ospedale, ha portato a situazioni di tensione e pericolo molto difficili da gestire.
L’incontro di George con un suo simile, o l’accusa di pedofilia caduta sui due ragazzi, a causa di uno snuff video molto particolare, o la presenza di una ex-fiamma di Mitchell, invecchiata e condannata a morte da una malattia, sono solo pezzi di una trama articolata, molto inglese e ricca di bei dialoghi, che sa trattare di mostri senza ricordare troppo altre produzioni.
Qui le relazioni sociali, i rapporti personali dei protagonisti, non sono mai accessori. Owen è alla fine un protagonista. Come lo sono Nina (la ragazza di cui si innamora George) o Lauren, la ragazza vampirizzata da Mitchell. Perché tutti questi personaggi delineano gli altri, e nello stesso tempo muovono la trama, facendola avanzare verso un finale, forse in parte prevedibile, che la regia ha saputo però scandire con un ritmo impeccabile, ricamato da scene d’effetto e da una grande prova di tutte le persone in scena.
Come da regola non scritta, nessun serial ha mai un finale completamente compiuto, e anche Being Human non sfugge a questa tradizione. Ma anche sotto questo aspetto le premesse per un seguito che sia più che un riproporci rielaborate le situazioni già viste, ci sono tutte. Non ci resta quindi che incrociare le dita. Perché, pur con tutte le differenze del caso, qui siamo di fronte a qualcosa di paragonabile come livello ad After Life. Con un cast perfetto in cui un lupo mannaro può essere timido e impacciato, con le orecchie a sventola e gli occhiali, e l’antagonista, il cattivo della storia, può essere basso, un po’ tarchiato e quasi sempre in giro con la giacchetta fluorescente della polizia, senza che questo tolga nulla alle immagini e alle scene.
 

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